Pubblicato il 24 febbraio 2015, nella seduta n. 397
NUGNES , DONNO , AIROLA , MONTEVECCHI , BOTTICI , PUGLIA , CATALFO , PAGLINI , LEZZI , SERRA , MORONESE , BERTOROTTA , BUCCARELLA , SCIBONA - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, della salute e delle politiche agricole alimentari e forestali. -
Premesso che:
il decreto-legge n. 136 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 6 del 2014, si è rivelato ad oggi di scarsa efficacia e pochi sono i benefici che ne sono scaturiti;
il 17 ottobre 2014 il Governo, attraverso il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Sesa Amici, nel rispondere presso la Camera dei deputati all'interpellanza 2-00713, ha ammesso che i risultati del decreto sulla terra dei fuochi a distanza di un anno "non sono stati pari alle aspettative";
ancora ad oggi molte delle misure previste nel decreto non sono state attuate;
anche le misure, a parere degli interroganti, meno adeguate, come l'utilizzo di militari, sono state realizzate in misura ridotta, in quanto il personale militare non ha funzioni di polizia giudiziaria, ma solo funzione di pubblica sicurezza e non possiede formazione specifica in materia ambientale, con il risultato che il più delle volte è costretto a chiedere l'intervento, non sempre necessario, del Corpo forestale dello Stato o del Nucleo operativo ecologico dell'Arma dei Carabinieri, per incompetenza nella materia specifica. Inoltre nel decreto-legge cosiddetto "Milleproroghe" (di cui al decreto-legge n. 192 del 2014) si intende destinare 9,7 milioni di euro, dei 10 previsti per il pattugliamento della "Terra dei Fuochi", alla sorveglianza dell'Expo (Esposizione Universale 2015) di Milano;
la problematica scaturita dai roghi dei rifiuti purtroppo risulta ancora fortemente caratterizzante il territorio, in quanto non si è mai provveduto ad interventi strutturali volti a potenziare l'attività di controllo, prevenzione e contrasto, destinando le risorse necessarie per i controlli e le indagini sul traffico illecito di rifiuti e per le attività di pronto intervento dei vigili del fuoco per lo spegnimento dei roghi;
il giorno 10 febbraio 2015 a Caserta l'associazione "Legambiente" ha presentato un interessante dossier intitolato "Terra dei fuochi a che punto siamo?";
tale dossier riassume in modo tanto chiaro quanto grave, quello che è lo stato di attuazione delle disposizioni previste nel decreto interministeriale 11 marzo 2014 denominato "Terra dei Fuochi", e precisamente evidenzia: a) la relazione del 10 marzo 2014 del gruppo di lavoro che ha svolto le prime indagini, istituito con il decreto "Terra dei Fuochi" e composto dal Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA), Istituto superiore per la protezione ambientale (ISPRA), Istituto superiore per la Salute (ISS), e l'agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania (ARPAC), indica ulteriori 1.335 siti (in classe di rischio 2a e 2b, ovvero rispettivamente con concentrazioni superiori alle soglie consentite dalle 2 alle 10 volte e risultati sospetti dalle ortofoto) per un totale di 906 ettari su cui svolgere indagini. Specifica che nello studio non sono comprese le aree agricole presenti nelle cosiddette "aree vaste" (inserite nella classe di rischio 2c), al cui interno è situata l'area ex-Resit e altri siti particolarmente critici dal punto di vista della contaminazione ambientale. Inoltre non sono considerati i terreni vicini agli impianti di smaltimento dei rifiuti (2d), o le aree che possono essere state contaminate dai roghi di rifiuti, e quelle interessate dall'utilizzo di acque di falda captate abusivamente e non; b) il 9 giugno 2014 è scaduto il termine per i risultati delle indagini condotte sui 51 siti considerati a maggior rischio tra quelli individuati nel decreto dell'11 marzo 2014, risultati che però non sono mai arrivati. Infatti a pochi giorni dalla scadenza l'Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), che aveva il coordinamento dei lavori, ha fermato le indagini con la richiesta di implementazione dei controlli, in particolare sulla radioattività delle aree; c) con la delibera interministeriale