Libere dalle molestie, libere di scegliere
Intervento al convegno organizzato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne
Buon pomeriggio a tutti,
saluto i parlamentari e le autorità presenti, gli illustri relatori e gli ospiti in sala.
Ringrazio ciascuno di voi per il contributo e la partecipazione a questo importante convegno promosso dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio nonché su ogni forma di violenza di genere.
Ringrazio inoltre la Presidente Valeria Valente e i componenti della commissione che hanno fortemente voluto e si sono impegnati nell'organizzazione di questo prezioso momento di riflessione comune in occasione della giornata internazionale ONU per l'eliminazione della violenza contro le donne.
Un tema a cui guardo da sempre con particolare attenzione e forte preoccupazione.
Un tema in relazione al quale occorre partire dalla considerazione che - specie negli ultimi dieci anni - sono stati compiuti sforzi importanti: dall'adesione alla Convenzione di Istanbul del 2012 all'approvazione della successiva legge di ratifica e di attuazione numero 77 del 27 giugno 2013; dall'introduzione a livello ordinamentale del reato di stalking con la legge numero 38 del 2009 all'emanazione del decreto legislativo numero 212 del 2015, recante il nuovo statuto per la vittima del reato, solo per citare alcuni degli interventi più significativi.
Ciò nonostante, i dati più recenti - dalle relazioni del Governo e delle Forze dell'Ordine alle statistiche dei principali osservatori istituzionali e privati - ci dicono che quanto realizzato finora è riuscito soltanto ad arginare il fenomeno, non a contrastarlo nel profondo, a colpirne le radici.
Il Dossier pubblicato lo scorso agosto dal Ministero dell'interno documenta, ad esempio, come gli omicidi commessi all'interno di un contesto affettivo o familiare continui a rappresentare più del 40 percento di quelli avvenuti nel nostro Paese nell'ultimo anno.
La relazione ci dice inoltre che, a fronte di significativa diminuzione generale degli omicidi negli ultimi 12 mesi, i "femminicidi" sono calati soltanto del 4 percento.
Dati importanti, che ho voluto ricordare perché è stato accertato che in almeno tre casi su quattro l'evento mortale costituisce il tragico epilogo di un'escalation di violenze che non si è riusciti a bloccare per tempo.
Una spirale che può prendere le mosse proprio da crimini minori come le molestie, anche di tipo psicologico, le percosse o i ricatti specie di natura sessuale, consumati tanto nell'ambito domestico quanto sui luoghi di lavoro.
Ecco perché ho accetto con piacere - ma anche con grande responsabilità - l'invito ad aprire questo convegno.
Perché come donna, prima ancora che come avvocato o Presidente del Senato, ritengo mio dovere portare - ogni volta che ne ho l'occasione - un contributo a quella che considero una battaglia di civiltà.
Una battaglia a favore delle donne, a tutela delle famiglie e del primato di una società fondata sui valori della convivenza e del sostegno reciproco.
Una battaglia per l'affermazione di una nuova cultura delle tutele che possa valorizzare l'azione legislativa, giudiziaria e sociosanitaria. Una cultura da costruire insieme, concentrandoci su una strategia che deve fondarsi su quattro pilastri irrinunciabili:
- Lo studio e l'approfondimento del fenomeno della violenza di genere, della sua natura e delle sue origini sociali e culturali.
- La capacità di sintesi e di coordinamento interdisciplinare e inter-istituzionale;
- L'attenzione agli strumenti di comunicazione e di informazione;
- L'educazione e la sensibilizzazione dei cittadini.
In tale prospettiva, approfondire il fenomeno significa soprattutto favorire il dialogo e lo scambio continuo di informazioni tra le istituzioni, le forze dell'ordine, la magistratura, gli operatori sanitari e tutti gli attori coinvolti, a cominciare dalle realtà associative di volontariato operanti nel terzo settore.
Un dialogo che deve avvenire nella consapevolezza dei compiti di ciascun interlocutore ma anche delle sue necessità e delle criticità con cui si misura ogni giorno.
Fare sintesi significa poi tradurre queste informazioni in un percorso integrato e condiviso.
Un percorso che dia qualità all'azione del legislatore, come è avvenuto - ad esempio - con la recente legge n. 69 del 2019, approvata definitivamente dal Senato lo scorso mese di luglio ed entrata in vigore il 9 agosto.
