Stragi e deportazioni nazifasciste: per la giustizia e contro l'ambiguità
Autorità, signore e signori,
è con sincera convinzione che ho accolto il gradito invito della senatrice Segre a portare il mio saluto in apertura di questi lavori.
Ringrazio la "Fondazione per la critica sociale" per l'organizzazione di questo utile momento di approfondimento e di riflessione, e ringrazio personalmente Liliana Segre per tutto quello che ha fatto, che fa quotidianamente e che farà per la giustizia e per la memoria nazionale.
È soprattutto grazie alla coraggiosa e tenace opera di divulgazione dei sopravvissuti e dei testimoni della tragedia dell'Olocausto che l'Italia ha saputo negli ultimi anni compiere significativi passi avanti verso un'effettiva e sostanziale verità storica.
Una verità che deve essere sempre più condivisa e resa patrimonio comune, perché costituisce uno dei pilastri sui quali si fonda la nostra Repubblica, il nostro vivere comunitario, il nostro Stato di diritto.
Le stragi naziste e fasciste rappresentano una delle pagine più tristi e drammatiche che l'Italia ha conosciuto nel corso del novecento.
Eppure il lavoro di storici, ricercatori e documentaristi non è stato nei decenni né facile né sostenuto come si potrebbe pensare.
Ci sono voluti sforzi significativi per poter analizzare fatti e accadimenti che sconvolsero il Paese, in particolare nel periodo che va dall'8 settembre del 1943 al 25 aprile del 1945, dall'armistizio alla liberazione.
È solo grazie all'attività posta in essere negli ultimi anni e all'attivazione di ulteriori strumenti di indagine - come ad esempio alla commissione bilaterale italo-tedesca - se si è arrivati ad una stima più realistica delle vittime e ad una loro più giusta classificazione.
In un territorio devastato moralmente e materialmente, la stessa terminologia di "vittime civili" non aveva in sé la possibilità di richiamare compiutamente la realtà. L'approdo al concetto di "vittime inermi", cioè di tutti coloro che furono uccisi al di fuori di combattimenti o azioni di guerra, ha rappresentato quindi una vera e propria rivoluzione storiografica.
Il bilancio complessivo ci dice che sono state oltre 23 mila le vittime di quella che fu una premeditata strategia di ritorsione; una violenza che nulla ha a che vedere con le dinamiche belliche, che nulla ha a che vedere con la ragion di Stato, vera o presunta.
Possiamo oggi considerare i germi dell'odio, del razzismo e dell'antisemitismo sconfitti per sempre?
Purtroppo no, ed è evidente che non si possono e non si devono ripetere sottovalutazioni che pure si sono registrate in passato.
Gli stessi ultimi recenti fatti di cronaca - in Francia, in Argentina e non solo - sono un monito a non abbassare mai la guardia rispetto a qualsiasi atteggiamento negazionista o giustificazionista.
È pur vero che il cammino intrapreso a livello internazionale ha certamente prodotto buoni frutti. Tutti coloro che oggi non dovessero riconoscere la storia europea verrebbero naturalmente posti fuori al di fuori del perimetro costituzionale e democratico.
Ma sono altrettanto convinta che le classi dirigenti abbiano il compito di completare quel percorso di verità che per troppi anni è stato ignorato o rimosso.
A partire dalla necessità di dare piena effettività ai pronunciamenti giudiziari - sia per l'esecuzione delle sentenze sia per la liquidazione dei risarcimenti - e dall'esigenza di una ritrovata attenzione verso quelle attività di educazione e di informazione che devono essere assicurate alle nuove e alle future generazioni.
Anche perché oltre agli eccidi delle Fosse Ardeatine, di Marzabotto, di Sant'Anna di Stazzema e delle altre stragi che per dimensioni e per crudeltà hanno prodotto dibattiti e una diffusa pubblicistica, ci sono centinaia di altri episodi e di storie che devono ancora essere studiati, analizzati, tramandati.
Ogni contributo che vada in questa direzione è quindi un apporto prezioso per la conoscenza, per le nostre coscienze, per l'Italia, per l'intera comunità internazionale.
Grazie a tutti per l'attenzione, grazie ai relatori per i loro contributi.