Indagini conoscitive della XVI Legislatura: 'Impiego fondi Ue per la cultura in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia'
La Commissione Istruzione ha svolto un'indagine conoscitiva sull'impiego dei fondi strutturali e di coesione dell'Unione europea (Fondo sociale europeo - FSE e Fondo europeo di sviluppo regionale - FESR) e dei fondi nazionali di cofinanziamento della politica regionale di sviluppo nelle regioni dell'obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) nel settennio di programmazione 2007-2013 nei settori di competenza della Commissione (istruzione, ricerca e cultura). L'avvio di tale indagine è stata deliberata nella riunione del 14 febbraio 2012. L'indagine si è conclusa con l'approvazione di un documento conclusivo (DOC. XVII, N. 18, formato pdf), nella riunione della Commissione del 19 dicembre 2012.
"Le attività oggetto della presente indagine conoscitiva - si legge nel documento conclusivo - sono inquadrate nell'ambito di una delle politiche principali dell'Unione europea, la politica di coesione economica, sociale e territoriale. Ad essa il vigente Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) riserva un intero titolo, il XVIII, composto di cinque articoli (dal 174 al 178)".
Le motivazioni principali alla base di questa indagine sono le imponenti dotazioni finanziarie (dell'ordine dei 20 miliardi di euro), complessivamente messe a disposizione dai citati Fondi.
"Nel corso dell'indagine, al di là del pieno impegno sempre riscontrato in tutte le Autorità di gestione dei fondi, sono emersi alcuni malfunzionamenti. "All'inizio del periodo di programmazione, ad esempio, si è riscontrata spesso - si legge nel documento della 7a Commissione - la tendenza da parte dei responsabili del governo delle regioni a sottovalutare il gravoso impegno di queste autorità e a «sottostaffare» quindi, almeno in un primo tempo, i loro uffici, con conseguenti ovvii ritardi nell'avvio dell'attività. Inoltre, quando si è verificata nel governo di una regione una discontinuità politica a seguito dell'esito delle elezioni, il funzionamento dell'autorità di gestione ha subito una grave pausa, praticamente un arresto, spesso per mesi e mesi, in attesa che venisse rinominato il personale di governance dell'autorità."
"Un altro serio problema di natura finanziaria, lamentato in sede di audizione dalle autorità di gestione FSE e FESR della Campania (ma anche dalle altre autorità di gestione audite dalla Commissione), è stato quello dei vincoli legati al rispetto del patto di stabilità.
La conclusione anticipata della XVI legislatura non ha consentito alla Commissione di portare compiutamente a termine il lavoro che si era prefissa con questa indagine. Essa perciò ha augurato che i temi trattati possano essere ripresi e completati dalla Commissione della prossima legislatura, anche attraverso l'audizione dei responsabili europei delle politiche di coesione, o dei loro uffici, con un approfondimento dell'attività svolta dalle Autorità di gestione, ipotizzando la costituzione di una cabina di regia nazionale.
La Commissione Istruzione, a conclusione dell'indagine conoscitiva, ha ritenuto anche di "dover formulare al Governo che avrà l'incarico di concludere a Bruxelles i negoziati per l'impostazione della politica di coesione per il prossimo periodo di programmazione 2014-2020 due vive raccomandazioni: l'invito a sviluppare a fine periodo 2006-2013 un accurato esame di tutta la spesa effettuata nell'ambito della politica di coesione nelle quattro regioni dell'obiettivo Convergenza, in modo da valutarne l'effettivo impatto sulle alte finalità di tale politica; la sollecitazione a predisporre, d'accordo con la Commissione europea, per il prossimo periodo di programmazione, un articolato sistema di valutazione dell'efficacia della spesa effettuata nell'ambito della politica di coesione economica, sociale e territoriale, in particolare nelle regioni dell'obiettivo Convergenza, con monitoraggio incisivo in itinere ed ex post degli indicatori scelti per tale valutazione".
Indagine conoscitiva della XVI Legislatura: 'Vidatox-C30'
La Commissione Igiene e Sanità il 19 ottobre 2011 ha deliberato all'unanimità la proposta di svolgere un'indagine conoscitiva sulle problematiche del prodotto Vidatox-C30 o Vidatox CH-30, noto anche come Escozul, autorizzata dal Presidente del Senato il 25 ottobre 2011. I lavori dell'indagine, si sono aperti il 12 giugno 2012 con lo svolgimento di numerose audizioni.
L'indagine è stata avviata a seguito del sequestro operato il 24 settembre 2011 dai militari del Gruppo operativo della Guardia di finanza di Bari, in collaborazione con il personale della Dogana, presso l'aeroporto del capoluogo pugliese, di 192 flaconcini di Vidatox provenienti dall'Albania e diretti al Poliamburatorio Stella Maris di San Marino.
Scopo dell'indagine: approfondire il contesto terapeutico, sociale e normativo in cui Vidatox viene impiegato, attraverso la raccolta di elementi informativi atti a comprendere se la promessa di salute attribuita al prodotto trovi un adeguato fondamento scientifico ovvero se ricorrano le condizioni per formulare proposte legislative o atti di sindacato ispettivo tali da garantire ai pazienti un uso sicuro ed efficace dello stesso o se sussistano le motivazioni per contrastarne l'illecita commercializzazione.
