Presentazione della Fondazione Cardinale Francesco Maria Del Monte
Discorso pronunciato dal Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, nella Sala Koch di Palazzo Madama in occasione dell'incontro "Il Cardinale Francesco Maria Del Monte (1549-1626) e il Cenacolo Culturale di Palazzo Madama"
Autorità, illustri relatori, gentili ospiti.
È con grande piacere che ho accolto l'invito a partecipare all'iniziativa di presentazione della Fondazione Cardinale Francesco Maria del Monte ed è di particolare significato aver voluto legare l'intensa attività intellettuale e culturale del Cardinale alla sede principale del Senato della Repubblica, qual è Palazzo Madama, correttamente definito dalla Fondazione come "Cenacolo culturale".
Gli autorevoli relatori si soffermeranno in modo puntuale e approfondito sulle molteplici peculiarità dell'impegno del Cardinale Del Monte e spetterà al dottor Gianni Letta e al Presidente della Fondazione, Francesco Del Monte - che saluto con particolare cordialità - tessere e riannodare la trama delle interazioni tra discipline e saperi, che rappresentano la cifra fondamentale di un protagonista tanto nascosto, quanto incisivo, nel periodo di passaggio tra il XVI e il XVII secolo. A ciascuno di loro va il mio ringraziamento per l'amicizia, innanzitutto culturale, che dimostrano verso l'Istituzione che ho l'onore di presiedere.
Mai come per il Cardinale Del Monte possiamo ritrovare in un motto, da lui stesso prescelto, la guida ideale, l'accompagnatore veritiero dell'intero percorso della sua vita: sidera lambit.
Con una chiara assonanza alla poetica di Virgilio, "lambire le stelle" per il Cardinale Del Monte ha rappresentato una realtà viva e certamente non una distrazione, perché l'aspirazione ed il desiderio di avvicinarsi al sublime restavano saldamente ancorati alla dimensione storica e, potremmo dire, quasi "fisica" dell'uomo, del suo tempo e di tutti i tempi.
Sidera lambit. Per il Cardinale Del Monte la ricerca della bellezza portava con sé l'impegno a ricongiungere il "senso pratico" della vita quotidiana, con il "senso estetico" di un pensiero capace di modellarsi in arte e di un'arte in grado di tradursi in parola.
Potremmo meglio intendere la straordinarietà di tale prospettiva attraverso due protagonisti indiscussi del suo tempo: Caravaggio e Galilei.
Il primo precocemente appellato dai contemporanei come il "pittore del Cardinale Del Monte"; il secondo un "amico", dove per amicizia si intende la condivisione degli studi e anche delle vicende personali.
Una condivisione quella di Del Monte verso Galilei che gli permise di suggerire allo scienziato l'utilizzo del cristallo di montagna in sostituzione del vetro nella costruzione delle lenti e di assumerne la difesa quando fu denunciato al Sant'Uffizio.
Sidera lambit. Attraverso la lente non più scientifica ma artistica di Caravaggio, possiamo cogliere un ulteriore importante tratto distintivo della personalità del Cardinale Del Monte.
Proprio a Palazzo Madama, il Cardinale mecenate ospitò il giovane talento e in quella che oggi è la sede del Senato vennero realizzate alcune opere fondamentali.
Innanzitutto "I Musici", un'opera di Caravaggio che rappresenta ben più di una traccia interpretativa del pensiero del Cardinale. Caravaggio - permettetemi questa iperbole - "disegna la musica", la rappresenta, la mette in scena, la incarna. Non è un caso, né una coincidenza: è la più profonda intuizione di Del Monte quella di disegnare la musica, musicare l'arte, poetizzare la prosa.
Una recentissima e, seppure ancora minoritaria, accreditata rilettura della vocazione di San Matteo - opera che Caravaggio realizzò sempre a Palazzo Madama - ci invita a riscoprire il "vero Matteo", che possiamo ammirare nella Cappella Contarelli della vicina Chiesa di San Luigi dei Francesi, non più nella figura barbuta con l'indice alzato, bensì nel giovane ricurvo a contare i denari sul fondo del tavolo.
Non è tanto la rilettura, per alcuni aspetti incredibile, di una delle più conosciute e apprezzate opere di Caravaggio a doverci sorprendere, bensì l'uso da parte dell'artista della teologia per accompagnare la pittura, della bellezza per illuminare la teologia. Per Caravaggio in fondo Del Monte non rappresentò solo il mecenate, il mentore, il difensore durante le fasi più difficili della cosiddetta leggenda nera, ma il Maestro, la guida che ha aperto il varco dell'ideale al reale, del trascendente all'immanente, dell'estetica alla vita pratica.
Sidera lambit. Come per Caravaggio, il Cardinale dischiude contesti inediti avvicinando mondi diversi, così per Galilei, Del Monte salda gli strumenti della tecnica alle elaborazioni della scienza. Possiamo senza timore affermare l'esistenza di un vero e proprio "metodo Del Monte", per il quale all'automatismo meccanico delle differenti tecniche si accompagna l'idea di scienza come sapere.
Alla dimensione teorica del dogma di fede si lega l'avveramento storico della religione; alla esegesi letteraria, artistica, musicale si intreccia una ermeneutica, ossia la capacità di comprendere ed interpretare per rivivere l'intuizione più alta nella concretezza di una cultura vissuta.
Sidera lambit non è quindi più solo un motto, ma un metodo, un programma, un monito.
Per il Cardinale Del Monte - e la sua biografia dentro e fuori la curia lo attesta in modo incontrovertibile - la "politica" è al servizio di un rinnovato Umanesimo, e così come possiamo cogliere il passaggio dalla tecnica alla scienza, dal dogma alla storia, dall'esegesi all'interpretazione, in Del Monte possiamo intendere - quasi come anticipazione e abbozzo della riflessione di Weber - il superamento della stessa politica come professione, per affermare la politica come vocazione.
Per il Cardinale Del Monte infatti non appariva decisivo vivere di politica, ma vivere per la politica, attraverso il sostegno costante, determinato, esigente all'arte, alla scienza, a quella sapienza umana in grado di diventare vera e propria saggezza.
Sidera lambit significa allora non rinnegare il pragmatismo, ma allo stesso tempo e con pari forza non rinunciare a quanto è paradigmatico.
Il metodo dialettico di Del Monte non è pertanto banalmente assimilabile all'eclettismo, poiché il suo approccio più che apparire interdisciplinare è realmente multidisciplinare, lascia cioè spazio e piena agibilità ai tratti distintivi di ogni esperienza e di ogni conoscenza, senza sottrarsi ad una spiritualità profonda aperta alla fede.
Lambire le stelle significa, in altri termini, ricercare e interrogarsi tanto su una fede creduta, quanto su una ragione credibile, riconoscere la conoscenza come cultura e liberare l'esperienza come coscienza, tenere unite la mente e l'anima dei singoli individui e della comunità e riconoscere come il "cenacolo culturale" non possa mai appiattirsi su una declinazione al singolare del sapere e dell'esperienza, ma poggiare inevitabilmente su una tonalità plurale di saperi e azioni.
Il Cardinale Francesco Maria Del Monte non parla solo agli uomini del suo tempo, ma propone anche a noi oggi di non confondere la critica, pure serrata, contro la globalizzazione, con la tentazione di trasformare in bersaglio, magari indiretto o inconsapevole, l'universalità della cultura.
Una cultura che può conservare le caratteristiche indefettibili di universalità e perennità, solo se aperta a quell'"etica del discorso", che permette a tutti di conoscere, per meglio comprendere se stessi e gli altri.