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Il Presidente: Discorsi

Celebrazione del Giorno del Ricordo

Discorso pronunciato dal Presidente del Senato, Pietro Grasso, nell'Aula del Senato

Cari ragazzi, Autorità, cari colleghi e gentili ospiti,
ci ritroviamo in quest'Aula, come due anni fa, a celebrare il "Giorno del Ricordo", istituito dal Parlamento italiano - a quasi cinquant'anni di distanza - nella ricorrenza dalla firma del Trattato di pace tra l'Italia e le Potenze Alleate del 10 febbraio 1947. Con questo provvedimento si è rotto quel velo di silenzio che aveva sino ad allora avvolto la tragedia degli infoibati e dell'esodo italiano dalle terre cedute alla Jugoslavia.

Due anni fa ho sentito il dovere di non limitarmi ad una commemorazione rituale, per quanto sentita, ma di recarmi anche a Trieste, sia per rendere omaggio al monumento dedicato al tremendo e silenzioso dramma che vissero tanti nostri connazionali istriani, fiumani, dalmati e del Quarnaro, che per intervenire alla seduta solenne del Consiglio comunale commemorativa di una tra le più tragiche pagine della storia d'Italia. Andare sui luoghi dove ebbero luogo quelle tragedie, parlare direttamente con i sopravvissuti e con i familiari delle vittime, è il modo migliore per dare sostanza, carne e sangue, al dolore di tante famiglie, così vividamente reso dalle parole di Toni Capuozzo.
Rivolgo un saluto particolarmente caloroso ai rappresentanti delle famiglie delle vittime e dei profughi giuliani, istriani, fiumani e dalmati e delle loro rispettive associazioni. E mi complimento vivamente con i ragazzi che hanno partecipato con impegno al concorso bandito dal Ministero dell'Istruzione e dalle Associazioni, e che tra poco premieremo.
Abbiamo appena avuto il piacere di ascoltare il "Va' pensiero" dal coro del Liceo scientifico e musicale "Marconi" di Pesaro, mentre le voci dei ragazzi della Direzione didattica "Novelli" di Monreale chiuderanno questa cerimonia. Se la prima scelta è naturalmente caduta sul brano di Verdi, da tutti riconosciuto espressione universale del dolore di un popolo costretto all'esilio, la presenza di un gruppo di ragazzi della Sicilia costituisce anche la speranza che la memoria di quanto avvenuto nel confine orientale del nostro Paese sia oggi, grazie anche a celebrazioni come questa, patrimonio comune di tutto il popolo italiano e non più tragedia privata di quanti soffrirono l'esilio o trovarono la morte. Questo perché, come ha ben sottolineato il presidente Ballarin, "la Memoria del popolo giuliano-dalmata è viva, feconda, generativa" e "mette in moto azioni di pace e di impensabile ricostruzione".

Care ragazze e cari ragazzi, guidati dai vostri sensibili e appassionati docenti, avete potuto conoscere una realtà storica a voi lontana ma che certamente vi consentirà di comprendere meglio e apprezzare ancora di più i valori di pace e accoglienza, in modo da costruire un futuro ideale in cui siano bandite violenza, ingiustizia e discriminazione. In questo percorso è fondamentale l'apporto del mondo della Scuola e dell'Università, come ha sottolineato con forza il Ministro Giannini, "una comunità che lavora ogni giorno per tenere aperto il canale fra il passato e le domande delle nuove generazioni sul presente e sul futuro".
Contro ogni reticenza ideologica, ogni rimozione interessata o anche solo diplomatica, superando le strumentalizzazioni che in passato hanno reso ancora più difficile parlare di questo pezzo importante di Storia, negli ultimi anni si è operato per una riconciliazione con le popolazioni di Slovenia e Croazia, alle quali non si può certo ascrivere alcuna responsabilità per un passato che non hanno vissuto, e con la cui eredità storica, una volta divenuti stati indipendenti, hanno rotto optando per una democrazia di ispirazione europea.

Per giungere a saldare questa frattura storica è stato necessario, prima di tutto, un impegno di verità e lo sforzo, da entrambe le parti, di mantenere una visione complessiva e imparziale di un'epoca storica caratterizzata da opposti totalitarismi; per gli stati ex-jugoslavi è stato necessario riconoscere il calvario patito dagli italiani e le brutalità delle più spietate fazioni titine nei loro confronti; per quanto riguarda noi, elaborare una severa riflessione sulle colpe del fascismo, sui crimini e sulle sofferenze inflitte alla minoranza slovena e croata negli anni bui della dittatura. Grazie a questo riavvicinamento, adesso possiamo finalmente guardare in avanti riconoscendoci compagni di viaggio nel comune destino europeo.
Nessuna riconciliazione può far dimenticare il dolore subito, ma può consentire alle popolazioni e ai Paesi di superare le ferite reciprocamente inferte in un periodo in cui i nazionalismi e le ideologie hanno prevalso sugli elementi che caratterizzano la nostra identità comune. Siamo oggi consapevoli che i fattori di coesione del nostro continente sono infinitamente più forti di quelli che in passato lo divisero. Per questi motivi abbiamo salutato positivamente l'entrata della Slovenia e della Croazia nell'Unione europea nel 2004 e nel 2013.

Trovo, a tal proposito, particolarmente pertinente e significativo un passaggio della dichiarazione congiunta sottoscritta dai Capi di Stato d'Italia e Croazia a Pola il 4 settembre del 2011: "In ciascuno dei nostri Paesi coltiviamo, come è giusto, la memoria delle sofferenze vissute e delle vittime e siamo vicini al dolore dei sopravvissuti a quelle sanguinose vicende del passato. Nel perdonarci reciprocamente il male commesso, volgiamo il nostro sguardo all'avvenire che, con il decisivo apporto delle generazioni più giovani, vogliamo e possiamo edificare in un'Europa sempre più rappresentativa delle sue molteplici tradizioni e sempre più saldamente integrata dinanzi alle nuove sfide della globalizzazione."

Ebbene, se mai qualcuno si chiedesse se abbia ancora un senso coltivare il ricordo di fatti accaduti più di cinquant'anni or sono, non occorre andare indietro di molto per rammentare le pulizie etniche e gli eccidi avvenuti proprio nei paesi che costituivano la ex-Jugoslavia. E allora ci appare chiaro come sia fondamentale continuare a tenere presente che l'esaltazione acritica della propria identità etnica o storica può accendere incendi difficili da estinguere, conflitti che lasciano strascichi di risentimento, disprezzo e odio per intere generazioni.
Facciamo, quindi, tesoro di questa memoria, affinché si proietti nel futuro: il Ricordo, che qui celebriamo, di tutte le esperienze negative del passato ci deve guidare ogni giorno nella costruzione di un mondo più giusto.
Grazie.



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