Crollo del ponte Morandi di Genova: tragedia che poteva e doveva essere evitata
Discorso pronunciato nell'Aula del Senato
Senatori, colleghi,
lo scorso 14 agosto Genova, la Liguria e con esse l'Italia intera sono state sconvolte dal tragico crollo del Viadotto Polcèvera.
Quella mattina di vigilia di Ferragosto, circa duecento metri di ponte sono improvvisamente collassati precipitando nelle acque del fiume, sbriciolandosi sulla ferrovia, sui capannoni e sulle abitazioni sottostanti.
Quarantatré vittime - bambini, donne e uomini -, e 600 sfollati: questo l'inaccettabile bilancio di una tragedia che poteva e doveva essere evitata.
Il Ponte Morandi è stato il simbolo di un'Italia dinamica, proiettata verso un futuro di crescita e di benessere. In pochi secondi si è invece trasformato nella dolorosa metafora di un Paese incapace di sconfiggere l'incuria, di custodire i propri beni, di garantire sicurezza ai cittadini.
In quei drammatici momenti tutto il mondo ci ha osservato. E ha visto una straordinaria capacità di intervenire nell'emergenza. Vigili del Fuoco, Protezione civile, forze dell'ordine, soccorritori, volontari: sono stati loro che, rischiando la vita e lavorando senza sosta, hanno restituito, a tutti noi, la speranza di poter ricostruire quel Paese immaginato dai nostri padri.
Questa è la sfida che la politica deve raccogliere e alla quale quest'Aula, ne sono certa, non si sottrarrà.
Genova non può aspettare. Non può restare ferita e isolata. Le ripercussioni sociali ed economiche, già devastanti, sarebbero inimmaginabili se protratte un minuto in più del necessario.
Servono tempestività, efficienza, sostenibilità, visione. Serve che il Paese sia unito.
Solo così la ricostruzione del ponte potrà essere l'occasione per dimostrare che gli errori non si ripeteranno.
Lo dobbiamo, prima di ogni altra cosa, alle 43 vite spezzate, in memoria delle quali vi invito a un minuto di raccoglimento.