L'economia digitale e il lavoro che cambia
Discorso pronunciato alla Conferenza della Comunità dei talenti italiani all'estero, organizzata dall'Aspen Institute Italia
Con grande piacere ho accettato l'invito ad aprire i vostri lavori, che affrontano un tema cruciale per il futuro del nostro Paese e più in generale delle nostre società.
Ho letto con grande interesse la documentazione di base che avete elaborato e che conferma come, lavorando in posizioni cruciali all'estero, sappiate rappresentare al meglio le energie vitali del nostro Paese. Innovazione e proiezione internazionale sono infatti qualità essenziali e caratteri distintivi della nostra storia economica e non solo.
Trovo importante che voi continuiate a coltivare un legame così forte con l'Italia e che proprio da voi arrivi un contributo così interessante per l'analisi dei fenomeni in atto che hanno una forte incidenza sul sistema economico e produttivo.
Come avete ben scritto, la trasformazione digitale è un fenomeno inevitabile e che va governato, per evitare conseguenze negative innanzitutto sull'occupazione. Se è vero infatti che molti lavori scompariranno e tanti cambieranno, è anche vero che molte opportunità si possono aprire.
Stanno cambiando i luoghi della produzione. La rivoluzione digitale costruisce filiere immateriali che possono essere strumenti straordinari per superare i problemi strutturali del nostro Paese, caratterizzato ad esempio da un territorio così vario, segnato da tanti ostacoli geografici e da altri elementi che incidono negativamente sulla produttività del nostro sistema.
L'intelligenza artificiale cambia le "mansioni"; quel che conta sempre di più è la capacità di comprendere l'imprevedibile e di gestire i rapporti umani.
Cambiano poi le relazioni, in un mondo in cui sempre meno sarà possibile assicurarsi un posto di lavoro per tutta la vita, in un unico luogo e con un orario fisso.
Voi avete scritto che il lavoro va "deideologizzato". Ma in una prospettiva di cambiamenti così radicali e per certi versi imprevedibili, di fronte a trasformazioni così profonde dettate dall'economia digitale, dobbiamo ancor di più orientare la nostra azione tenendo fermo il valore della persona. Un valore chiaramente iscritto nella nostra Carta Costituzionale, di cui quest'anno celebriamo il settantesimo anniversario. Un valore che, di fronte alle sfide prodotte dall'avvento dell'economia digitale, deve essere promosso con politiche attive a livello nazionale, europeo e non solo. Tenendo fermi questi valori fondamentali io penso sia possibile trasformare quella che sembra una minaccia per molti lavori tradizionali in una vera opportunità di sviluppo della persona, di crescita sociale ed economica. Promuovendo, come avete scritto, "un'innovazione tecnologica che sia prima di tutto culturale ed etica".
Le tecnologie di nuova generazione possono essere strumenti per andare incontro ai profondi mutamenti culturali che attraversano le nostre società. Dobbiamo promuovere un lavoro più agile, sostenendo il dinamismo sociale, applicando anche al mercato del lavoro i vantaggi della rete.
Marco Biagi, un grande innovatore che aveva intuito le trasformazioni della società e del mondo del lavoro ben prima della rivoluzione digitale, già 15 anni fa diceva che "il mercato e l'organizzazione del lavoro si stanno evolvendo con crescente velocità, ma non altrettanto avviene per la regolazione dei rapporti di lavoro (...) sempre più il percorso lavorativo è segnato da cicli in cui si alternano fasi di lavoro dipendente ed autonomo, intervallati da forme intermedie e/o da periodi di formazione e riqualificazione professionale".
Proprio seguendo gli insegnamenti di Biagi dobbiamo tornare a riflettere su una disciplina che tenga conto di dimensioni del lavoro sempre meno scandite da orari, luoghi designati e relativi controlli e sempre più caratterizzate invece da una dimensione collaborativa che deve e può valorizzare competenze e professionalità. Come diceva Biagi, serve una legislazione che si preoccupi del rapporto di lavoro più che del "posto di lavoro", un rapporto segnato da cicli che devono essere anche intervallati da periodi di formazione.
In questa fase di così grande trasformazione è dunque compito dei poteri pubblici essere a fianco dei lavoratori, accompagnandoli in questa nuova dimensione del mondo del lavoro, supportandoli attraverso programmi di riqualificazione.
Il Parlamento per parte sua dovrebbe sostenere questo nuovo mercato del lavoro con una legislazione semplice, razionale, ispirata al principio di sussidiarietà, meno legata ai contenuti prescrittivi veicolati nei contratti di lavoro, mentre occorre puntare di più su politiche attive e su oculate riforme dei sistemi di Welfare.
È cruciale poi in Italia una incisiva riforma della giustizia, che sappia garantire tempi certi agli operatori economici. Autorevolmente il Governatore della Banca d'Italia ci ha ricordato nelle sue considerazioni finali che "le imprese italiane continuano ad essere penalizzate dai tempi lunghi dei procedimenti amministrativi e dei processi civili".
Istituzioni pubbliche e settore privato devono lavorare insieme per anticipare e accompagnare il cambiamento e non subirlo.
Di fronte a noi vi è il problema strutturale che affligge la nostra economia; una questione che va al di là della pur indispensabile riforma del mercato del lavoro. È la questione della bassa produttività.
Come ha ricordato il Governatore, "la bassa crescita italiana degli ultimi 20 anni è soprattutto il risultato del ristagno della produttività". Ci sono certo alcuni segnali positivi. Vi sono settori, distretti e imprese che hanno saputo attraversare questi anni di crisi cambiando il proprio modello industriale, recuperando quote di mercato e affermandosi nella competizione internazionale anche cogliendo con successo le opportunità offerte dall'economia digitale e dalle nuove tecnologie. Ne vedo tante testimonianze nella mia regione, il Veneto.
Per parte mia vi posso assicurare un impegno preciso e costante per garantire, nella definizione dell'agenda dei lavori parlamentari, una sicura priorità a tutte quelle iniziative e a tutte quelle misure che possono positivamente incidere sulla produttività del nostro sistema economico e sulla sua capacità di innovare.
Non si dovranno più ripetere i ritardi che hanno segnato, ad esempio, la elaborazione di fondamentali strumenti normativi come la legge sulla concorrenza, che dovrebbero e devono avere invece una cadenza precisa e chiare corsie preferenziali.
Spero che il confronto avviato oggi possa continuare e che da voi, dal vostro lavoro, possano arrivare stimoli precisi e indicazioni per la nostra attività di legislatori.
L'internazionalità del vostro sapere, delle vostre esperienze e del vostro sguardo può e deve costituire un elemento fondamentale per alimentare quel circuito virtuoso tra accademia, economia e politica dal quale oggi, ancor più che in passato, un legislatore consapevole non può prescindere.