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Il Presidente: Discorsi

Festa della Liberazione

Discorso pronunciato a Padova

Signor Sindaco, Autorità, signore e signori,
è per me un vero onore portare il mio saluto personale e quello del Senato della Repubblica alle celebrazioni organizzate dal Comune di Padova per il 74esimo anniversario della Liberazione.

Quella di oggi è e deve essere, soprattutto, una Festa.
La Festa della speranza, della civiltà.
La Festa di tutti coloro che credono nei principi che sono alla base del nostro Stato di diritto, di tutti coloro che si riconoscono nella comunità internazionale e nei valori che ne ispirano l'operato.
La Festa di chi ha creduto nella rinascita del nostro Paese e nell'Europa come fulcro di pace tra i popoli e di benessere sociale.

Festa e Liberazione dunque, due parole bellissime, che insieme assumono per tutti noi il valore insopprimibile della libertà, dei diritti umani, sociali, politici.
Una Festa che nel 1945 a Padova, così come in tutto il Veneto, fu sostanzialmente attesa più che in ogni altra parte del Paese. Ci fu infatti bisogno di attendere altre tragiche ed eroiche giornate per poter celebrare la fine dell'occupazione; un esito reso possibile grazie al sacrificio di migliaia di partigiani e alleati che costrinsero le ultime armate nazi-fasciste ad arrendersi siglando le rese incondizionate, concretizzandone finalmente il definitivo allontanamento.

Fu proprio il comando Alleato, in relazione alle battaglie del 27 e del 28 aprile, a definire "l'insurrezione di Padova come un vero modello di cooperazione fra le truppe armate e i reparti dei patrioti". Nelle ore precedenti era stata liberata Verona, in quelle successive sarà la volta di Venezia e delle altre località ancora vittime dell'oppressione.

Il simbolo della nostra città fu senz'altro l'Università, "tempio di fede civile e presidio di eroica resistenza", insignita per la sua indomita lotta Medaglia d'oro al valore militare. Ed è proprio con il pensiero rivolto a quella gioventù universitaria che vorrei dedicare la ricorrenza che celebriamo oggi ai giovani, a coloro che rappresentano il presente ed il futuro di questa città e dell'intera Nazione.

Il 25 aprile è innanzitutto la loro Festa, perché i valori che ispirarono i giovani in quelle drammatiche fasi della storia sono gli stessi valori posti a fondamento della nostra Costituzione e della vita dell'intera comunità nazionale.

È anche per questo che è giusto e doveroso tramandare la storia alle future generazioni; la memoria nazionale è infatti il principale baluardo affinché le tragedie vissute nel novecento non possano più accadere, non possano più ripetersi.

Le Istituzioni tutte devono farsi carico di approfondire, spiegare, raccontare cosa significò la privazione della libertà, l'instaurazione della dittatura, la vergognosa politica razziale, la tragica deriva della guerra.
Così come c'è bisogno di far conoscere le storie e il coraggio di chi non si piegò al regime, chi seppe resistere, chi sacrificò la propria vita per il bene comune, per la costruzione di quell'Italia democratica e pacificata che noi abbiamo ereditato e che dobbiamo ogni giorno preservare e amare.
Dobbiamo credere nella forza della verità, nella forza della storia, e non smettere di difendere e proteggere quelle che sono le nostre radici, il lascito dei nostri padri.

Personalmente porterò sempre con me l'insegnamento di mio padre. Appartenente alla Polizia di Stato, fu condannato a morte dal regime e liberato proprio il 25 aprile del 1945.
Non ebbe mai dubbio alcuno.
La sua fedeltà allo Stato, all'Italia, non gli permise di piegarsi e accettare disposizioni che andassero contro i cittadini.
Il suo ricordo, il suo esempio, fu per me e per i miei fratelli la migliore educazione alla tolleranza, alla libertà, al rispetto degli altri, alla pace.

La Liberazione è anche il frutto di tante storie come questa, di storie di italiani che dobbiamo onorare e tramandare, insieme a quei valori di libertà e democrazia che ne rappresentano la più preziosa eredità.



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