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Il Presidente: Discorsi

"Spazio, sicurezza e difesa"

Discorso pronunciato in apertura del convegno che si è svolto nella Sala Capitolare di Palazzo della Minerva

Buongiorno a tutti.

Sono molto contenta di ospitare in Senato, in occasione della prima Giornata nazionale dello Spazio, questo importante confronto tra rappresentanti istituzionali ed esperti sulle sfide connesse all'uso dello spazio tra sicurezza e difesa. Un tema di grande rilievo.

Una dimensione che apre a prospettive future capaci di rivoluzionare la storia. Che ci svela un "altro" mondo, destinato a cambiare il volto del "nostro" mondo e ad offrirci scenari oggi inimmaginabili.

Ringrazio il Presidente Violante per l'organizzazione di questo evento e per il gradito invito.

Saluto i ministri Lorenzo Guerini e Vittorio Colao, il Presidente della Commissione Difesa, Roberta Pinotti, i parlamentari, gli autorevoli relatori e ospiti presenti.

Lo spazio già oggi è una dimensione essenziale per la nostra quotidianità. È una finestra aperta sulle nostre comunicazioni, sui nostri spostamenti, sulle nostre città, sulle condizioni atmosferiche che ci circondano.

Ma al contempo lo spazio racchiude le sfide del futuro prossimo. Un patrimonio di conoscenze, prospettive e risorse che ci consentiranno di disegnare il mondo della generazione che verrà.

Celebrare oggi lo spazio significa pertanto diffondere consapevolezza sulle tante potenzialità e sui possibili apporti di un settore che non può più essere considerato di nicchia, perché è destinato ad influenzare le traiettorie dell'economia globale, e quindi gli scenari internazionali.

Per spiegarlo è sufficiente guardare alle ricadute sui problemi che oggi avvertiamo come più pressanti.

In queste settimane è di grande e drammatica attualità il tema del prezzo delle materie prime e della scarsità di approvvigionamenti. La questione della sostenibilità economica e del contrasto ai cambiamenti climatici prodotti da inquinamento e degrado ambientale è al centro dell'agenda internazionale. Ci si interroga sul modello economico che, nella fase del post Covid-19, potrà consentire una crescita duratura ai nostri sistemi produttivi.

Parlare di spazio significa parlare di tutto questo. Perché l'economia dello spazio ci offre una leva in più. Espandendosi a vista d'occhio e incorporando i settori e servizi più disparati.

Non parliamo solo di comunicazioni o innovazioni tecnologiche. Parliamo della possibilità di sfruttare le risorse naturali dello spazio, dall'idrogeno all'elio fino ai minerali preziosi.

Parliamo del turismo interplanetario, che a sua volta presuppone una nuova concezione delle infrastrutture e dei trasporti. Parliamo delle applicazioni relative all'agricoltura e all'energia sostenibile, da sviluppare grazie all'intelligenza artificiale, e quindi della possibilità di realizzare le prospettive di una economia verde.

Non è un caso che il concetto di economia circolare sia nato in via sperimentale proprio dalle missioni spaziali, per venire incontro alle esigenze poste da lunghi viaggi e dagli stazionamenti in orbita.

Lo spazio sarà la quinta rivoluzione industriale della storia contemporanea. Offrirà risposte a molti dei problemi che oggi sono sul tavolo, anche quelli che si scontrano con limiti fisici e materiali apparentemente insuperabili.

E questo porterà ad una nuova concezione del potere e della competizione tra gli Stati, ad una geopolitica completamente diversa.

Se nel secondo dopoguerra la "corsa allo spazio" era intesa soprattutto come ostentazione di forza e capacità, ora gli obiettivi si sono moltiplicati.

Gli Stati percorrono lo spazio non solo nell'ambito delle tradizionali missioni esplorative militari, ma anche per finalità economiche e impieghi civili, dalla robotica alle telecomunicazioni. Perché sanno bene che è anche su questo terreno che oggi si misura il loro potere.

Tale evoluzione cambia anche le dinamiche della spirale competitiva che, fin dalle origini, ha contraddistinto il rapporto tra gli Stati nello spazio.

Tra pochi anni, i progressi tecnologici e scientifici renderanno possibile lo scenario di una guerra interplanetaria combattuta dagli Stati con forze armate e intelligence spaziali a colpi di Sistemi d'Arma Anti-Satellite finalizzati alla distruzione o disabilitazione di oggetti orbitanti. Questo consentirà di acquisire un controllo totale su flussi di comunicazione strategici, in una parola di costringere intere regioni in una condizione di completo blackout.

