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Il Presidente: Discorsi

Incontro con la Comunità Ebraica di Roma

Discorso pronunciato al Tempio Maggiore

Signor Rabbino Capo di Roma, signora Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche in Italia, signora Presidente Comunità Ebraica di Roma, signore e signori,

è per me un vero onore poter rivolgere oggi, dal Tempio Maggiore - il luogo a voi più caro - il saluto mio personale e quello del Senato della Repubblica italiana.
Lo faccio con commozione e con emozione, ben consapevole della storia illustre e al tempo stesso dolorosa della Vostra comunità, parte integrante dell'identità nazionale italiana, da sempre luogo di cultura, di tolleranza, di servizio leale alle istituzioni, ma anche vittima di vergognose persecuzioni e discriminazioni in una delle pagine più oscure della nostra storia nazionale.

Sin dal giorno del mio insediamento si è creato un ideale ponte di dialogo e di reciproca stima, basato sulla comune visione della storia e sulla condivisione dei principi cardine alla base del nostro Stato di diritto.
Il legame inscindibile che la storia ci ha consegnato ha bisogno di essere ogni giorno nutrito, rafforzato, raccontato.
Solo così il dono della memoria potrà essere tramandato alle future generazioni in modo da poter essere il pilastro sul quale basare un futuro senza più odio, senza discriminazioni. Un futuro di pace.
L'educazione a tali principi diventa fondamentale per fornire ai nostri giovani gli strumenti culturali necessari per approfondire, studiare, conoscere. La formazione è da sempre un obiettivo prioritario della vostra Comunità, mirabilmente rappresentato dagli sforzi fatti già dall'immediato dopoguerra per la riapertura dal 1945 delle scuole ebraiche nella città di Roma.
Una rinascita dello spirito, dopo gli orrori incancellabili vissuti nel ventennio precedente.
Le leggi razziali restano - a 80 anni dalla loro emanazione - una pagina di vergogna per la nazione italiana. Il danno che fu apportato alla cultura del nostro Paese da quella pagina ignobile fu incalcolabile. Benedetto Croce sulla sua rivista, "La critica", condannò tale follia quale "frutto di un'intolleranza che costituiva la più completa negazione degli ideali di libertà e di umanità".
Proprio ottant'anni fa, nel luglio del '38 iniziò l'espulsione da tutte le scuole italiane.
L'offensiva contro gli ebrei si spostò quindi all'interno della burocrazia ministeriale ed investì poi le stesse libere professioni.

La patria inizia a morire e va verso la rovina proprio in quei giorni di luglio del '38 con l'approvazione di leggi estranee alla storia nazionale dello stato italiano, alla sua ispirazione risorgimentale e al costume stesso degli italiani.
Come bene scrisse Giovanni Spadolini "il riscatto della patria coincise - non dimentichiamolo mai - col no risoluto ad ogni razzismo comunque mascherato e comunque dissimulato" e fu proprio Giovanni Spadolini, da Presidente del Senato, nel cinquantesimo anniversario di quelle leggi della vergona, a voler promuovere una ricerca sull'abrogazione delle leggi razziali in Italia con il sottotitolo significativo "Reintegrazione dei diritti dei cittadini e ritorno ai valori del Risorgimento".
Un volume pubblicato dal nostro Servizio Studi che abbiamo di recente ristampato in occasione del Giorno della Memoria.

Nel solco di questa tradizione sono qui oggi a rendere omaggio al contributo delle Comunità ebraiche alla nostra vita nazionale. Voi eredi di una millenaria tradizione avete dato un apporto essenziale alla costruzione dello Stato italiano e allo sviluppo della cultura nazionale e non solo, a tutti e ai più alti livelli. Consentitemi a tal proposito di evidenziare - tra le tante personalità che a buon diritto potrebbero essere ricordate - la figura di Umberto Terracini, presidente dell'Assemblea costituente, figura fondamentale nella costruzione dell'architettura democratica repubblicana.

Lo scorso 4 giugno, avendo avuto l'onore di intervenire in qualità di ospite d'onore alle celebrazioni per i 70 anni dalla nascita dello Stato di Israele, evidenziai come la Repubblica italiana e Israele siano sorti dalle ceneri e dal dolore della 2° Guerra mondiale, a dimostrazione che la vita, la giustizia, la speranza, pur nelle difficoltà più estreme, non possano che trionfare ed affermarsi.
La stessa intesa che regola i rapporti tra la Repubblica e l'Unione delle Comunità israelitiche, anche a distanza di trent'anni, rappresenta un documento che non solo dà piena attuazione ai principi stabiliti dall'articolo 8 della nostra Costituzione, ma è un modello nei rapporti tra formazioni sociali e le istituzioni dello Stato.

Questa vostra esperienza ha dato un contributo decisivo alla crescita del Paese, anche per un più maturo pluralismo religioso che si manifesta nel contributo attivo fornito a progetti sociali e culturali ambiziosi. Mi piace citare la straordinaria esperienza del progetto di traduzione del Talmud babilonese.
Voi come Unione delle Comunità ebraiche siete stati parte attiva di un progetto che costituisce uno straordinario arricchimento del patrimonio culturale italiano e si pone all'avanguardia per l'uso di tecnologie sofisticate al servizio della cultura.
Una tradizione e una cultura millenaria si ritrovano così proiettate vero le sfide più avanzate della scienza contemporanea.

In conclusione, rinnovandovi i sensi dell'amicizia che ci lega e confermando la piena disponibilità a costruire insieme nuovi percorsi di dialogo e collaborazione, mi piace ricordare come nella vostra lingua, così come nella vostra tradizione, si saluti con la parola più bella di tutte, che prendo in prestito con un sentimento di gratitudine e rispetto: SHALOM.



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