Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo
Il testo del discorso pronunciato in Aula dal Presidente del Senato Elisabetta Casellati in occasione del "Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di analoga matrice"
Signor Presidente della Repubblica,
Presidente Fico,
Presidente Coraggio,
Gentili Ministri,
Gentili rappresentanti delle associazioni dei familiari delle vittime del terrorismo,
Signore e Signori,
È con forte emozione che inauguro la cerimonia in occasione del Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.
Non era scontato, per l'emergenza sanitaria tutt'ora in atto, potersi ritrovare oggi in quest'Aula, alla presenza del Presidente della Repubblica e delle più alte cariche dello Stato, per rinnovare il nostro appuntamento con la memoria.
Un impegno che, in questo 9 maggio inedito e dominato dall'incertezza, vuole essere l'aspirazione di un intero popolo a ritrovare la propria unità nel ricordo.
Il ricordo di tanti cammini spezzati.
Il ricordo di una sofferenza che appartiene a tutti noi.
Dal 1969, anno della strage di Piazza Fontana, alla metà degli anni '80 almeno quindicimila sono stati nel nostro Paese gli atti di violenza per motivi politici.
Quasi cinque episodi al giorno. Più di 360 morti. Oltre 4000 feriti.
Il terrore armato non ha risparmiato niente e nessuno.
Non ha risparmiato tanti cittadini onesti e valorosi, diventati un bersaglio dell'eversione per ciò che rappresentavano o per il loro impegno nelle Istituzioni e nella società.
Come Aldo Moro. Come Vittorio Bachelet, Guido Galli, Emanuele Tuttobene e Antonino Casu, coraggiosi servitori dello Stato assassinati per la loro instancabile difesa della legalità.
Non ha risparmiato donne, uomini e bambini senza colore politico.
Travolti dalla furia cieca delle bombe mentre passeggiavano nelle piazze delle nostre città o facevano la fila in banca; mentre erano in viaggio o in stazione attendevano un treno.
Non ha risparmiato i tanti italiani, militari o civili, colpiti dal terrorismo internazionale. Come i nostri soldati di Nassirya. Come i tanti soldati di pace caduti sotto il segno del tricolore, martiri di un odio e di una violenza che nessuna matrice ideologica potrà mai giustificare.
Le cicatrici di queste ferite sono parte del nostro DNA collettivo.
È un dolore che non si prescrive e che ci chiede oggi di proseguire con costante determinazione la strada per la verità e la trasparenza.
Perché tante sono le pagine ancora da ricostruire e i silenzi fanno spesso più rumore delle bombe.
Per la verità e la trasparenza tante associazioni nate per dare voce ai familiari delle vittime del terrorismo hanno continuato a lottare accanto alla magistratura, accanto alle commissioni di inchiesta.
E anche il Parlamento ha fatto la sua parte. Grazie ad una iniziativa condivisa con il Presidente Fico, abbiamo raggiunto un risultato storico: la rimozione del segreto funzionale dagli atti delle Commissioni di inchiesta che hanno lavorato sul terrorismo e sulle stragi.
Si tratta di 32 filoni di inchiesta, di circa 7400 documenti e di oltre centomila pagine di atti documentali, verbali, audizioni e resoconti nei quali è raccontata la storia costruita sulla paura e sulla strategia della tensione.
Il cammino di verità che abbiamo percorso insieme in questi decenni ci ha reso sicuramente più solidi e forti nell'affrontare i tanti nemici, interni ed esterni, di ieri e di oggi.
Siamo riusciti a sconfiggere i nemici di ieri, come il Presidente Mattarella ci ha ricordato, "grazie al sacrificio e alla rettitudine di molti e grazie all'unità che il popolo italiano ha saputo esprimere in difesa dei valori più profondi della propria civiltà".
Anche in questa battaglia, le donne hanno svolto un ruolo fondamentale. Non a caso sono state due donne a promuovere il disegno di legge che nel 2007 ha portato all'istituzione di questa giornata. Due donne, come le senatrici Sabina Rossa, figlia del sindacalista Guido Rossa, e Rosa Villecco, vedova Calipari, che hanno saputo costruire sul proprio dramma personale una battaglia di civiltà.
Come loro, tante altre donne, tante madri, mogli, sorelle e nipoti, hanno lottato in questi decenni per ricostruire intere famiglie lacerate dal dolore. Hanno continuato a testimoniare che non è con l'odio, ma con le armi della giustizia e della democrazia, che si contrasta la violenza.
Il loro coraggio sia oggi un monito e un invito a non dimenticare e a non arrendersi mai.
Per onorare il sacrificio di tutti gli italiani che oggi ricordiamo e per continuare a costruire, giorno dopo giorno, nella verità e nella giustizia, un'Italia sempre più forte, sempre più libera e sempre più unita.