Atto n. 1-00160 (Testo 2) (procedura abbreviata)

(Riformulazione del n. 1-00160)

Pubblicato il 7 aprile 2021, nella seduta n. 312
Esame concluso nella seduta n. 313 dell'Assemblea (08/04/2021)

MANTOVANI , DE LUCIA , RAMPI , DE PETRIS , SAPONARA , SBROLLINI , CANGINI , GRANATO , LICHERI , MALPEZZI , ROMEO , D'ANGELO , QUARTO , MAUTONE , EVANGELISTA , FEDE , MARINELLO , ROMAGNOLI , RUSSO , DI GIROLAMO , PISANI Giuseppe , PIRRO , CASTELLONE , PAVANELLI , CROATTI , CORBETTA , L'ABBATE , PELLEGRINI Marco , RICCIARDI , DI PIAZZA , PRESUTTO , ANASTASI , CASTIELLO , MONTEVECCHI , BINETTI , SANTILLO , FERRARA , LANZI , SANTANGELO , PERILLI , VACCARO , AIROLA , GARRUTI , ANGRISANI , DI MICCO , MININNO , DESSI' , QUAGLIARIELLO , ALESSANDRINI , GUIDOLIN , DELL'OLIO , RIVOLTA , FERRERO , GAUDIANO , NATURALE , PITTONI , PELLEGRINI Emanuele , TURCO , COLTORTI , TAVERNA , LOMUTI , PESCO , TONINELLI , CIOFFI , ORTIS , ROMANO , MAIORINO , TRENTACOSTE , LOREFICE , FENU

Il Senato,

premesso che:

in Italia si registra un grave ritardo nel campo della formazione matematica, tecnico-scientifica e digitale, che ostacola la crescita economica e lo sviluppo sociale del Paese;

nel mese di giugno 2019 è stato pubblicato il rapporto "Digital economy and society index" (DESI - Indice dell'economia e della società digitali) 2019, un indice sviluppato dalla Commissione europea che ogni anno misura il grado di diffusione e il progresso verso un'economia e una società digitali dei Paesi dell'Unione europea. L'indice si basa su una serie di indicatori considerati rilevanti per valutare l'attuale policy europea e nazionale in materia di digitalizzazione, quali connettività, capitale umano, utilizzo di internet, integrazione della tecnologia digitale nei sistemi produttivi e servizi pubblici digitali;

nella classifica dei Paesi redatta sulla base del rapporto, l'Italia risulta al 24° posto su 28 Stati membri. Tale deludente risultato risulta, purtroppo, il migliore finora conseguito dal 2013 ad oggi;

in particolare, nell'indicatore "capitale umano", ossia chi ha competenze nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), l'Italia si posiziona al 26° posto su 28, con un punteggio pari a 32,6 e quindi ben al di sotto della media europea (la cui soglia è fissata al 48,0);

l'indicatore è composto da due fattori che mostrano diversi punti di vista e insiemi disgiunti di destinatari: il primo analizza le abilità tipiche dell'utente di internet, mentre il secondo studia le abilità avanzate e da sviluppatore. La prima componente è calcolata secondo il numero e la complessità delle operazioni che coinvolgono l'uso quotidiano degli strumenti digitali e internet nel lavoro e nella vita di tutti i giorni; la seconda componente si riferisce ai dati sull'impiego dei diplomati e laureati TIC;

secondo il rapporto, il livello delle competenze digitali degli italiani, sia quelle di base, sia avanzate, è al di sotto della media UE. Solo il 44 per cento degli individui tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base, contro il 57 per cento nella UE. La percentuale degli specialisti TIC sull'occupazione totale ha una minore incidenza in Italia rispetto all'Unione europea (2,6 per cento in Italia rispetto al 3,7 per cento). Per quanto riguarda le persone in possesso di una laurea in TIC, l'Italia si posiziona ben al di sotto della media UE con solo l'1 per cento sul totale dei laureati contro il 3,5 per cento nella UE. Tra le donne che lavorano, solo l'1 per cento in Italia è specializzato in TIC;

sulla base dell'analisi e dei rilievi avanzati dalla Commissione europea, il piano nazionale per la scuola digitale, avviato nel 2015, al termine di 4 anni ha prodotto risultati piuttosto modesti. Ad esempio, solo il 20 per cento degli insegnanti ha effettuato corsi formativi in materia di alfabetizzazione digitale e nel 24 per cento delle scuole mancano ancora di corsi di programmazione;

considerato che:

anche lo "Skills outlook scoreboard" dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) 2019 ha segnalato i gravi ritardi che condizionano il nostro Paese. In particolare tale studio valuta in che misura i Paesi siano in grado di sfruttare la digitalizzazione sulla base di 3 principali parametri: competenze per la digitalizzazione, esposizione digitale e politiche relative alle competenze;

