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Il Presidente: Discorsi

Cerimonia per i 10 anni dell’alta velocità Torino-Salerno

Discorso pronunciato presso l'Impianto di manutenzione dei treni ad alta velocità di Roma

Buonasera a tutti,
è per me una grande emozione partecipare alle celebrazioni per il decimo anniversario del completamento della direttrice ferroviaria ad alta velocità Torino-Salerno.

Gli interventi del Presidente Conte, del Ministro De Micheli, del Ministro Franceschini, del Presidente Castelli, del Direttore Battisti; i contributi di Giuseppe Marotta, di Fabio Volo, di Massimo Giletti; la vostra partecipazione; tutto quello che ho visto e sentito questa sera ha rafforzato in me la convinzione di come sia profondo il legame tra le Ferrovie, il nostro Paese e tutti i cittadini.
Un legame che affonda le radici nella storia di una penisola che ancora non era Nazione, ma che - anche grazie all'introduzione dei trasporti su strada ferrata - ha acquisito una coscienza nazionale prima ancora che una forma istituzionale.

In tale prospettiva, non si può quindi guardare al decennale del completamento dell'Alta Velocità Torino-Salerno senza ricordare come la tensione innovatrice che ne ha ispirato la realizzazione trovi la sua esegesi ideale, politica e progettuale nell'inaugurazione - esattamente 180 anni fa - della tratta Napoli - Portici.
Fu infatti proprio negli anni in cui - nel Regno delle Due Sicilie - si progettava e si avviava la realizzazione di questo primo tratto di strada ferrata che iniziò a prendere forma e a diffondersi l'idea di una via innovativa, commerciale, sociale e culturale, all'unità territoriale che potesse affiancare l'azione dei Governi e delle diplomazie.
Camillo di Cavour era fermamente convinto che "ferrovia" e "Nazione" fossero elementi inscindibili nell'ambito di un comune percorso di crescita e di prosperità; sia per promuovere un regime di libero commercio, sia per favorire la formazione tra la popolazione di una consapevolezza identitaria nazionale capace di superare ogni barriera e ogni confine.

Del resto, sin dai loro primi passi, le ferrovie si presentavano come uno strumento straordinario per mettere in contatto le città e i territori.
Una connessione che avrebbe favorito l'incontro, il dialogo e la condivisione tra culture e tradizioni profondamente diverse tra loro. Non a caso, fu proprio a bordo di un treno che Giuseppe Garibaldi entrò a Napoli il 7 settembre 1860.
E dalla proclamazione dell'unità d'Italia, la rete ferroviaria si è rivelata un sistema circolatorio indispensabile per la crescita, il progresso e la modernizzazione del Paese.
Fu soprattutto per questi motivi che il tema della nazionalizzazione delle Ferrovie divenne uno dei punti centrali del dibattito politico di fine ottocento.
Vi si arrivò nell'aprile del 1905 e nel luglio di quell'anno nascevano le Ferrovie dello Stato: la prima e più grande realtà aziendale italiana e una delle prime aziende di Stato in Europa.
Un'operazione che portò evidenti benefici anche nell'organizzazione degli apparati pubblici e burocratici.
Questi poterono, infatti, ereditare immediatamente un know how di competenze manageriali altamente qualificate oltre che preziosi elementi di metodologia progettuale e di modernizzazione nella gestione dei servizi fino ad allora del tutto estranei alle dinamiche dei settori di intervento pubblico.

Peraltro, il treno non ha solo unito il Paese; il treno ha soccorso, aiutato e sostenuto più volte il Paese, soprattutto nei momenti più drammatici.
Penso all'apporto, irrinunciabile, che i trasporti su rotaia hanno dato durante i due conflitti mondiali per evitare che l'Italia cadesse nella paralisi sotto il peso delle privazioni, dei sacrifici e delle infinite difficoltà che quotidianamente affliggevano la popolazione civile.
Penso a tutte le volte in cui il contributo delle ferrovie si è rivelato decisivo in occasione di gravi calamità naturali, come nel Polesine durante l'alluvione del 1951 o in Friuli e in Irpinia, dopo i devastanti terremoti del 1976 e del 1980.
Ho voluto ripercorrere - seppur brevemente - alcuni passi nelle origini e nel passato delle Ferrovie dello Stato perché credo che - insieme alle testimonianze del presente - possano contribuire a migliorare la comprensione dei meriti e del "valore aggiunto" che questa azienda esprime da sempre e che anche oggi possiamo toccare con mano.

E lo possiamo fare in occasione di un anniversario importante.
Un anniversario che si celebra all'insegna di un impegno, di una capacità realizzativa, di un'eccellenza marchiata Italia.
Italiani sono i treni.
Italiano è il sistema della rete ferroviaria.
Italiana è la tecnologia.
Italiana è l'azienda che in questi dieci anni ha consentito a più di 300 milioni di viaggiatori di attraversare il Paese dal Nord al Sud in modo veloce, efficiente, sostenibile.
Italiano è l'orgoglio per quasi due secoli di traguardi raggiunti con pazienza, dedizione e costante tensione innovatrice.

Ed è da questo orgoglio che le Ferrovie dello Stato devono partire per guardare al domani.
Perché essere consapevoli dei propri meriti e del proprio ruolo centrale all'interno del sistema Italia e del sistema Europa significa anzitutto essere consapevoli che la chiave del successo risiede nella capacità di non smettere mai di essere ambiziosi.
Uno spirito che può ispirare investimenti e progetti lungimiranti e di qualità.
Uno spirito che è parte integrante del DNA di Ferrovie dello Stato e della sua indole pionieristica e aperta al futuro.
Un futuro che dovrà necessariamente proseguire verso l'implementazione di una mobilità sempre più integrata, evoluta e rispettosa dell'ambiente.

Ciò significa potenziare e - laddove necessario - modernizzare le infrastrutture esistenti.
Significa inoltre proseguire nello sviluppo di nuove e ancora più efficienti tecnologie per garantire la puntuale copertura di tutto il territorio nazionale e la piena circolazione delle merci e delle persone.
Un'operazione complessa e certamente non priva di difficoltà.
Ma - allo stesso tempo - una strategia irrinunciabile per affermarsi sui mercati come azienda leader nel settore dei trasporti e per sostenere la nostra economia e alcuni suoi fondamentali comparti.
Perché - e consentitemi questa breve riflessione finale - cosa c'è di più bello - di più sognante - che attraversare l'Italia a bordo di un treno?
Agatha Christie diceva che "Viaggiare in treno significa vedere la natura, gli uomini, le città, le chiese e i fiumi, insomma, la vita".

Se quindi l'Italia - il nostro Paese - è un'opera d'arte naturale e paesaggistica, allora il treno è un suo prezioso narratore.
Un narratore instancabile: una risorsa insostituibile per creare connessioni in grado di promuovere, dare visibilità e rendere raggiungibili a chiunque tutte le ricchezze del nostro patrimonio naturale, artistico e paesaggistico.
Un narratore che come Istituzioni abbiamo il dovere di ringraziare, valorizzare e sostenere, nell'interesse dell'Italia e di tutti gli italiani.
Grazie a tutti.



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