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Il Presidente: Discorsi

Il Parlamento italiano da Firenze a Roma. Il ruolo delle assemblee elettive nella società che cambia

Discorso d'apertura del Presidente del Senato, Elisabetta Casellati, al convegno a Palazzo Vecchio a Firenze

Buongiorno a tutti.
Ho accolto con piacere l'invito ad aprire questo prestigioso convegno sul ruolo del Parlamento e delle assemblee elettive nella storia del nostro Paese. Un viaggio di un secolo e mezzo che, dalla progressiva definizione del sistema parlamentare nell'Italia risorgimentale ci offre lo spunto per un ragionamento sulla natura della democrazia contemporanea in un mondo che muta rapidamente.
Un mondo nel quale cambiano gli strumenti della rappresentanza e la qualità della partecipazione dei cittadini al dibattito pubblico e ai processi democratici.
Desidero ringraziare per l'invito il Sindaco Dario Nardella e il Presidente Luca Milani e salutare il presidente Eugenio Giani, i parlamentari, le autorità e tutti gli ospiti.
È molto significativo che il nostro viaggio nella storia dell'istituzione parlamentare si svolga proprio a Firenze.

Capitale d'Italia durante una delle fasi più delicate del Risorgimento, ma anche capitale di arte, scienza, cultura, innovazione! Una città dalla tradizione antichissima, eppure da sempre all'avanguardia, che ha saputo fare tesoro delle eccellenze del passato per interpretare il cambiamento con intelligenza e intraprendenza.
Lo si respira in questo Palazzo, che per sei anni ha ospitato la Camera dei deputati, così come agli Uffizi, dove si riuniva il Senato regio.

In questo scenario di grande valenza simbolica, ritrovarci insieme oggi è una bella occasione per ricordare tre importanti anniversari: i 160 anni dalla proclamazione dell'Unità d'Italia; i 150 dalla legge che ne ha trasferito la capitale a Roma; i 75 dallo storico Referendum istituzionale che segna la nascita della nostra Repubblica.
Alla memoria delle grandi tappe della nostra storia istituzionale si unisce però un interrogativo sullo stato di salute del modello di "democrazia rappresentativa" che l'Assemblea costituente ci ha affidato come garante di un preciso patrimonio di valori, principi e diritti fondamentali.
Il modello, a livello nazionale, è incardinato nella centralità del Parlamento, simbolicamente collocato nella Costituzione prima di tutti gli altri organi costituzionali. La Costituzione stessa gli affida tanto la titolarità della funzione legislativa, quanto quella di indirizzo politico e di controllo dell'azione di governo. Il Parlamento è il luogo del confronto e della decisione perché è la diretta emanazione del principio di sovranità popolare sancito nell'articolo 1 della Costituzione.

Organo di diretta rappresentanza della volontà popolare, il Parlamento è diventato anche il simbolo più forte di quella unità nazionale che, come Italiani, abbiamo conquistato nel Risorgimento e ricostruito dopo il crollo del fascismo e la Seconda guerra mondiale.
Ce lo ricorda l'articolo 62 della Costituzione, cui si ispira anche questo convegno, quando dice che "i parlamentari rappresentano la nazione", ovvero tutti i cittadini.

Questa è la grande scommessa di una istituzione aperta alle differenze, al pluralismo di idee, allo scontro tra visioni contrapposte e insieme votata a trasformare la molteplicità in unità di intenti.
Perché in democrazia governa la maggioranza, ma lo fa attraverso il dialogo: nell'esercizio quotidiano della mediazione e nel dialogo intelligente e costruttivo tra tutti gli attori della politica, a cominciare dalle forze di opposizione.

Un modello di democrazia rappresentativa, quello del nostro Parlamento, che nel corso dei decenni si è diffuso e radicato sul territorio, nelle tante assemblee elettive chiamate a dare voce alle singole comunità locali.
Ciò che distingue il Parlamento, come i Consigli Regionali e Comunali, dalle altre istituzioni rappresentative è, insieme all'elezione diretta, il requisito fondamentale della pubblicità dei processi decisionali. Una caratteristica, quella della trasparenza, che soltanto il dibattito assembleare può assicurare, nel confronto tra le forze politiche in aula e attraverso il voto.