del 16 aprile 2014 è stato ampliato il novero dei Comuni coinvolti nelle indagini e per i quali si predispongono misure attuative, passando da 57 comuni previsti originariamente nel decreto (quelli definiti prioritari e oggetto del decreto dell'11 marzo 2014) a 88. Tuttavia nei territori oggetto dell'ampliamento ancora oggi non sono state condotte le ulteriori azioni previste dal decreto da completare entro il mese di ottobre; d) l'azione prevista nel decreto, focalizzata sui terreni agricoli, non coinvolge adeguatamente gli aspetti inerenti ai rischi sanitari. Vengono, infatti, considerati soltanto i rischi sanitari correlati alla trasmigrazione degli inquinanti all'uomo attraverso il consumo diretto di vegetali, mentre si omette di considerare che gli effetti della contaminazione ambientale sulla salute possano determinarsi principalmente attraverso la trasmigrazione di inquinanti tramite l'aria e l'acqua; e) in particolare, in merito all'utilizzo irriguo delle acque la norma prevedeva, con la modifica al decreto legislativo n. 152 del 2006, all'art. 166, comma 4-bis, che si sarebbero dovuti determinare, entro 90 giorni i "parametri fondamentali di qualità delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentari e le relative modalità di verifica (…). Con il provvedimento si provvede altresì alla verifica ed eventualmente alla modifica delle norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue previste dal decreto del Ministro dell'ambiente n. 185 del 12 giugno 2013". Nessuna attuazione risulta posta in essere ad oggi; f) per i suoli agricoli invece, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge, quindi al 7 maggio 2014, il Ministro dell'ambiente avrebbe dovuto adottare il regolamento relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza delle aree destinate alle produzioni agricole ed all'allevamento, di cui all'art. 241 del decreto-legislativo n. 152 del 2006;
risulta agli interroganti che il 16 ottobre 2014 è stata pubblicata una nota del Ministro dell'ambiente contenente una proposta di regolamento sulla quale si chiedeva l'approvazione agli altri ministeri coinvolti, ma tale proposta è ancora ferma in Conferenza Stato-Regioni;
considerato che:
il procuratore dottoressa Raffaella Capasso, della Procura di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), in audizione presso la Commissione bicamerale sul ciclo illecito dei rifiuti, nel mese di gennaio 2015 ha dichiarato in merito alle acque sotterranee inquinate e ai pozzi sequestrati: "Abbiamo rilevato frequentemente l'avvelenamento dei pozzi cominciando con indagini a Casale di Principe su una discarica abusiva indicata da un pentito, dove l'Arpa ha trovato rifiuti ma non pericolosi a cinque metri di profondità, eppure i pozzi a monte dell'invaso sono inquinati, vi abbiamo trovato veleni. Successivamente a Masseria Monti, a Maddaloni, in provincia di Caserta, abbiamo accertato la presenza di un inquinamento gravissimo, ve lo voglio segnalare, abbiamo scoperto riversamenti di percolato direttamente in falda dove abbiamo trovato arsenico o manganese fino a 260 volte maggiore del valore di soglia, e qui c'è un rischio di contaminazione continuativa. Invece nell'aria abbiamo trovato fenoli. Abbiamo sequestrato 60 pozzi avvisando sindaco e ministro più di un anno fa e sino ad ora non è accaduto nulla. Detto questo la cosa che mi ha colpito, nel caso di Masseria Monti, è che a monte i pozzi non sono inquinati ma a valle sì, è chiaro allora che è la discarica la fonte dei veleni. Inoltre nella vicina Marcianise ci sono pozzi inquinati anche trattati - sono state prese misure - da parte di una multinazionale che ha provocato l'inquinamento, eppure senza risultato. Allora noi temiamo possa esserci stata una forte migrazione della contaminazione di questa falda a sud. Addirittura sospettiamo che l'inquinamento abbia raggiunto Casale di Principe: questo spiegherebbe perché abbiamo trovato veleni a monte e non a valle dell'invaso di Casale (indicato dal pentito, quello con rifiuti non pericolosi, ndr). Ora cerchiamo di capire l'estensione di questa contaminazione e anche l'adeguatezza delle misure adottate. Parlavo dei pozzi perché in questo momento è la cosa più preoccupante di quella zona, ci sono punti e utenze che utilizzano sia l'acqua della rete idrica sia quella dei pozzi avvelenati, c'è possibilità di un travaso dall'una all'altra rete e con l'Arpac stiamo facendo verifiche anche sulla qualità dell'acqua della rete di distribuzione idrica domestica";
