Riforma dell'accesso alla professione forense: esame in Aula
«Il Consiglio Nazionale Forense, l'organo istituzionale più alto dell'Avvocatura, ha ritenuto doveroso e opportuno - questo ci lusinga molto - prendere una intera pagina di grandi quotidiani a tiratura nazionale per dire che il documento licenziato dalla Commissione Giustizia del Senato riguardante il nuovo ordinamento forense è apprezzabile e condiviso, un documento del quale si auspica la celere definizione». Lo ha ricordato in Aula il senatore Giuseppe Valentino nella seduta antimeridiana del 31 marzo, aprendo la discusisone sul disegno di legge 601 (e connessi) recante "riforma dell'accesso alla professione forense e raccordo con l'istruzione universitaria". L'esame del testo prosegue la prossima settimana.
Il disegno di legge, ha detto il relatore Valentino, «ha inteso riconsiderare i titoli di accesso, utilizzare strumenti più moderni e nello stesso tempo sottolineare come, fin dal primo approccio con l'attività professionale, si debba dar prova di avere quelle attitudini e quella capacità per lo svolgimento dell'attività in futuro. Quindi, non più i vecchi compiti, come originariamente considerati, il vecchio tema sulle materie che venivano scelte, bensì un documento giuridico da redigere, discutere e trattare, senza più l'utilizzazione - questa è una sorta di ritorno all'antico - dei codici commentati che, pur essendo uno strumento della vita quotidiana di noi avvocati, nel momento della redazione di un compito consentono di accedere ad una serie di cognizioni che possono anche prescindere dal bagaglio culturale personale».
Un altro elemento sottolineato dal Relatore è quello della «formazione professionale costante e sistematica»: il cittadino che va dall'avvocato «deve avere la consapevolezza piena, al di là delle sintonie che si costituiscono sul piano umano, personale e culturale, che oggettivamente quel soggetto al quale affida i propri interessi, di qualsivoglia natura, si sottopone periodicamente a verifica della sua capacità».
Inoltre sono stati individuati i criteri «attraverso i quali mantenere le iscrizioni per contrastare il malvezzo che finora ha caratterizzato alcuni nostri colleghi avvocati, i quali, pur non svolgendo la professione, continuano ad essere iscritti all'albo, creando un oggettivo nocumento a chi invece, in maniera militante, svolge ogni giorno questa professione».