INCONTRO CON LA NAZIONALE DI CALCIO FEMMINILE
Autorità, signore e signori,
è con grande piacere che accogliamo oggi, per la prima volta nella storia, la nazionale di calcio femminile in Senato.
Un incontro importante e significativo per la nostra istituzione, così come importante e pieno di significati è il traguardo che le nostre atlete hanno raggiunto un anno fa, qualificandosi ai campionati mondiali di calcio femminile che tra pochi giorni si disputeranno in Francia.
Un risultato sportivo che mancava da vent'anni e che oggi assume una connotazione ancora più rilevante, se pensiamo che questo traguardo è arrivato a coronamento di un percorso di rilancio del nostro movimento calcistico femminile.
A più di quarant'anni dalla nascita della Federazione Italiana Calcio Femminile e dalla disputa del primo campionato nazionale, dopo tante stagioni contrassegnate da alterne fortune, oggi i numeri e i dati ci dicono che stiamo vivendo una sorta di "rinascimento" di questo sport che troppo a lungo è stato considerato una mera prerogativa maschile, finendo per essere relegato, di conseguenza, al panorama dilettantistico.
Le evoluzioni sociali e il difficile ma progressivo cammino di emancipazione della donna nella nostra società hanno "liberato" e "svincolato" le ragazze dai tanti cliché e pregiudizi che circondavano la pratica del calcio e ciò ha consentito, negli ultimi decenni, un avvicinamento graduale e sempre più numericamente considerevole a questa disciplina sportiva.
Se nel 1996 le atlete tesserate erano appena 8.800, oggi l'obiettivo dichiarato della Federazione di Calcio Femminile è di arrivare a quota 100 mila nel giro di qualche anno.
Un fenomeno che va considerato positivo sotto molti aspetti: tralasciando gli aspetti patologici del calcio declinato al maschile - la violenza negli stadi, il clima di aggressività sociale che troppo spesso lo circonda, una certa tendenza moderna dei club a privilegiare più gli aspetti legati al business che quelli squisitamente sportivi - il vecchio "football" resta innegabilmente uno sport meraviglioso e ispirato da valori nobilissimi: quasi una "scuola di vita" che insegna ai giovani a stare assieme, a rispettare le regole del gruppo, a stabilire relazioni umane nella logica dell'integrazione e della collaborazione, a garantire uguali opportunità a tutti i contendenti.
Un gioco basato sul rispetto dell'altro, che sul campo implica spirito di sacrificio e senso di responsabilità, che esige lealtà e altruismo e, per converso, respinge e sanziona invece cattiverie e scorrettezze, egoismo e viltà.
Insegnamenti che evidentemente anche le donne hanno imparato a conoscere e ad apprezzare nella pratica sportiva e non solo da spettatrici passive delle sfide calcistiche maschili.
I tempi in cui qualcuno ebbe a dire che "il calcio non è sport per signorine" sono lontani nel tempo e ormai sbiaditi nella memoria.
Se il calcio femminile italiano, ai suoi primordi, nel secondo Dopoguerra, come ci dicono le rare pagine di storia in materia, fu soprattutto un veicolo di trasmissione di amor patrio e di ricerca di consenso politico, oggi, in questa fase storica, il grande fermento che si registra attorno al movimento va interpretato come un segno di mutamento sociale e di un conseguente cambio di approccio da parte delle società.
I "club" hanno capito di dover puntare sulla "professionalizzazione" investendo tempo e risorse economiche a medio e lungo termine e i vertici federali hanno deciso di dedicare la giusta attenzione e dare maggiore fiducia alle nostre calciatrici.
Non è un caso, e su questo voglio rivolgergli un plauso doveroso, che il Presidente della FIGC Gabriele Gavrina, la massima autorità calcistica italiana, tra i primi atti dopo il suo insediamento, abbia voluto incontrare la Nazionale di calcio femminile, suggellando di fatto un nuovo corso contrassegnato da strategie e investimenti mirati per arrivare ad obiettivi ambiziosi.
Una scelta che sembra stia ripagando in termini di risultati: adesso spetta alle nostre ragazze farsi onore nella competizione internazionale, restituendo orgoglio e speranza a tutti i tifosi e agli appassionati di calcio che nel nostro Paese hanno dovuto subire lo smacco di una nazionale maschile che all'ultima Coppa del Mondo non è riuscita a riqualificarsi.
Al di là degli obiettivi sportivi che la Federazione e la squadra si pongono legittimamente, l'augurio che qui a Palazzo Madama voglio esprimere è che questa partecipazione ai Mondiali rappresenti in ogni caso un punto di partenza e non di arrivo per il movimento calcistico femminile.
Il calcio, nel nostro Paese, oltre che un'importante industria dello spettacolo, resta uno straordinario protagonista sociale capace di accendere i cuori e il senso di appartenenza degli italiani.
Restituiamogli questa dimensione e avremo già vinto.
Consentitemi, adesso, prima di concludere, di salutare e ringraziare per la loro presenza il presidente federale Gabriele Gravina, la vicepresidente della Lega Pro Cristiana Capotondi, il commissario tecnico delle "azzurre" Milena Bertolini, la dirigente Barbara Facchetti e tutto lo staff.
A tutti loro e alle nostre calciatrici ho il piacere di fare un grande "in bocca al lupo" a nome di tutti gli italiani, nella certezza che, nella prestigiosa competizione nella quale si andranno a cimentare, sapranno rappresentare il Paese al meglio.