i dati delle indagini epidemiologiche svolte in questi anni sono stati recentemente aggiornati dall'ISS attraverso lo studio "Sentieri". La ricerca ha confermato un eccesso di mortalità e di ospedalizzazione nella popolazione residente nei 55 comuni della "Terra dei fuochi" per diverse patologie, che "ammettono fra i loro fattori di rischio accertati o sospetti l'esposizione a un insieme di inquinanti ambientali che possono essere emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e di combustione incontrollata di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani";
nelle azioni proposte dalle istituzioni manca del tutto una strategia che punti a mitigare il rischio sanitario, cioè a raggiungere quello che deve rappresentare l'obiettivo prioritario dell'intervento;
anche sul fronte delle bonifiche il dossier Legambiente precisa che "Su oltre 2.000 siti contaminati individuati nell'area dell'ex sito di interesse nazionale 'Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano', solo per lo 0,2 per cento sono stati fatti o sono in corso le attività di bonifica e solo il 21,5 per cento è stato caratterizzato e analizzato. Ritardi anche nelle aree cosiddette «vaste», come a Giugliano in Campania, che comprende la discarica ex Resit dove sono state smaltite circa 340.000 tonnellate di rifiuti speciali pericolosi e dove la caratterizzazione è completata ma non è ancora partita la messa in sicurezza permanente. A Lo Uttaro, nel Comune di Caserta, area che comprende discariche, industrie dismesse ed ex cave, si è ancora fermi alla fase di caratterizzazione, che ha riguardato solo 20 ettari su 196";
considerato inoltre che:
secondo quanto appreso da apposito comunicato stampa pubblicato sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro, Maurizio Martina, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, e il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, il 12 febbraio 2015 hanno firmato, con gravissimo ritardo, essendo il termine per la sua emanazione scaduto nei mesi di giugno e luglio 2014, il decreto interministeriale per l'interdizione di alcuni terreni dall'uso agricolo a seguito delle indagini dirette svolte nei primi 57 Comuni della Campania oggetto di analisi;
tale decreto su un totale di 42,95 ettari di superficie agricola considerata, classifica i terreni esaminati a seguito dei nuovi risultati definendo: i terreni di classe A che possono essere destinati alle produzioni agroalimentari (15,53 ettari pari al 36,1 per cento); i terreni di classe B che possono essere destinati solo a determinate produzioni agroalimentari (11,6 ettari, pari al 27 per cento); i terreni di classe C che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare, ma esclusivamente a colture diverse in considerazione delle capacità fitodepurative (15,78 ettari, pari al 36,7 per cento); i terreni di classe D che non possono essere utilizzati per la produzione agroalimentare o silvopastorale;
il decreto vieta, altresì, l'immissione sul mercato dei prodotti delle singole colture per i terreni in classi di rischio 3, 4 e 5 degli ulteriori 31 Comuni che saranno oggetto d'indagine;
pertanto quasi il 40 per cento, cioè quasi la metà dei terreni analizzati, non possono essere utilizzati per produzioni agroalimentari nei 57 comuni analizzati su 88 da analizzare;
si ribadisce che nello studio non sono comprese le aree agricole presenti nelle cosiddette "aree vaste" (inserite nella classe di rischio 2c), al cui interno è situata l'area ex-Resit e altri siti particolarmente critici dal punto di vista della contaminazione ambientale. Inoltre non sono considerati i terreni vicini agli impianti di smaltimento dei rifiuti (2d), o le aree che possono essere state contaminate dai roghi di rifiuti, e quelle interessate dall'utilizzo di acque di falda captate abusivamente e non;
