Convegno "Autonomia, parità e libertà di scelta educativa in Italia e in Europa"
Intervento al seminario USMI-CISM a Roma
Autorità, Signore e Signori,
ho accolto con piacere l'invito ad aprire i lavori di questo importante convegno.
Un significativo appuntamento di riflessione in ordine alle delicate e complesse questioni sollevate dal documento "Autonomia parità e libertà di scelta educativa", a due anni dalla sua adozione da parte
del Consiglio Nazionale Scuola Cattolica della Conferenza Episcopale Italiana.
Un evento di sicuro rilievo, come testimoniato dalla presenza dei rappresentanti delle istituzioni laiche ed ecclesiastiche, ma anche delle associazioni dei genitori e dei gestori delle scuole.
Soprattutto, un prezioso momento di confronto tra competenze ed esperienze sui rapporti tra istruzione pubblica e istruzione paritaria.
Un equilibrio che si riflette, inevitabilmente, anche sul presente e sulle prospettive future dei nostri giovani e di tutta la nostra società.
Saluto sua Eminenza, il cardinale Gualtiero Bassetti, a cui rinnovo il mio profondo apprezzamento per l'instancabile impegno profuso, alla guida della CEI, volto a stimolare un dialogo sempre più aperto e costruttivo tra le fedi e i popoli del mondo.
Saluto e ringrazio Madre Yvonne Reungoat, Padre Luigi Gaetani e Suor Anna Monia Alfieri, a cui va il merito della piena riuscita di questa iniziativa.
I temi su cui oggi ci confronteremo implicano la necessità di soffermarci preliminarmente sul ruolo centrale dell'educazione scolastica nel nostro assetto sociale e nel nostro quadro ordinamentale.
E' nella scuola che, prevalentemente, i giovani si calano in una dimensione sociale: acquistano consapevolezza di loro stessi, delle proprie potenzialità, e allo stesso tempo acquisiscono coscienza di essere parte di un sistema più grande.
Un sistema che si chiama società, nazione, mondo.
E' nelle dinamiche scolastiche che si prende piena consapevolezza di essere titolari di diritti, ma anche portatori di doveri verso il prossimo e la collettività.
E' nelle dinamiche scolastiche che si apprende il valore dell'impegno e dello studio come strumenti di affermazione personale e professionale.
Ed è sempre nelle dinamiche scolastiche che si comprende come la cultura sia la più grande ricchezza che ogni individuo può acquisire e mettere a frutto in un percorso di vita aperto al prossimo, alla collettività, al confronto e al dialogo.
In tale prospettiva, il diritto all'istruzione acquista una dimensione e una portata ben più ampia.
Da un lato, realizza il diritto fondamentale di libertà, dignità e autonomia del singolo individuo. Dall'altro lato pone in essere le migliori condizioni perché ciascuno di noi contribuisca alla costruzione di una cittadinanza responsabile.
Attraverso l'istruzione, formiamo le future generazioni ma riusciamo anche a dare nuova linfa a quel patto sociale - giuridico e morale - su cui si regge l'essenza stessa della nostra società e la nostra crescita come popolo e come Nazione.
Questo è lo spirito che ha animato i lavori dell'Assemblea costituente e che ha portato Aldo Moro - uno dei padri della Costituzione - ad affermare che ad ogni cittadino deve essere riconosciuto il diritto di "ricevere una adeguata istruzione ed educazione per la sua personalità e (per) l'assolvimento dei compiti sociali".
La Costituzione indica la via: sancisce i diritti, prescrive i doveri. Ma è compito delle Istituzioni - del Parlamento e del Governo in particolare - fare in modo che quei diritti vengano garantiti, che quei doveri siano assolti.
La legge n. 62 del 2000 e i successivi provvedimenti in materia di istruzione molto hanno fatto per dare attuazione ai precetti costituzionali, riconoscendo, regolando e garantendo un contesto di pluralismo scolastico nel nostro sistema nazionale.
Dobbiamo tuttavia prendere atto che quanto realizzato sul piano formale e legislativo non ha prodotto anche gli effetti sperati sul piano sostanziale.
Secondo il rapporto OCSE-PISA pubblicato lo scorso settembre, infatti, "in Italia il sistema scolastico è egualitario sulla carta, ma nei fatti non consente ancora di superare le differenze di partenza tra gli studenti legate al contesto familiare e sociale, anzi le consolida".
