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Il Presidente: Discorsi

High Level Meeting sul tema "Freedom from Violence: Peace, Security and Conflict Prevention in the 2030 Development Agenda"

L'intervento del Presidente Casellati

Autorità, signore e signori,
è con estremo piacere che ho accolto la proposta del presidente Frattini di ospitare in Senato la cerimonia inaugurale di questo incontro internazionale dedicato alla libertà dalla violenza. Auguro il benvenuto a Roma agli autorevoli ospiti che animeranno questo incontro organizzato dalla Società italiana per l'organizzazione internazionale e dal Centro internazionale intitolato a un grande poeta e filosofo azero del XII secolo, Nizami Ganjavi.
Scritti e commenti alla sua opera sono presenti nelle collezioni della biblioteca del Senato.
Sono rimasta colpita dalla modernità del pensiero di questo autore che scriveva oltre 800 anni fa. Un pensiero profondo, ricco di insegnamenti oggi più che mai attuali.
Vi è chi lo ha paragonato al nostro Dante. Come Dante il poeta Nizami visse in un periodo attraversato da grandi conflitti, ma con una aspirazione cosmopolita; come Dante visse le vicende di un mondo antico chiuso pensando a un mondo aperto, nuovo.
Raccontando le avventure di Alessandro Magno - in un libro dedicato al sovrano dell'Azerbaigian - vede nell'esperienza del grande condottiero l'aspirazione a un ideale sovranazionale, fondato sul dialogo e sul rispetto tra i popoli.
Illuminante un passaggio in cui, rispondendo ad un sapiente indiano, Alessandro afferma: "la sfera rotante del cielo è bicolore (bianco-nero, notte e giorno): non cercare in essa dunque un solo colore! E anche il sole brilla in due modi sulla terra. Verso la Cina brilla di bianco in modo da colorare gli abitanti e verso l'Africa li colora di nero".

Il valore del rispetto tra i popoli e delle differenze non poteva essere espresso meglio di quanto fece il poeta ben ottocento anni fa!
Nel segno di queste profonde aspirazioni umanistiche si muove il vostro incontro di oggi. Credo sia anche simbolicamente importante che una sessione dei vostri lavori si svolga in questa sala, in questo palazzo - Palazzo Giustiniani - dove fu firmata oltre 70 anni fa la Costituzione della Repubblica italiana.

Uscito da un devastante conflitto mondiale e dall'esperienza di uno stato totalitario che aveva soppresso le libertà civili, il popolo italiano si è dato una Costituzione che ha voluto garantire in modo pieno i diritti inviolabili dell'uomo e con esemplare chiarezza ha affermato i diritti di libertà.
Tra i principi fondamentali, la nostra Costituzione - memore delle esperienze del passato - fissa quello secondo il quale "l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".
Un principio che è il fondamento della politica estera del nostro Paese.

L'altro principio fondamentale è quello - sempre iscritto nell'articolo 11 della nostra Carta fondamentale - secondo il quale l'Italia "consente, in condizione di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessario ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni, e promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
Sono dunque la cooperazione internazionale, la costruzione di organizzazioni internazionali efficienti, gli strumenti essenziali individuati dal nostro Costituente per realizzare un ordinamento che assicuri pace e giustizia tra le nazioni.

Pace, giustizia, sicurezza e prevenzione dei conflitti sono i temi che avete scelto quale oggetto della vostra riflessione.
Allargando la prospettiva avete giustamente legato questi temi alla più generale questione della, e cito, "libertà dalla violenza".
Tanti episodi che costellano la nostra esperienza ci ricordano che la violenza non è più un problema che riguarda le sole aree del mondo in conflitto o dalla geopolitica fragile.
Anche nella nostra Europa e, più in generale, in Occidente, viviamo un'epoca di forti contrasti, di un confronto fondato su posizioni diverse apparentemente inconciliabili che finiscono per generare violenza: violenza verbale, ma anche purtroppo fisica.
Queste constatazioni rendono ancor più attuale il tema del vostro convegno.
Il modo migliore infatti per negare la violenza e promuovere la pace sta nell'affermare i valori civili e democratici iscritti nella Carta delle Nazioni Unite.

Questa è la lezione fondamentale che i nostri padri hanno tratto dalla tragedia del secondo conflitto mondiale. Per noi in Europa, per i nostri Paesi, la prima risposta è stata quella dell'integrazione europea.
Nonostante i suoi limiti strutturali e la necessità di riforme che la stessa Presidente della nuova Commissione europea Ursula von der Leyen ha ricordato, l'Unione europea resta l'impresa collettiva meglio riuscita fra le costruzioni politiche degli ultimi secoli nel nostro continente.
Un continente lacerato per secoli da guerre, anche di carattere religioso, grazie al processo di integrazione è divenuto uno spazio di sicurezza, libertà e giustizia e ha trovato così finalmente un assetto pacifico che ha garantito lo sviluppo dei nostri Paesi.

Non può esserci infatti sviluppo senza pace, ma allo stesso modo non può esservi pace senza sviluppo.
Da ciò l'importanza dell'"Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile" che voi giustamente richiamate nel titolo del vostro incontro.
Nel settembre del 2015 i governi di 193 Nazioni hanno sottoscritto questo programma ambizioso di azione articolato in 17 obiettivi di sviluppo sostenibile da realizzarsi entro il 2030.
L'Italia è stata tra i paesi promotori di questa iniziativa che sin dal suo preambolo chiarisce che "lo sviluppo sostenibile non può realizzarsi senza pace e sicurezza e che pace e sicurezza sono a rischio senza sviluppo sostenibile".

Questi obiettivi intendono essere una base comune da cui partire per dare a tutti la possibilità di vivere in un mondo, appunto, sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Un impegno verso il quale in particolare i giovani richiamano la nostra attenzione. Un impegno che si declina nell'azione di contrasto verso i fattori che causano violenza, insicurezza, instabilità, ingiustizia; contrasto delle diseguaglianze, della corruzione, dell'isolamento sociale, etnico e religioso.

Ma per essere all'altezza di questi impegni, che i nostri Paesi hanno assunto in modo così solenne, io credo che occorra innanzitutto lavorare sulla credibilità e l'autorevolezza dell'azione della politica.
Credo che un convegno come il vostro, che riunisce tanti attori così autorevoli, che hanno avuto e hanno responsabilità sulla scena politica internazionale, possa dare un utile contributo di riflessione, nel segno della comune aspirazione per una società internazionale capace di assicurare - come recita la Costituzione italiana - "la pace e la giustizia tra le Nazioni".



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