nonostante i palesi tentativi di "ridimensionare" il problema e di catalogarlo tra i fattori di una generale psicosi collettiva, la vastità e la gravità dei dati individuati emerge in tutta la sua evidenza;
considerato altresì che:
da un'agenzia di stampa "Public Policy" del 17 febbraio 2015 si apprende che il Governo sta elaborando, con grave ritardo rispetto ai tempi previsti dal decreto, una proposta di regolamento per le bonifiche e attività di messa in sicurezza che "riporterà i procedimenti nell'alveo delle procedure ordinarie secondo i principi generali previsti dagli articoli 242 e 245 del decreto legislativo n. 152 del 2006, dunque attraverso indagini preliminari e autocertificazioni delle concentrazioni di soglia di contaminazione (csc) realizzate sia dai responsabili dell'inquinamento che dagli interessati non responsabili. Il decreto ministeriale prevede che dovrà essere la Provincia, con il supporto degli enti locali e territoriali, ad individuare i responsabili della contaminazione delle aree,
si chiede di sapere:
quali iniziative di competenza intendano assumere i Ministri in indirizzo per garantire l'avvio delle bonifiche e le operazioni di messa in sicurezza necessarie per garantire e tutelare i cittadini residenti esposti loro malgrado a un carico di inquinamento notevole;
se intendano, nei limiti delle proprie attribuzioni, intervenire sulle indagini relative all'inquinamento dell'aria, delle falde acquifere e dei pozzi e quali misure ritengano di dover adottare prontamente per tutelare la popolazione e arginare il rischio sanitario, attualmente altissimo, considerato che il decreto adottato e convertito fa riferimento quasi esclusivamente a misure volte a garantire la sola sicurezza alimentare;
se intendano chiarire le ragioni per cui, alla scadenza prevista per il 7 maggio 2014, non sia stato approvato e pubblicato alcun regolamento recante i parametri fondamentali di qualità delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentari e le relative modalità di verifica, nonché quali siano le attività compiute e le criticità riscontrate fino ad ora in merito a tale regolamentazione;
se risultino i motivi per cui alla scadenza prevista per il 9 giugno 2014 non è stata depositata o resa pubblica la relazione riguardante le indagini dirette per i "terreni prioritari" per i quali non sia stato "possibile procedere all'indicazione della destinazione";
quali siano le cause in base alle quali, alla scadenza prevista per il 21 giugno 2014, non siano stati approvati i decreti di individuazione delle aree no food per "terreni prioritari", a seguito di indagini dirette la cui firma risulta al momento annunciata, in gravissimo ritardo, in un comunicato stampa del Ministero dell'agricoltura del 12 febbraio 2015 e se e quali indagini dirette siano state poste in essere al fine della detta classificazione;
quali siano i motivi per cui alla scadenza prevista per il 21 giugno 2014 ed a tutt'oggi non sia stata elaborata o diffusa la relazione con i risultati delle indagini tecniche svolte e delle metodologie usate per i "restanti terreni" di cui alla direttiva del 16 aprile 2014;
quali siano le ragioni per cui alla scadenza prevista per il 6 luglio 2014 non siano stati emanati i decreti di individuazione delle aree no food per i "restanti terreni" e quali attività siano state compiute fino ad ora in merito;
quali siano i motivi per cui alla scadenza prevista per il 4 ottobre 2014 ed a tutt'oggi non sia stata elaborata o diffusa la relazione in merito alle indagini dirette per gli "altri terreni" per i quali non sia stato "possibile procedere all'indicazione della destinazione";
quali siano le ragioni per cui, a parere degli interroganti, in spregio al dovere di trasparenza e coinvolgimento delle popolazioni interessate in tempo reale, le informazioni e le relazioni tecniche sulle attività condotte in "Terra dei fuochi" non risultano ancora pubblicate né sul sito della Regione Campania né sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare né su quello del Ministero delle politiche agricole e forestali.