esso mostra che la popolazione italiana non possiede le competenze di base necessarie per prosperare in un mondo digitale, sia in società sia sul posto di lavoro. Solo il 36 per cento degli individui in Italia, il livello più basso tra i Paesi OCSE, è in grado di utilizzare internet in maniera complessa e diversificata;

in particolare, solo il 30 per cento degli adulti ha ricevuto formazione negli ultimi 12 mesi, contro una media OCSE del 42 per cento. Solo il 21 per cento degli individui in età compresa tra i 16 e i 65 anni possiede un buon livello di alfabetizzazione e capacità di calcolo (cioè ottengono almeno un punteggio di livello tre nei test di comprensione di un testo scritto, risoluzione di un problema di tipo matematico, esecuzione di un compito mediante l'utilizzo di tecnologie digitali). Si tratta del terzo peggior risultato tra i Paesi esaminati;

per quanto riguarda gli insegnanti, secondo l'OCSE quelli italiani risultano meno preparati rispetto ai colleghi europei e utilizzano le nuove tecnologie ben al di sotto di altri lavoratori altamente qualificati. I dati mostrano, inoltre, come 3 insegnanti su 4 riferiscano di aver bisogno di ulteriore formazione nelle TIC per svolgere la propria professione;

rilevato che:

i dati dimostrano come, sul piano delle competenze tecnico-scientifiche e digitali della popolazione, l'Italia appaia in grave ritardo rispetto agli altri Paesi europei. Si trova infatti al terzultimo posto nella classifica DESI, davanti solo a Romania e Bulgaria. Lussemburgo, Olanda e Svezia sono ai primi posti per le competenze digitali di base, mentre Finlandia, Svezia ed Estonia guidano i Paesi con il possesso delle competenze digitali più avanzate. L'Italia si trova indietro anche rispetto ai partner europei più prossimi: a livello di capitale umano digitalizzato, risulta, come già indicato, al 26° posto, molto in ritardo, dunque, rispetto a Spagna (17°), Francia (14°), Germania (10°) e Regno Unito (6°);

tre italiani su dieci, secondo il rapporto DESI, non utilizzano ancora internet abitualmente. La mancanza di conoscenze digitali riguarda tanto gli adulti quanto i giovani: i primi rischiano di non sfruttare le possibilità di riqualificazione professionale che la formazione digitale è in grado di offrire; i secondi, seppur "nativi digitali", se non tecnicamente e correttamente formati, corrono il pericolo di non saper affrontare le sfide future poste da un mondo del lavoro altamente tecnologico e digitalizzato;

tale carenza di competenze si riflette anche in un minore utilizzo dei servizi on line, dove si registrano ben pochi progressi. La scarsa domanda influenza l'offerta e questo comporta una bassa attività di vendita on line da parte delle piccole e medie imprese italiane rispetto a quelle europee;

il rischio per le imprese è di non riuscire a cogliere le opportunità offerte dal digitale, ad esempio dell'intelligenza artificiale, perdendo competitività e produttività rispetto alle altre imprese europee, a causa della mancanza della forza lavoro da reclutare con le competenze richieste. Dall'analisi sulle offerte di lavoro pubblicate emerge infatti chiaramente il divario tra i profili ricercati dalle aziende e la preparazione professionale in termini digitali dei candidati, che comporta un ulteriore elemento di debolezza per il sistema di imprese italiano;

tale condizione risulta grave, nonostante nel piano nazionale impresa 4.0 i crediti d'imposta per le spese sostenute dalle imprese per la formazione del personale nelle materie aventi a oggetto le tecnologie rilevanti per il processo di trasformazione tecnologica e digitale, inizialmente presentati solo per il 2018, siano stati estesi anche per il 2019;

la mancanza di tali competenze rischia anche di vanificare ogni azione di trasformazione tecnologica nell'ambito della pubblica amministrazione o, peggio, di privare taluni cittadini della possibilità di accedere ad alcuni diritti, tutelati dal nostro ordinamento, in un contesto nel quale il digitale è destinato a diventare modalità ordinaria di dialogo con l'amministrazione pubblica, a ogni livello, e di esercizio della cittadinanza in una società globalizzata;

considerato, inoltre, che:

a livello nazionale, l'Italia registra ancora un forte divario tra i laureati nell'area scientifica rispetto agli omologhi nell'area sociale. Secondo l'Anagrafe nazionale studenti (ANS), per l'anno accademico 2016/2017, l'ultimo a disposizione, i laureati afferenti all'area scientifica risultano pari al 31,94 per cento sul totale dei laureati, oltre il 6 per cento in meno rispetto a coloro che si sono laureati in discipline sociali (pari al 38,01);