Le degenerazioni della spirale competitiva rischiano di trasformare lo spazio nel far west del XXI secolo, con rischi elevatissimi per l'intero pianeta.

Di fronte a questo scenario, rafforzare le regole comuni è una assoluta priorità. Penso all'esigenza di rimeditare il diritto allo spazio, attualizzandone l'impostazione e ampliandone il raggio di azione.

Il pilastro fondamentale su cui si poggiano i cinque trattati ONU adottati tra il 1967 e il 1979 è il multilateralismo nella regolazione dell'uso dello spazio per scopi militari. La logica a cui sono ispirati è quella dei "vecchi principi per nuove frontiere", ma è evidente che dagli anni '60 o '70 ad oggi la nostra presenza nello spazio è completamente cambiata: sono emerse nuove attività e si è registrata una regolazione in senso privatistico del progresso spaziale.

A questo primo pilastro è pertanto indispensabile affiancarne un secondo, che si occupi prevalentemente della regolazione di tutti gli utilizzi delle risorse spaziali, anche quelli di matrice civile. Una regolazione che deve chiarire le prerogative, le responsabilità, gli oneri e i limiti di ciascun "fruitore".

Penso ad esempio allo scambio di informazioni sulle traiettorie dei satelliti finalizzato a prevenire rischi di collisione in un contesto di crescente degradazione dello spazio orbitale.

Penso alla disciplina degli obblighi di smaltimento dei "rifiuti" spaziali per evitare che, nella prospettiva degli oltre 100mila satelliti civili attesi entro la fine del decennio, il cosmo si saturi di detriti.

Penso ancora alla prevenzione di indebite interferenze sulla trasmissione dei dati provenienti dai satelliti spaziali con le missioni più disparate, dai servizi a banda larga al monitoraggio del clima.

Per regolare tutti questi "nuovi" problemi dello spazio serve una forte spinta a livello internazionale.

E il contributo dell'Unione europea è determinante.

Da un lato, è necessario che l'Europa maturi una propria autorevolezza nella promozione di una cooperazione internazionale rafforzata sull'uso dello spazio.

Dall'altro lato, si tratta di coltivare la prospettiva di una "Europa dello Spazio" che, anche attraverso gli obiettivi della Difesa comune, possa contribuire a costruire l'auspicata autonomia strategica del continente.

Ma anche a livello nazionale non c'è tempo da perdere.

L'industria italiana dello spazio è forte e consolidata, è una delle prime al mondo, e si mantiene all'avanguardia. È un nostro fiore all'occhiello.

Sono circa 200 le aziende del settore, con un giro di affari annuale di 2 miliardi di euro. Anche gli investimenti pubblici, pari a circa lo 0,069% del PIL, ci vedono al secondo posto in Europa.

Siamo ancora tra i primi al mondo nella tecnologia dello spazio, come conferma la sorprendente trivella robotica in grado di battere il primato mondiale di perforazione sul suolo di Marte, esposta all'Expo 2020 di Dubai.

Anche nel settore militare abbiamo competenze e conoscenze che tutto il mondo ci invidia.

È però evidente che la competizione dei grandi colossi è spietata e che le nostre eccellenze vanno protette e promosse.

L'Italia ha le carte in regola per restare nel gruppo di testa dell'avanguardia aerospaziale.

E, anche su questo fronte, il PNRR sarà una opportunità strategica di rilancio degli investimenti.

Una sfida epocale, da affrontare in un'ottica di Sistema Italia, ma senza mai prescindere dalla strutturale collaborazione con l'Unione europea.

Perché, per le sue dimensioni, le sue implicazioni e le sue poliedriche applicazioni, nella trincea dello spazio dobbiamo essere tutti arruolati dalla stessa parte.

In questo senso, lo spazio è forse l'ultima frontiera che dobbiamo affrontare come Nazione e insieme come Europa. Come comunità che, dalla Difesa all'apparato industriale, facendo rete tra Istituzioni, finanza, imprese e mondo della ricerca, vuole scommettere con forza in un settore che richiede tutta la nostra capacità visionaria e il nostro coraggio di investire nel futuro.

Perché quel futuro potrà diventare la nostra realtà domani solo se oggi riusciremo a coglierne le straordinarie potenzialità, con lungimiranza, pragmatismo e soprattutto con spirito di coesione.

Sono certa che il dibattito odierno offrirà un determinante contributo in questa direzione.

Auguro a tutti buon lavoro.



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