Il rapporto - che è uno dei dati più recenti su cui dobbiamo misurare l'impatto dell'azione del Governo e del Parlamento - evidenzia in particolare come non tutti gli studenti abbiano pari accesso a un insegnamento di alta qualità e che questa disuguaglianza può spiegare gran parte dei divari di apprendimento osservati tra gli alunni più favoriti e quelli svantaggiati.
I dati raccolti dall'OCSE dimostrano infine come l'alta percentuale di abbandono scolastico in Italia sia determinata principalmente dalle risorse economiche di cui dispongono le famiglie.
In altre parole: la possibilità economica di accedere all'istruzione si traduce nel principale ago della bilancia dell'equità sociale.
Il Rapporto OCSE segue e conferma dunque le considerazioni già sviluppate dal Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica della CEI nel prezioso documento su cui oggi si concentreranno i lavori di questo seminario.
Un testo a cui ho guardato con particolare interesse sin dalla sua pubblicazione condividendone lo spirito e gli obiettivi.
Soprattutto, prestando particolare attenzione alle soluzioni proposte, affinché il sistema formativo italiano possa perseguire gli obiettivi fissati dalla Costituzione.
Quattro sono le principali questioni giuridiche e normative poste dal documento, tutte peraltro strettamente concatenate tra loro:
- La discriminazione degli studenti, per ragioni economiche, nel loro diritto ad apprendere.
- La non ancora completa attuazione delle prescrizioni della legge 62/2000 per garantire l'autonomia e la sostenibilità delle scuole private, anche in rapporto alla libertà di insegnamento.
- La mancanza di una effettiva libertà di scelta educativa, sia per gli studenti sia per i genitori, dovuta anche al forte divario economico tra la gratuità della scuola pubblica e l'onerosità di quella privata, che è interamente a carico delle famiglie.
- La carenza, infine, di un'adeguata valorizzazione professionale dei docenti delle scuole paritarie, penalizzati sotto molteplici aspetti rispetto ai loro omologhi delle scuole pubbliche.
Sono temi che vanno affrontati con coscienza e grande responsabilità.
Soprattutto, con la consapevolezza di quello che il documento indica e che sento di condividere pienamente: promuovere una vera uguaglianza nell'accesso all'istruzione significa sostenere una crescita equa di tutto il Paese, basata sul merito, sulle capacità, sull'impegno e sulla passione.
Per soddisfare questa esigenza, potrebbe essere utile una riflessione, da parte di tutte le Istituzioni, sulla via suggerita dall'OCSE di finanziamenti mirati alle famiglie più povere, o una attenta valutazione di proposte come quella contenuta nel documento della CEI, che suggeriscono la determinazione di un "costo standard di sostenibilità per allievo" a carico dello Stato e da distribuire a beneficio tanto delle scuole pubbliche, quanto di quelle paritarie.
Dare agli studenti e ai genitori la possibilità di scegliere tra una buona scuola pubblica statale e una buona scuola pubblica paritaria, favorirebbe - ad esempio - una proficua, leale e necessaria concorrenza tra gli istituti scolastici.
Una concorrenza che avrebbe il merito di innalzare il livello dell'offerta didattica, di valorizzare il ruolo dei docenti, di produrre maggiori e migliori competenze e nuove professionalità che, una volta impiegate, potrebbero tradursi in nuove ricchezze per tutto il Paese.
Una concorrenza che si svolgerebbe comunque sotto lo sguardo garante dello Stato e in piena in armonia con gli obiettivi costituzionali.
Perchè è proprio la Costituzione a ricordarci che scuola pubblica e scuola privata non si devono distinguere come sistemi alternativi o in contrasto tra loro, ma come un unico strumento di crescita e di sviluppo delle nuove generazioni.
E' la Costituzione a dirci che l'iniziativa privata in materia di istruzione deve avere il diritto e la libertà di affiancarsi alla doverosità dell'azione statale e di concorrere con essa alla realizzazione dell'interesse della collettività.
Una scuola più equa quindi: nell'accesso, nell'offerta didattica, nella sostenibilità della scelta educativa.
Una scuola che richiede il contributo di tutti i soggetti coinvolti, dalle istituzioni alle associazioni dei genitori.
Un contributo che deve arrivare anche da momenti di approfondimento e di condivisione come questo e dalle idee, dalle proposte, che possono maturare attraverso un dialogo aperto, costruttivo, sereno e responsabile.
Un dialogo che possa ispirare il nostro agire oggi, nell'interesse del futuro dei nostri figli e delle generazioni che verranno.