lo stesso divario è presente anche a livello di istruzione secondaria: si registra una forte carenza di diplomati presso gli istituti tecnici superiori, in quanto, rispetto agli attuali 11.000 diplomati ogni anno, ne sarebbero necessari almeno il triplo (33.000) per soddisfare le esigenze delle aziende che richiedono le loro specifiche competenze;

valutato infine che:

gli esiti dei test Invalsi 2019, che comprendono anche gli studenti che hanno affrontato l'esame di maturità, confermano che la scuola italiana si trova in una condizione di grave crisi: in particolare, per quanto riguarda la matematica, il livello medio degli alunni è fermo alla terza classe della scuola secondaria di primo grado. Inoltre resta alto il gap di genere e tra le diverse zone del Paese;

l'ottundimento delle capacità di argomentazione e comprensione e la mancata consapevolezza rischiano di essere un pericolo per le attuali generazioni e per lo sviluppo della società democratica;

l'adozione di politiche attive di formazione, in particolare a livello scolastico, potrebbero invertire questa tendenza, permettendo a tutti di apprendere strumenti e competenze tecnico-scientifiche in linea con le richieste del mercato del lavoro e con le esigenze necessarie per interagire con la società moderna, ma soprattutto per possedere gli strumenti culturali e critici per esercitare il proprio diritto di cittadinanza, ossia di essere cittadine e cittadini liberi e consapevoli;

parte fondamentale, e vero e proprio sostegno di questa nuova strategia formativa per le prossime generazioni, dovrebbe essere l'insegnamento delle competenze matematiche, che in prospettiva di ricerca di un'occupazione sono richieste da istituti ed enti di ricerca, pubblici e privati, nonché da imprese che offrono consulenza e servizi di vario genere, da aziende dei settori industriale, ambientale, sanitario, finanziario, addirittura nell'ambito della pubblica amministrazione. Tale disciplina è inoltre un'ottima base per accedere alla professione di docente, vista la carenza strutturale di insegnanti in queste materie;

è necessario in particolare, sin dal livello della scuola primaria, rivedere sia la didattica della matematica, per sviluppare le capacità tecniche e matematiche degli alunni, sia la fase dell'orientamento scolastico, permettendo agli studenti di scegliere un percorso formativo conformato, nel medesimo tempo, sulle proprie passioni ma anche sugli sviluppi del mercato del lavoro;

sul tema dell'educazione informatica, la Commissione europea, nella comunicazione COM(2020) 624 final del 30 settembre 2020, ha dichiarato che essa consente ai giovani di acquisire una solida comprensione del mondo digitale. L'introduzione dell'informatica nelle scuole può infatti contribuire a sviluppare competenze in materia di risoluzione dei problemi, creatività e collaborazione, incentivando l'interesse per gli studi relativi alle discipline STEM (science, technology, engineering and mathematics) e le future carriere in tale ambito. La promozione dell'educazione informatica può anche avere un impatto positivo sul numero di ragazze che seguono studi informatici nell'istruzione superiore e lavoreranno poi nel settore digitale o svolgeranno professioni digitali in altri settori economici;

la pandemia ha rafforzato la percezione della necessità di una maggior capacità del sistema Paese in questo ambito e ha anche fatto emergere ed esplodere alcune carenze e debolezze, aumentando le difficoltà,

impegna il Governo:

1) a continuare a investire nel piano nazionale per la scuola digitale attraverso lo stanziamento di adeguate risorse e l'introduzione di metodologie innovative più efficaci di insegnamento e apprendimento della matematica e del pensiero computazionale e algoritmico nella scuola primaria e successivamente delle discipline STEM e dell'educazione digitale, per consentire lo sviluppo del pensiero critico e di attitudini a molteplici e diversificati interessi culturali, essendo alla base delle moderne produzioni artistiche e contribuendo in modo determinante ad elevare il livello culturale della popolazione con ricadute positive sulla partecipazione democratica;

2) a potenziare, nell'ambito del piano nazionale per la scuola digitale, percorsi di formazione innovativi, a tutti i livelli, per l'orientamento degli studenti verso le discipline scientifiche, incluso il pensiero computazionale e algoritmico, e la matematica, intesa come disciplina che aiuta a comprendere molti aspetti della quotidianità, affina e sensibilizza alla percezione estetica e incoraggia i giovani ad affrontare la complessità e le sfide presenti e future del mercato del lavoro in continua evoluzione;

3) a connettere tale rinnovata strategia nazionale di formazione con i settori del lavoro, del welfare e dello sviluppo imprenditoriale, culturale e artistico del nostro Paese, in modo che questo innovativo approccio possa rappresentare un volano per la crescita complessiva e strutturale dell'Italia;

4) a garantire una formazione professionale dei docenti in sinergia con quanto previsto dal piano nazionale di formazione dei docenti.