Open menu Close menu
Salta al contenuto principale
Il Presidente: Discorsi

Auguri alla Stampa parlamentare

Discorso pronunciato dal Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, a Palazzo Giustiniani

Buongiorno a tutti e grazie per la vostra presenza.

Grazie Presidente Di Fonzo per i numerosi ed interessanti spunti del suo intervento e grazie per le attività dell'Associazione stampa parlamentare nel centesimo anniversario della fondazione.
Il 2018 è stato un anno importante per l'Italia. Le elezioni politiche hanno determinato un assetto parlamentare inedito con la nascita di un Governo di coalizione dopo una lunga fase di consultazioni. Con la bocciatura da parte degli italiani del referendum costituzionale e il varo di una legge elettorale nuova, le istituzioni democratiche sono state chiamate ad affrontare uno snodo politico non prevedibile, certamente non semplice.

Eppure, anche grazie all'equilibrio e alla capacità di conciliazione del Presidente della Repubblica, al quale invio il mio saluto e il mio ringraziamento, il nostro sistema ha dimostrato una capacità di tenuta che alla vigilia non era affatto scontata.
Per queste ragioni non abbiamo necessariamente bisogno di riformare l'intero assetto repubblicano ma, in linea con le stesse previsioni costituzionali, appare auspicabile il miglioramento di singoli aspetti che con gli anni possono avere la necessità di aggiornamenti.
Come sapete, è stato lo stesso Governo a proporre due distinti disegni di legge per la riduzione del numero dei parlamentari e per l'introduzione dei referendum propositivi.

Personalmente ritengo che ridurre il numero dei deputati e dei senatori rappresenti un giusto segnale di razionalizzazione delle risorse pubbliche, che non intacca il doveroso e necessario rapporto tra eletto e comunità locale rappresentata.
Sul referendum propositivo le posizioni devono ancora delinearsi nella loro completezza, certamente registro come negli ultimi anni non siano mancati da parte dei cittadini segnali verso una più attiva partecipazione alla vita pubblica.
Questo è a mio avviso un punto dirimente anche rispetto al tema del malessere che si registra un po' in tutti i Paesi occidentali, con non banali manifestazioni di disaffezione e sfiducia nei confronti della classe politica e delle istituzioni.

Al di là infatti della comprensibile frustrazione nei confronti di congiunture economiche negative, la presenza attiva dei cittadini rappresenta sempre il miglior antidoto nei confronti di qualsiasi pulsione che punti a mettere in discussione i capisaldi del nostro Stato di diritto.
È la migliore garanzia che la democrazia liberale possa desiderare. Starà al dibattito parlamentare dei prossimi mesi stabilirne limiti e modalità, e sono certa che su questi temi il confronto tra le forze politiche possa essere franco e costruttivo.
Un esempio per tutti, senza voler entrare nel merito, è la manifestazione organizzata qualche settimana fa a Torino da 7 donne, 7 professioniste, ispirate dalla voglia di contribuire al dibattito sul futuro di quel territorio.

Quella piazza, senza tafferugli, senza incidenti e senza volgarità, delinea la differenza tra partecipazione attiva e violenza di piazza che, come ci ricorda il nostro passato, non può mai essere considerata accettabile. Un Paese dove ci si confronta con passione e civiltà, in cui l'unica differenza sono le idee, è un Paese che mostra una maturità apprezzabile e preziosa.
Ritengo inoltre che non sia più rinviabile un generale riassetto del sistema delle autonomie, anche alla luce del rispetto di quei principi di buon andamento - efficacia, efficienza, economicità - che devono sempre essere il faro dell'azione pubblica.
Gli enti locali vivono una fase difficile, tra risorse insufficienti, richieste di nuovi e più sviluppati servizi, difficoltà nell'utilizzo delle risorse formalmente a disposizione e procedure non sempre adeguate alle necessità e alle possibilità delle singole amministrazioni.

Nel cuore stesso dell'Europa, l'Italia sarà chiamata ad affrontare sfide su più terreni.
Alla vigilia di elezioni europee che potrebbero mettere in discussione equilibri, che nelle ultime legislature venivano considerati scontati, abbiamo il diritto e il dovere di rivendicare il ruolo che la storia dell'integrazione europea ha assegnato al nostro Paese.
Un ruolo certamente centrale che, anche in considerazione delle fibrillazioni in atto - Brexit, Francia, la stessa Germania - dovrebbe sempre partire da una constatazione di fondo: l'Italia ha bisogno dell'Europa, l'Europa ha bisogno dell'Italia. E per bisogno, sia chiaro, non mi riferisco alle eventuali convenienze del momento, ma al peso istituzionale, politico, strategico e culturale, che è evidentemente molto di più dei soli aspetti economici o di bilancio.

Ritengo da questo punto di vista incoraggiante il dialogo in corso tra il nostro Governo e Bruxelles, per evitare una procedura di infrazione e allo stesso tempo il perdurare di impostazioni solo basate sull'austerity a tutti i costi, da applicare sempre e comunque.
E se da troppi anni scontiamo una difficoltà nei conti dovuta essenzialmente ad un debito pubblico ben superiore ai parametri previsti, è pur vero che nonostante le recenti crisi finanziarie internazionali abbiamo da decenni ormai mantenuto un significativo avanzo primario. A dimostrazione che il Paese, nella vita reale, non ha un livello di spesa superiore alle proprie possibilità.
Questo non significa però che possiamo guardare solo al bicchiere mezzo pieno, o che la politica possa continuare a tergiversare rispetto ad alcune vere e proprie emergenze nazionali che non possono più essere sottovalutate o rinviate sine die.

