Convegno "Come affrontare le crisi: perché l'Europa ha bisogno di una nuova strategia di sicurezza"
Caro Presidente Scotti, Gentili ospiti, Signore e Signori,
Intervengo con molto piacere a questo importante convegno che evoca l'urgenza politica di una nuova strategia di sicurezza dell'Unione Europea, in considerazione delle diverse crisi in atto e delle complesse minacce che interessano il continente e i cittadini europei. Nel condividere questa tesi di fondo vorrei ricordare per prima cosa che il concetto di sicurezza nell'epoca che viviamo ha assunto accezioni molto diverse dal passato.
Da una parte i domini un tempo distinti della sicurezza interna e della sicurezza esterna si confondono: le minacce attuali non coincidono più con i rischi di aggressione da parte di potenze esterne ma comprendono una complessa varietà di fenomeni che possono avere origine dall'interno di ciascun stato, o che non hanno una dimensione territoriale. Dall'altra parte sono cambiati i potenziali "nemici", e in generale gli attori dei processi geopolitici e di sicurezza: non più solo gli stati, i soggetti tradizionali del diritto internazionale, ma una nutrita serie di soggetti informali o senza volto. Penso al terrorismo, anche quello che generano le nostre stesse società, alla criminalità organizzata, ai rischi epidemiologici per la salute pubblica, alle minacce alle infrastrutture critiche originate nel cyberspazio, all'economia illegale.
Ci sono poi fenomeni di altra natura che incidono sulla vita delle popolazioni, e che hanno interazioni con la loro sicurezza: economici, come le contese per l'energia e le risorse; ambientali, come i cambiamenti climatici; sociali come la gestione delle migrazioni e dei flussi di rifugiati. Credo per conseguenza che si renda necessaria una strategia europea di ampio respiro, che non si limiti alla necessaria revisione della politica di sicurezza e difesa comune, ma abbracci pienamente tutta la nostra politica estera, il dialogo e il sostegno concreto ai paesi del vicinato e del partenariato, particolarmente del Mediterraneo, la cooperazione penale e le azioni comuni sui diversi fenomeni che citavo prima.
Purtroppo l'azione dell'Unione Europea è stata debole e incerta: a causa dei protagonismi nazionali e delle disunioni è mancata una visione strategica, con il risultato paradossale che l'Unione come tale ha un peso geopolitico inferiore alla sommatoria del potere internazionale dei diversi Paesi membri. Una tendenza che dobbiamo invertire: per governare e non soltanto subire i mutamenti geopolitici noi dobbiamo imparare ad agire nell'arena internazionale con coesione e coerenza, consapevoli che nessuno è al riparo e nessuno può fare da solo. Le crisi di sicurezza che viviamo, i conflitti nel Grande Mediterraneo, lo Stato Islamico, il terrorismo, la criminalità organizzata sono originati da vuoti geopolitici in larga parte frutto dei nostri errori, dell'assenza o debolezza della politica occidentale, di quella europea innanzitutto.
Concludo citando il tema delle migrazioni. Credo che sia un errore ridurre i flussi di persone che fuggono da conflitti, violazioni dei diritti umani e persecuzioni solo a un tema di sicurezza. Le migrazioni non mettono in pericolo le nostre società ma sono originate dalle crisi di insicurezza che incendiano il Grande Mediterraneo. Le migrazioni chiamano così in causa la capacità europea di contribuire positivamente alla soluzione delle crisi di sicurezza e di accogliere chi ha bisogno, in coerenza con i valori iscritti nel diritto internazionale, nelle norme dell'Unione Europea e nelle nostre coscienze. Noi potremo ridare slancio al sogno europeo solo occupandoci dei nostri cittadini, che sono delusi, spaventati, confusi e si sentono soli. Ecco io credo che il nostro più importante dovere sia quello di ripartire dalle persone, dalla loro vita e dai loro diritti, ricordandoci ogni giorno che non ci occupiamo solo di strategie, di documenti e leggi ma di viva e pulsante umanità.
Grazie e buon lavoro.