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Il Presidente: Intervento in Assemblea

Celebrazione del Giorno del Ricordo

Discorso pronunciato nell'Aula di Palazzo Madama

Presidente Fico,
Presidente Conte,
Signori Ministri, Cari Parlamentari,
Autorità,
signore e signori,
Care ragazze e cari ragazzi,
​è con emozione e con forte senso di responsabilità che inauguro questa celebrazione del Giorno del Ricordo, una solennità dedicata alla commemorazione di tutte le vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata.

​Il novecento è stato, purtroppo, il secolo delle atrocità, delle guerre, dell'odio razziale, degli stermìni di massa.
​Gli uomini si sono macchiati di violenze che mai avrebbero potuto essere immaginate, accecati dalle diversità, dalle ideologie, dalle differenti appartenenze etniche, sociali, culturali o nazionali.
​In questo scenario, il dramma delle Foibe assume i contorni di un genocidio di ferocia inaudita, inaccettabile, ingiustificabile.
​Dopo le prime esecuzioni, risalenti ai giorni immediatamente successivi all'otto settembre del 1943, si susseguirono gli eccidi, le deportazioni, i soprusi.

​Episodi che proseguirono anche dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, potendo quindi essere considerate le più gravi stragi di italiani compiute in tempo di pace.
​La storiografia è ormai concorde nel giudicare tali fatti parte integrante di una strategia pianificata, che aveva come elemento principale l'eliminazione degli italiani.
​Molteplici ne erano le cause: appropriarsi dei loro beni; impedirgli di svolgere un'azione politica contro l'insediamento della dittatura comunista di matrice titina; non avere testimoni in vita su quanto stava accadendo.

​È in questo clima che gli italiani di Istria, di Dalmazia, di Fiume, furono costretti a fuggire in centinaia di migliaia, abbandonando le loro case e ammassando sui carri trainati dai cavalli le poche masserizie che potevano portare con sé.
​La paura degli apparati jugoslavi, l'ostilità di alcune parti delle popolazioni residenti, la mancanza di adeguata attenzione da parte delle autorità italiane e degli organismi internazionali che avrebbero dovuto vigilare sulle intese raggiunte, fecero proseguire tale esodo fino a tutti gli anni cinquanta.​
​Il censimento effettuato dalla Jugoslavia nel 1971, parla di 17mila italiani residenti in Istria e nel Quarnaro, contro gli oltre 430mila abitanti registrati solo tre decenni prima.
​Moltissimi furono gli esuli che dovettero emigrare dall'altra parte del mondo alla ricerca di una nuova patria: Sud America, Australia, Canada, Stati Uniti.
​Nel nostro Paese la maggior parte degli esuli furono accolti al Nord, altri scelsero di vivere nelle grandi città o in comunità costruite appositamente per loro.
​L'accoglienza di questi profughi - in un'Italia ancora dominata dalle ideologie - non fu sempre positiva.
​Non mancarono gli episodi drammatici.

​Tra questi, vorrei ricordare oggi il cosiddetto 'treno della vergogna': un convoglio ferroviario che, nel 1947, trasportava gli esuli che da Pola avevano raggiunto Ancona.
​Alla stazione centrale di Bologna, dove la Pontificia Opera di Assistenza e la Croce Rossa avevano predisposto piatti caldi per bambini e anziani, i passeggeri furono insultati e aggrediti dai militanti comunisti e dai ferrovieri sindacalizzati che non volevano far mangiare i "fascisti" a bordo.
​I profughi, in realtà, erano semplici operai e contadini, che non avevano nulla a che vedere con il precedente regime.
​Eppure la furia cieca dei contestatori li portò a rovesciare lungo i binari il latte caldo che le associazioni umanitarie avevano preparato per rifocillare i tanti bambini presenti.
​Bambini che non mangiavano da giorni e che, stipati al gelo, rischiavano la disidratazione e speravano, forse, solo di trovare un po' di solidarietà.
​A lasciare l'Istria e la Dalmazia non erano stati gli italiani di un particolare colore politico, ma un'intera popolazione spaventata da tanta violenza e dagli omicidi quotidiani.

​All'odio politico-ideologico subentrò ben presto la pulizia etnica.
​E alla pulizia etnica seguì una - oggi incomprensibile -, contrapposizione ideologica.
​Per decenni il peso della memoria ricadde infatti quasi esclusivamente sugli esuli, le loro famiglie, le loro benemerite associazioni.
​Ci fu - ritengo doveroso sottolinearlo - un silenzio assordante da troppe parti: istituzioni, società civile, intellettuali, organi di informazione.

​Per troppi anni c'è stata una sorta di guerra civile culturale, combattuta per le stesse ragioni ideologiche che oggi fortunatamente si riscontrano in pochi e isolati casi.
​Una guerra che, con la scusa di tener testa ad una non meglio identificata propaganda reazionaria, diede vita ad un negazionismo antistorico, anti-italiano e anti-umano.
​Sulle vicende del confine orientale cadde un vero e proprio oblio che solo in anni recenti - anche grazie al coraggio e alla lungimiranza dei Presidenti della Repubblica succedutisi - è stato spazzato via dalla verità, dalla storia, dalla memoria.

​Ed è proprio sulla memoria delle tragedie dello scorso secolo che si basano e trovano forza e legittimazione le nostre Istituzioni repubblicane - a partire da quest'Aula così come dalla Camera dei Deputati -, vero baluardo democratico rispetto al rischio che l'odio o le discriminazioni razziali possano tornare.
​E allora ricordare le Foibe; ricordare le decine di migliaia di vittime; ricordare l'esodo e la tragedia di centinaia di migliaia di italiani cacciati dalle proprie terre, rappresenta un insegnamento fondamentale da trasmettere alle future generazioni.

​Sono quindi lieta che, anche grazie all'iniziativa di oggi, con tante scuole presenti, si possa contribuire a fornire agli studenti l'opportunità di approfondire una pagina di storia ancora poco conosciuta, anche perché per anni è stata assente dai testi scolastici.
​Ricordare è un imperativo morale.
​Ricordare sempre, ricordare tutto.
​È solo dalla conoscenza storica che può nascere e irrobustirsi il dialogo tra i popoli europei; quel dialogo che negli ultimi anni ha sancito importanti momenti di condivisione e di reciproca amicizia con le autorità croate e slovene.
​So che le premiazioni che tra poco coinvolgeranno le scuole arrivate da tutta Italia - grazie ad un meritorio progetto del Ministero dell'istruzione - riguarderanno anche personaggi illustri del mondo giuliano-dalmata in ambito artistico, culturale, sportivo.
​Sono quindi certa che avremo la possibilità di ascoltare e conoscere meglio tanti nomi che hanno dato lustro all'intera Nazione, portatori di quella voglia d'Italia che li ha sempre caratterizzati e che li ha sempre resi un po' speciali.
​Grazie a tutti.