E allora consentitemi di porre l'attenzione su 3 aspetti a mio avviso prioritari.

Il primo è la messa in sicurezza del Paese. Il dissesto idrogeologico, aggravato dai cambiamenti climatici, è ormai un fenomeno in preoccupante e costante crescita. Solo nel mese di ottobre si sono registrate 37 vittime, per un bilancio che alla fine dell'anno sarà letteralmente inaccettabile.
Un bilancio che, senza contromisure adeguate e tempestive, è destinato ad aggravarsi nell'immediato futuro. Come sapete ho già proposto l'istituzione di una commissione bicamerale d'inchiesta, con 2 compiti fondamentali: realizzare una mappatura dei luoghi a rischio delle troppe aree del Paese in pericolo; definire una nuova normativa per il giorno dopo, quello della necessaria ed imprescindibile ricostruzione.
Se è vero infatti che siamo i campioni dell'emergenza - grazie all'azione straordinaria di Vigili del Fuoco, Forze dell'ordine e Forze Armate, soccorritori, volontari e tutto il sistema della Protezione civile - dobbiamo essere consapevoli che siamo le tartarughe della ricostruzione.
Basta andare in uno dei tanti comuni colpiti dal terremoto per capire come non sia realmente possibile affrontare le procedure e i cavilli burocratici necessari per restituire alle nostre città la loro vita, preservarne l'identità, consentirne la ripartenza.
Serve quindi una presa di coscienza collettiva, che metta all'ordine del giorno anche un Piano straordinario per la manutenzione delle infrastrutture e per la selezione delle opere indifferibili.

L'altro tema strategico è quello demografico. La curva della denatalità dimostra che tra pochi anni, senza le opportune contromisure, l'Italia non sarà più come noi la conosciamo e come la vogliamo.
E allora c'è bisogno di una riflessione a tutto tondo su quali siano i veri ostacoli che impediscono alle famiglie italiane di mettere al mondo dei figli. Dalla mancanza di lavoro per un giovane su tre alla difficoltà di superare una condizione di precarietà contrattuale, dall'assenza di strumenti di conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro all'insufficienza dei servizi pubblici, a partire dall'impossibilità, in tante città italiane, di trovare un posto al nido o alla scuola dell'infanzia.
Qui è a rischio il patto sociale che ha reso possibile il progresso ed il benessere nei decenni, compresa la tenuta dei conti previdenziali.

Il terzo aspetto che vorrei evidenziare è una maggiore attenzione alle fragilità. Una società insicura, nella quale prevalgano egoismi e prevaricazioni, è destinata ad un inevitabile arretramento rispetto ai livelli di civiltà e di vivibilità.
Mi riferisco ad alcune categorie in particolare: le donne vittime di violenza, fino alla deriva del femminicidio, i giovani colpiti dal bullismo - anche e soprattutto nella inquietante versione del cyberbullismo - i disabili penalizzati nella vita di tutti i giorni per la mancanza di adeguate risorse, gli anziani rimasti soli.

Un Paese attento a questi fenomeni è un Paese migliore, capace di investire nei servizi, nella prevenzione, nell'assistenza, nella sicurezza sociale. Affrontare e risolvere questi temi vorrebbe soprattutto dire restituire al Paese fiducia, speranza nel futuro, consapevolezza delle proprie possibilità.
Dobbiamo riappropriarci dell'italianità, quel sentimento profondo e antico che ci ha sempre caratterizzato, nell'innovazione tecnologica e nella moda, nella bellezza e nell'eno-gastronomia, nella cultura e nella ricerca scientifica; ma anche nella capacità di fare sacrifici, in Patria e fuori, di lottare per un futuro migliore, per un mondo più giusto, libero e in pace.

C'è bisogno quindi di riscoprire anche una narrazione delle cose positive, delle eccellenze: un compito che vede i giornalisti in prima fila.
Facendo leva sulle vostre professionalità, sulle vostre competenze, sulla vostra sensibilità, siate le sentinelle della verità dei fatti, siate i testimoni di tutto ciò che viene detto e viene fatto.
Nell'epoca dei social network resta fondamentale che vi sia sempre qualcuno - un professionista - in grado di mettere tutti davanti alle responsabilità delle proprie parole e delle proprie azioni.
Sono e sarò sempre una convinta assertrice del pluralismo e della libertà di stampa e, di conseguenza, anche della necessità di supportare le voci dell'informazione con tutti gli strumenti a disposizione delle Istituzioni.

Nel dare atto ai giornalisti parlamentari di una correttezza professionale che non è mai venuta meno in questi mesi, sono lieta di rinverdire i sensi della più sincera cordialità e collaborazione che, anche attraverso questa manifestazione, si rinnovano di anno in anno.
In conclusione consentitemi un ringraziamento a tutto il personale del Senato per l'impegno e la professionalità dimostrati ogni giorno, al Segretario generale Elisabetta Serafin, che lo rappresenta tutto, e a coloro che collaborano alle attività di questa istituzione.
Grazie a tutti



Informazioni aggiuntive