Celebrazione del Giorno del ricordo dell'eccidio delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata
Intervento del Presidente Casellati alla cerimonia, svolta alla Camera dei deputati, alla presenza del Capo dello Stato Mattarella
Signor Presidente della Repubblica,
Presidente Fico,
Onorevole Fraccaro,
Onorevoli Parlamentari,
Presidente De Vergottini,
Gentili rappresentanti delle Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati,
è sempre una forte emozione essere qui con voi in occasione del giorno del ricordo.
Ringrazio il Presidente Fico, il Presidente De Vergottini e tutti coloro che si sono adoperati per fare in modo che, nonostante i tanti problemi legati all'emergenza sanitaria, anche quest'anno si potesse svolgere questa importante cerimonia.
Un'occasione solenne per rinnovare la vicinanza delle istituzioni agli orfani e ai familiari delle vittime delle foibe e a tutti gli esuli istriani, fiumani e dalmati.
Un'opportunità per riflettere insieme su alcune delle pagine più dolorose della nostra storia.
Pagine che ci raccontano una verità terribile, eppure per troppo tempo nascosta, taciuta, colpevolmente ignorata.
Una verità che un inaccettabile negazionismo, figlio del pregiudizio, aveva relegato all'oblio.
Ma la tragedia che si è consumata sulle terre del confine orientale a cavallo tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e i primi anni dell'Italia repubblicana non si può cancellare.
Non può essere fatta passare attraverso i filtri e le censure delle ideologie.
La storia non è un racconto di parte: è testimonianza di ciò che è stato.
E come tale va ricostruita, documentata, studiata e tramandata: specie quando ci riguarda direttamente come italiani.
Perché italiani erano i giuliani, gli istriani e i dalmati fatti cadere - uno ad uno, legati insieme con il fil di ferro - e lasciati morire nelle gole del carso.
C'erano gli anziani, che si erano battuti contro la dominazione austriaca;
c'erano i giovani: donne e uomini che erano il cuore di quelle città e di quella società. Erano impiegati, artigiani, professionisti, commercianti, agricoltori, medici, insegnanti. Molti di loro si erano appena tolti la divisa militare contenti di essere sopravvissuti all'orrore della guerra, per sprofondare in un incubo peggiore.
C'erano i bambini! Che non avevano colore politico!
Schiacciati da un odio che non potevano comprendere.
Migliaia sono gli italiani sepolti nelle foibe; centinaia di migliaia i profughi istriani, fiumani e dalmati sparsi in giro per il mondo per sfuggire ad una inaccettabile ed inumana pulizia etnica.
Un popolo sradicato dalla sua terra, abbandonato dalle diplomazie e dalle istituzioni, emarginato persino in Italia, dove gli esuli che non riuscirono ad integrarsi o a trovare ospitalità da qualche parente, vennero confinati in 109 campi di raccolta, allestiti fuori dalle città, spesso in condizioni di assoluta precarietà.
Da quella terribile stagione sono trascorse generazioni.
Sono mutati gli assetti e gli equilibri internazionali.
Si sono dissolte le grandi contrapposizioni ideologiche e sono caduti molti pregiudizi culturali.
Tutto questo, insieme all'opera instancabile dei superstiti, delle loro associazioni ed al lavoro paziente dei ricercatori e degli storici, ha consentito di fare luce sulla tragedia delle foibe;
di comprendere il dramma dell'esodo istriano, fiumano e dalmata;
di dare una dimensione pubblica, ufficiale e condivisa a una storia che oggi è parte del nostro patrimonio culturale, per quanto dolorosa.
Ed è sulla base di questa consapevolezza che, con la legge 92 del 2004 è stata istituita questa giornata, per conservare e rinnovare la memoria di ciò che non deve più accadere.
La memoria è una ricchezza preziosa.
Perché è solo su di una memoria piena, condivisa, libera da censure e pregiudizi che può consolidarsi quel percorso di riconciliazione storica e culturale che ha consentito di saldare tante fratture e che ha reso l'Italia una Nazione sempre più moderna, democratica e dialogante. Coltiviamo quindi la memoria; non smettiamo mai di avere fame di conoscenza e di verità.
Rendiamo giustizia al dolore e al sacrificio di tanti nostri connazionali e impegniamoci a costruire un futuro sempre più libero dalle morse dell'intolleranza e dell'odio.
Questo è il profondo significato del nostro essere insieme oggi; questo il messaggio che, come Istituzioni e come cittadini italiani, abbiamo il dovere di rinnovare alle giovani generazioni, perché siano sempre e comunque consapevoli costruttori di pace, di dialogo e di cooperazione tra i popoli.