Mi preme sottolineare questo aspetto della pubblicità dei lavori parlamentari tramite i resoconti o la diretta Tv, come non avviene invece per i lavori che portano all'approvazione di tutti gli atti del Governo.
Se questa è la matrice dell'istituzione parlamentare come istituzione di garanzia di un intero quadro di valori costituzionali, i grandi cambiamenti del contesto politico, economico e sociale che hanno interessato il nostro Paese specialmente negli ultimi trent'anni hanno messo sotto forte pressione le nostre assemblee elettive.
Penso alla crisi dei partiti, che ha inciso con forza sugli equilibri istituzionali nell'esercizio della funzione legislativa, di indirizzo e controllo.
Penso al progressivo rafforzamento del ruolo dell'esecutivo e alla richiesta di un'azione di governo più fluida ed efficace, che hanno determinato la progressiva marginalizzazione del Parlamento come sede di negoziazione legislativa. Ne sono testimonianza la forte riduzione della legislazione ordinaria d'iniziativa parlamentare e la sempre maggiore compressione dei tempi per la discussione dei provvedimenti, in Aula e nelle Commissioni.

L'esigenza di governare si è tradotta nell'urgenza di legiferare.
E il decreto-legge, atto che nelle intenzioni dei costituenti deve avere natura eccezionale, è diventato lo strumento preferenziale per tradurre gli indirizzi politici di governo in norme legislative.
I provvedimenti sono spesso semplicemente "ratificati" dalle Camere, attraverso il ricorso a voti di fiducia che di fatto privano gli eletti del potere di incidere sul contenuto delle leggi.

Una deviazione dai binari del giusto procedimento legislativo indicato dalla Costituzione, che rende urgente la domanda su come conciliare le esigenze di una democrazia moderna con la salvaguardia dei valori fondamentali della identità costituzionale.
Ci sono poi alcune considerazioni che desidero condividere con voi alla luce della mia esperienza di Presidente del Senato in quella che è stata - principalmente a causa dell'emergenza sanitaria - una delle legislature che più hanno messo in difficoltà il ruolo del Parlamento come cardine del dibattito politico. E che hanno aggravato quella tendenza alla perdita di centralità cui accennavo.
Penso, in particolare, a come nella fase più acuta della pandemia siano state adottate misure che hanno inciso pesantemente sui diritti e sulle libertà fondamentali dei cittadini.
Una forzatura del sistema costituzionale che spero davvero il nostro Paese si sia lasciato alle spalle.
Penso anche alle forzature che abbiamo sperimentato nell'uso della decretazione d'urgenza. Mi auguro che il Governo e le forze politiche che lo sostengono si facciano rigorosi interpreti dell'invito recente del Presidente Mattarella a un uso più conforme a Costituzione.

E che contributi utili in questa direzione possano arrivare dalla riforma dei regolamenti che il Senato, come la Camera, sta affrontando per adeguare il proprio funzionamento alla modifica costituzionale del numero dei parlamentari.
Sarebbe il segno di un rinnovato riconoscimento della centralità del Parlamento: centralità politica, non solo formale e istituzionale!
Adesso che riprendono le attività economiche, sociali e culturali e torna a vibrare nel Paese un fermento di laboriosa normalità, anche il nostro Parlamento può recuperare la pienezza della sua centralità nel sistema della democrazia rappresentativa.
E l'occasione è proprio il PNRR, come ho già avuto modo di dire, laddove le Camere hanno un ruolo strategico perché devono controllare che le riforme siano davvero attuate.
La nostra riflessione sul ruolo del Parlamento come sull'opportunità di una più efficace integrazione tra autonomia degli enti territoriali e poteri del legislatore deve partire proprio da qui.

Occorre restituire qualità al dibattito parlamentare e insieme migliorare la possibilità di azione delle assemblee elettive nei territori, dando ai cittadini istituzioni più partecipate ed efficienti nelle quali potersi riconoscere, in grado di rispecchiare e al contempo garantire i valori del pluralismo dando voce anche a tutte le minoranze.
E c'è un altro elemento, che va persino oltre il processo legislativo e il lavoro d'Aula. Un elemento per così dire "esterno", ma decisivo.

L'unità della Repubblica, la sovranità popolare, la centralità del Parlamento devono tener conto anche dei nuovi linguaggi del dibattito pubblico, che si svolgono sempre più insistentemente in quel mare magnum incontrollato che è la Rete.
Il Parlamento deve tornare a essere il fulcro della politica nazionale, sia sul fronte del dibattito pubblico e democratico, sia su quello della concreta attività legislativa, di indirizzo e di controllo.

Ecco, questi sono alcuni dei temi con cui penso sia necessario confrontarsi per affrontare il problema dei problemi: il ritorno a una vera centralità del Parlamento. Al concerto di idee e opinioni diverse che diventa il perno della decisione pubblica, perché è questo che ci chiede il principio di sovranità popolare. Nella trasparenza e pubblicità.
Rigorosamente sotto gli occhi degli italiani!
Auguro a tutti buon lavoro!



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