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Il Presidente: Discorsi

Presentazione della Relazione conclusiva della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Intervento del Presidente del Senato, Pietro Grasso, nella Sala Koch di Palazzo Madama

La relazione finale della Commissione di inchiesta sul fenomeno della mafia, presieduta dall'onorevole Rosy Bindi, con la quale non finirò mai dì complimentarmi, illustra un lavoro poderoso e di considerevole valore, oltre che per l'approfondimento dei temi trattati nella loro organicità, per il risultato assolutamente eccezionale di avere prodotto effetti normativi già nel corso di questa XVII legislatura, con due leggi: la riforma organica del codice antimafia e la riforma del sistema di protezione dei testimoni di giustizia.

Da Presidente del Senato e da ex consulente della Commissione negli anni 89/91, ho pienamente apprezzato la conservazione della "memoria viva dell'antimafia", attraverso la digitalizzazione di tutti i resoconti stenografici della prima Commissione antimafia che fu istituita nel corso della III legislatura (1963) e concluse i suoi lavori al termine della VI legislatura (1976). Con le medesime finalità la Commissione ha proceduto altresì alla pubblicazione di atti d'archivio ritenuti di un certo interesse storico (strage di Portella della Ginestra; omicidio del giudice Livatino) e intende declassificare la relazione dell'Alto Commissariato antimafia sulle indagini riguardanti l'omicidio del presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella avvenuto nel 1980.

Purtroppo la mafia non è solo storia. Sconfitta, grazie all'azione di magistratura e forze dell'ordine, la mafia stragista di Provenzano e Riina, la cui recente morte deve costituire un motivo di particolare attenzione circa la possibilità che venga ricostituito l'organismo unitario di vertice decisionale e strategico di Cosa Nostra, la famigerata Commissione Provinciale di Palermo, le organizzazioni criminali di tipo mafioso ancora oggi fanno sentire la loro tracotante presenza, non solo nelle regioni tradizionali d'origine, ma anche in tante parti del territorio nazionale, sostituendo alla violenza manifesta e diffusa del passato la logica del familismo amorale, fatto di filiere di intermediari che usano gli strumenti della corruzione e dell'accentramento del potere in vere e proprie centrali dispensatrici di favori e di servizi illeciti, che sono la negazione stessa del diritto e dei diritti.

Si è consolidato sempre più quel capitale relazionale delle mafie fatto di personaggi insospettabili, non inseriti nelle strutture criminali, che ha nel tempo preso il nome di borghesia mafiosa o area grigia, che rappresenta la vera forza delle moderne aggregazioni criminali, composta da imprenditore, faccendieri, professionisti, pubblici funzionari o amministratori e politici. La diffusione della corruzione e del metodo di infiltrazione mafiosa nei rapporti con la politica non fa che alimentare la sfiducia dei cittadini circa la capacità della politica di dare risposte efficaci ai loro problemi. Resta prioritario definire nuovi canoni di condotta per elevare la soglia di autotutela della politica contro il rischio di inquinamento mafioso delle liste elettorali attraverso un più severo codice di autoregolamentazione indirizzato ai partiti e ai movimenti politici.

Il movimento civile e sociale dell'antimafia ha affrontato, nel bene e nel male, problemi e difficoltà che le istituzioni pubbliche non vedevano o non erano in grado di gestire. Di fatto, l'impegno per la legalità è stato a lungo delegato alle associazioni antimafia laddove, come ha spesso ricordato il Presidente della Repubblica serve "una moltitudine di persone oneste, competenti, tenaci e di una dirigenza politica e amministrativa capace di compiere il proprio dovere". L'antimafia "è un problema di coscienza e di responsabilità. Non può e non deve essere una carta di identità che uno tira fuori a seconda delle circostanze".

La Commissione ha mirabilmente indagato sulle attività da cui la mafia trae i propri finanziamenti e, soprattutto, quanto sia rilevante nelle strategie mafiose la fase di ripulitura dei proventi illeciti e del loro inserimento nell'economia legale, mettendo in risalto la condivisa preoccupazione sull'uso di bitcoin e valute virtuali che sfruttano forme di anonimato per aggirare le misure antiriciclaggio.

Tra le tante relazioni tematiche approvate mi piace ricordare quella sullo stato dell'informazione e sulla condizione dei giornalisti minacciati dalle mafie. La mafia continua a ricercare l'accondiscendenza e l'acquiescenza della stampa, cercando di togliere o comprimere le attività di inchiesta giornalistica e di critica. Alla violenza fisica che in passato ha portato a morti e pestaggi, oggi si tende a sostituire la minaccia di far perdere il lavoro. Al giornalismo libero e indipendente, si cerca di togliere l'ossigeno della libertà e della sopravvivenza.

Un altro importante lavoro ha riguardato il regime carcerario di cui all'articolo 41-bis, occupandosi anche dei rapporti tra il mondo carcerario e i Servizi di sicurezza e concludendo che il regime speciale continua a rivelarsi un importantissimo supporto per il contrasto alla criminalità mafiosa. Quanto alle stragi di mafia, la Commissione ha convenuto unanimemente di adottare un'iniziativa concreta di raccolta di tutti gli atti e documenti, giudiziari e non, afferenti a quegli eventi, anche al fine di una ricomposizione archivistica razionale e fruibile delle fonti esistenti. Sebbene occorra ancora un lungo lavoro di investigazione e di analisi -che in parte la Commissione ha svolto a seguito di alcuni accadimenti, ad esempio il dibattimento del cosiddetto "Borsellino-quater" e la vicenda delle intercettazioni delle lunghe conversazioni di Totò Riina e Giuseppe Graviano- si è ritenuto, dalla lettura coordinata dei lavori di inchiesta parlamentare già svolti in passato, che possa essere assolutamente condivisibile l'affermazione, prodotta all'esito di quei lavori parlamentari, secondo cui, nelle stragi che hanno colpito il Sud e il Nord del nostro Paese, accanto alla mano mafiosa, vi era una mano "esterna". Al riguardo la relazione finale riporta una mia dichiarazione alla Commissione parlamentare antimafia della precedente legislatura in qualità di Procuratore nazionale antimafia, circa la possibilità di desumere da tanti fatti della nostra storia "che ci sia qualcosa di non trasparente, che non è assolutamente visibile e che opera di nascosto."

In conclusione, nell'esprimere un apprezzamento quanto mai convinto al poderoso lavoro a 360 gradi compiuto dalla Commissione antimafia e alla sua coraggiosa Presidente Rosy Bindi, è altrettanto doveroso sottolineare la particolare attenzione che la stessa ha indirizzato alla promozione di una nuova cultura della legalità. Su questo versante è stato affrontato anche il rapporto tra mafie e religione che in questa legislatura si è imposto con una rinnovata sensibilità alla luce del costante magistero di Papa Francesco contro l'illegalità e la corruzione.

Di particolare utilità e interesse sono infine le proposte che la Commissione antimafia ha ritenuto di lasciare all'attenzione del nuovo Parlamento, per rafforzare l'impegno delle istituzioni e della politica nella lotta alle mafie. Un eccezionale plauso alla Presidenza Rosy Bindi per il grandissimo risultato raggiunto e per il formidabile apporto alla lotta antimafia che resterà negli annali e nella storia della Commissione.



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