Un provvedimento destinato a produrre effetti decisivi nel contrasto alla violenza di genere:
- perché prevede procedure più snelle, rapide ed efficienti per la repressione delle violenze;
- perché risponde a esigenze di protezione sempre più avvertite nella collettività e introduce nuove fattispecie penali, come la costrizione al matrimonio; la deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; il cosiddetto revenge porn e - soprattutto - la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
- Perché reca disposizioni fondamentali per la protezione delle vittime e la tutela giudiziaria dei diritti dei bambini, nonché in materia di formazione degli operatori di polizia
- Perché reca istituti tesi al recupero sociale degli aggressori, anche al fine di evitare pericolose e più gravi recidive.
Occorre inoltre valutare l'opportunità di consentire - in determinate circostanze - agli organismi di protezione di attivarsi tempestivamente anche indipendentemente dalla capacità delle vittime di comprendere la gravità della situazione in cui o versano o dalla loro paura di denunciare i propri aggressori.
Non dimentichiamolo mai: chi ha paura, chi vive nel terrore, chi non è certo di ricevere adeguate tutele, chi teme una ritorsione ancora più brutale, non denuncia!
Subisce in silenzio fino a quando non è troppo tardi.
Parimenti non deve mancare l'attenzione alla comunicazione: la nostra arma più forte.
Come possiamo sottovalutare il valore strategico di una forte campagna di informazione se le statistiche continuano a dirci che molte donne ancora non conoscono le misure di sicurezza predisposte a loro tutela?
Per questa ragione ho fortemente sostenuto la pubblicazione - lo scorso anno - della guida "In difesa delle donne" da parte del Senato. Un documento teso a fornire alle vittime ogni notizia utile a reperire il sostegno necessario per fronteggiare le drammatiche esperienze che insidiano la loro vita.
E' necessario inoltre guardare con spirito di collaborazione agli organi di informazione e alla loro capacità divulgativa.
E questo significa anche invitare all'uso di un linguaggio responsabile, consapevole del valore delle parole.
Troppe volte episodi di violenza di genere sono stati descritti come "atti passionali" oppure come casi di "amore malato", di "amore molesto" o di "amore ossessivo".
Termini spesso usati con troppa leggerezza - anche solo per romanzare la notizia - che tuttavia rischiano in questo modo di condizionare il giudizio sociale mediante una rappresentazione distorta della realtà o - peggio - stimolando una inaccettabile empatia con gli aggressori o i persecutori.
Occorre invece narrare i fatti di cronaca con un linguaggio che sia rispettoso delle vittime, delle loro paure, del loro dolore.
Ma è altrettanto importante che questa preziosa opera di comunicazione contribuisca a diffondere un messaggio positivo e di fiducia nelle Istituzioni.
Diamo spazio alle storie che si risolvono positivamente!
Diamo voce ai contributi e alle testimonianze delle tante donne di coraggio che sono riuscite ad opporsi alla spirale di violenza; che hanno denunciato i loro aggressori e che sono state sostenute dalle forze dell'ordine, dalle comunità di accoglienza, dalla magistratura.
Sfruttiamo le potenzialità offerte dagli strumenti di comunicazione e di informazione per dare dignità alla condizione femminile anche laddove la donna continua ad essere soggiogata dal pregiudizio sociale derivante da una cultura ormai anacronistica che la pone in posizione di inferiorità e di debolezza rispetto all'uomo.
Educare e sensibilizzare, infine: perchè una rivoluzione culturale richiede di essere insegnata, spiegata, divulgata.
In tale ottica, penso a quanto possa essere utile investire sul coinvolgimento delle scuole e su programmi formativi volti a rafforzare il rispetto per il prossimo, per ogni forma di diversità - a cominciare da quella di genere - per la giustizia, per la vita umana stessa.
Ma penso anche alla utilità di promuovere ogni iniziativa e ogni progetto tesi a sensibilizzare i cittadini a non tollerare, a non restare indifferenti, a non voltarsi mai dall'altra parte.
A tale riguardo, ricordo che proprio un anno fa, sempre in Senato, ho aperto i lavori di un altro convegno dedicato al femminicidio.
La Commissione d'inchiesta non era ancora stata costituita, tuttavia proprio questa coincidenza, mi porta a rivolgere alla Presidente Valente, ai membri della Commissione e a tutti voi, un auspicio, anzi un invito.
Facciamo in modo che questo momento di condivisione diventi un appuntamento istituzionale fisso qui in Senato.
Un'occasione per ritrovarci, per confrontare esperienze e competenze, per trarre un bilancio di quello che si è fatto, di quello che si può e si deve ancora fare.
Sarebbe un importante gesto di attenzione e di partecipazione, specie nei confronti di chi è più esposto, di chi è più a rischio.
Perché sia consapevole che c'è sempre un'alternativa, una speranza, un'opportunità per contrapporre alle violenze il diritto di essere liberi; il diritto di poter scegliere; il diritto di dire di no; il diritto ad una vita protetta, a una vita serena".