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Il Presidente: Discorsi

Consiglio Nazionale Forense: inaugurazione Anno Giudiziario 2019

Intervento del Presidente del Senato

Autorità, Colleghi avvocati, Signore e Signori,

ho accolto con grande piacere l'invito ad aprire questa importante cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario del Consiglio Nazionale Forense.

Saluto il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, avvocato Andrea Mascherin, il Presidente della Corte Costituzionale, il Ministro della Giustizia, il Primo Presidente della Corte di Cassazione e il Presidente del Consiglio di Stato.

Essere qui oggi mi consente di portare a tutti voi il mio saluto personale e dell'Istituzione che rappresento.

Soprattutto mi offre l'opportunità di condividere con voi alcune riflessioni sull'evoluzione giuridica, istituzionale e sociale del ruolo dell'avvocatura e sulle prospettive future della professione forense, alla luce dell'attuale dibattito parlamentare.

Una riflessione che deve necessariamente calarsi in un quadro normativo estremamente frammentario e disarticolato come quello che oggi continua a caratterizzare il nostro ordinamento giuridico.

Una frammentarietà che trova la sua causa principale nella progressiva e talvolta incontrollata stratificazione di leggi speciali tese a tamponare emergenze o inseguire esigenze congiunturali piuttosto che a dare coerenza e integrità strutturale al sistema stesso.

Un quadro ulteriormente complicato dallo spazio sempre più ampio rimesso all'attività interpretativa e di supplenza della magistratura, anche attraverso il confronto tra Corti nazionali e Corti sovranazionali.

E' innegabile, infatti, che sempre più spesso la protezione dei diritti e l'affermazione di nuovi diritti avvenga sul piano giurisprudenziale ancora prima e a prescindere dal loro stesso esplicito riconoscimento sul piano normativo.

In tale contesto di forte disorientamento soprattutto per i cittadini, che sono i primi destinatari delle norme, non deve tuttavia venire meno in capo alle Istituzioni, specie quelle rappresentative, e agli operatori giuridici - tra cui rientrano in primo luogo proprio gli esponenti dell'avvocatura - l'ambizione e l'aspirazione a un ordinamento che si faccia garante del rispetto del canone fondamentale della certezza del diritto.

Una certezza che si pone sempre quale valore fondamentale dell'ordinamento, presupposto per la sua tenuta complessiva e per la piena realizzazione dei principi costituzionali di uguaglianza, di legalità e di garanzia del giusto processo.

In tale cornice diviene quindi necessario riconoscere come la professione forense abbia acquisito nel tempo una valenza irrinunciabile tanto sul piano dell'assistenza legale quanto - e soprattutto - sul fronte della sua stessa necessità sociale.

Una prospettiva che evidenzia la rilevanza pubblica del ruolo dell'avvocatura e che porta inevitabilmente a interrogarsi sulla sua formalizzazione nel dettato costituzionale come approdo naturale del suo processo di evoluzione.

Per queste ragioni guardo con particolare attenzione al percorso parlamentare che sta per avviarsi - proprio in Senato - in relazione al disegno di legge di modifica integrativa dell'articolo 111 della Costituzione.

Si tratta, in verità, di costituzionalizzare principi già formalmente sanciti nella legge sulla professione forense che, nella mia precedente funzione di Sottosegretario di Stato alla giustizia, ho fortemente voluto e sostenuto.

Principi che trovano inoltre puntuale riscontro nel diritto internazionale e nella legislazione sovranazionale.

Come ad esempio, nell'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali che riconosce alla difesa tecnica una funzione imprescindibile per l'esplicazione del più generale diritto di difesa.

Una funzione affidata al difensore proprio in considerazione della sua duplice utilità di tutela di un diritto individuale fondamentale e come espressione dell'interesse generale dell'ordinamento e della collettività all'amministrazione della giustizia.

Un riconoscimento che si ritrova peraltro anche nell'articolo 47 della cosiddetta Carta di Nizza sui diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché nella "Risoluzione del Parlamento europeo sulle professioni legali e l'interesse generale nel funzionamento dei sistemi giuridici" del marzo 2006.

In quest'ultima, in particolare, si sottolinea il valore "cruciale" delle professioni legali "in una società democratica al fine di garantire .... lo Stato di diritto e la sicurezza dell'applicazione della legge".

Una crucialità che - a dire il vero - si rinviene anche - sia pure in modo implicito - nello spirito di cui è permeata la stessa Costituzione.

A tale riguardo, occorre infatti ricordare che la Costituzione non si limita a considerare la professionalità dell'avvocato quale risorsa a cui attingere per la copertura di cariche pubbliche - come previsto dagli articoli 104, 106 e 135 - ma la qualifica come espressione concreta della inviolabilità del diritto di difesa.

Più in particolare, la Corte costituzionale ha più volte evidenziato l'utilità imprescindibile della funzione della difesa tecnica, specie laddove l'articolo 24 della Costituzione "ha come finalità essenziale quella di garantire a tutti la possibilità di tutelare in giudizio le proprie ragioni".

Ed è proprio in forza di questa essenzialità che "per il nostro ordinamento positivo, il diritto di difesa nei procedimenti giurisdizionali si esercita, di regola, mediante l'attività o con l'assistenza del difensore".

A questa essenzialità della figura dell'avvocato nell'ambito giurisdizionale si aggiunge inoltre la specificità della professione legale nell'assetto ordinamentale.

Come la Consulta ha infatti osservato in altre occasioni: "gli avvocati, per il fatto dell'esercizio della professione, si trovano in una posizione che ha aspetti di peculiarità che oggettivamente la differenziano da quella di tutti gli altri prestatori di opera intellettuale".

Se dunque la singolarità di tale professione, direttamente collegata a valori costituzionali fondamentali, appare un dato acquisito anche alla giurisprudenza della Corte, non sembrano esserci ragioni per non riconoscere anche sul piano costituzionale l'obbligo della difesa tecnica e la garanzia che l'avvocato possa esercitare la propria attività in posizione di libertà, autonomia e indipendenza.

Condizioni indispensabili per l'effettività della difesa e della tutela dei diritti.

Tale riforma avrebbe inoltre l'indubbio pregio di introdurre l'avvocatura in un nuovo orizzonte istituzionale, professionale e culturale.

Un orizzonte determinato non tanto dalle dinamiche privatistiche del mercato quanto dalla finalizzazione alla realizzazione di quei valori costituzionali che sono alla base della coessenzialità della professione forense con la giurisdizione.

Auspico quindi che su questo tema si sviluppi in parlamento un dibattito responsabile e aperto al contributo di tutti i soggetti coinvolti e, in particolar modo, proprio degli organismi rappresentativi dell'avvocatura.

Un dibattito che sia occasione per realizzare quelle sinergie oggi più che mai necessarie per completare la piena attuazione dei principi del giusto processo nell'interesse dei cittadini e di tutto l'ordinamento.

Grazie a tutti.



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