"Il Vidatox - secondo quanto si legge nel documento conclusivo - è stato registrato a Cuba dal 15 marzo 2011 dal Centro per il Controllo di Stato Drug Quality (CECMED) - numero di registrazione H-11-038-N02 - come homeopathic drug ed è commercializzato dalla ditta «Labiofam Grupo Empresarial», società di diritto cubano con sede a L'Avana ed è distribuito fuori dallo Stato Cubano ed in Albania dalla Pharma Matrix. Inizialmente il Vidatox era distribuito a titolo gratuito a Cuba ma in seguito è stato messo in commercio a costi variabili da quaranta fino a duecento euro dalla ditta produttrice Pharma Matrix con sede in Albania. Nel gennaio 2011, il Ministero della salute ha richiesto all'Istituto superiore di sanità un parere allo scopo di conoscere l'esatta classificazione del prodotto in Italia. L'ISS ha confermato che la definizione di farmaco, attribuita dalla Labiofam al suo preparato, non può essere accettata in Italia e in tutti i Paesi che sottostanno ad agenzie regolatorie nazionali e internazionali in accordo con la direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2011. Ad avviso della Commissione il predetto parere dell'ISS non consente di sottrarre il Vidatox dalle disposizioni del decreto legislativo n. 219 del 2006 che all'articolo 1 definisce medicinale «ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane»."
Nel corso dell'indagine, si legge nel documento conclusivo, "è stata esplorata anche la possibilità di autorizzare l'importazione del prodotto da Cuba per «uso compassionevole». Secondo il decreto del Ministro della salute 8 maggio 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 28 luglio 2003, è possibile usare un farmaco ancora non autorizzato in assenza di alternative terapeutiche per la patologia in oggetto, purchè sussista almeno una delle seguenti condizioni: che il farmaco sia sottoposto a sperimentazione clinica almeno in fase II e con risultati positivi; che ci siano studi in letteratura; che sia stata già presentata domanda di registrazione".
Dalle audizioni sono emerse alcune considerazioni. In particolare, che "non esistono dati su studi clinici controllati nè per Escozul nè per Vidatox su riviste accreditate; le informazioni reperibili derivano da forum di discussione di pazienti/soggetti coinvolti e da siti su terapie alternative. Non esistono prove documentate della sua attività biologica e degli effetti sui pazienti portatori di neoplasie. Non sono stati riportati dati su effetti tossici nè del prodotto omeopatico nè della forma concentrata. Non esiste una letteratura ufficiale, riconosciuta e riconoscibile dalla comunità scientifica internazionale che riporti dati attendibili sulla sua sperimentazione preclinica e clinica. E' quindi impossibile esprimersi solo sulla base di dati ottenuti da fonti non accreditate".
Nel corso dell'indagine sono emerse delle proposte d'intervento. In particolare, dal documento conclusivo si legge che "la Commissione ritiene preliminarmente che i soggetti eventualmente interessati alla commercializzazione dei prodotti oggetto dell'indagine dovranno presentare la richiesta di autorizzazione alla sperimentazione presso l'AIFA che, anche in sede audizione, ha confermato la disponibilità a fornire la necessaria assistenza tecnica. La Commissione ritiene altresì necessario che il Ministero della salute proceda alla pubblicazione sul proprio sito istituzionale di una specifica avvertenza circa l'inesistenza di comprovati effetti terapeutici associati ai due prodotti, invitando i pazienti a non abbandonare le terapie in corso. Sulla base di tali considerazioni si ritiene altresì di impegnare il Ministero della salute in una campagna di informazione rivolta ai cittadini per evitare che la diffusione di notizie relative a prodotti la cui efficacia terapeutica non è dimostrata possano ingenerare comportamenti sconsigliati e produrre potenziali rischi per la salute dei pazienti".
Indagini conoscitive della XVI Legislatura: 'Produzione e gestione dei rifiuti'
La necessità di una legislazione statale organica che affronti con chiarezza la definizione dei soggetti gestori e delle autorità di programmazione e controllo, il modello di governance, la definizione dei reati in materia, il ripensamento del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi. E ancora, la previsione di un'autorità nazionale di settore, il superamento della gestione degli smaltimenti attraverso discarica, la soluzione dei problemi connessi al sistema di tracciabilità dei rifiuti, il superamento delle gestioni commissariali, un impegno maggiore sulla raccolta differenziata, la diffusione di modelli di raccolta basati sul sistema a tariffa e l'incentivazione della filiera industriale del recupero.
Sono questi gli aspetti più rilevanti emersi dal lavoro della Commissione Ambiente, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle 'Problematiche relative alla produzione e alla gestione dei rifiuti, con particolare riferimento ai costi posti a carico dei cittadini, alla tracciabilità, al compostaggio, alla raccolta differenziata ed alla effettiva destinazione al recupero ed al riuso dei rifiuti o delle loro porzioni', avviata il 9 luglio 2008.
Nel documento conclusivo (Doc XVII, n. 19) si legge: "l'indagine ha affrontato i seguenti temi: le differenti realtà geografiche e i differenti modelli di gestione e smaltimento; i problemi afferenti la gestione integrata; la raccolta indifferenziata e i modelli relativi; i problemi dei comuni turistici; il combustibile da rifiuto e i falsi modelli di raccolta e di trasporto; gli impianti di smaltimento, la loro dislocazione territoriale, le carenze. E ancora, la tipologia degli impianti: discariche, termovalorizzatori, compostaggio, impianti per il trattamento, impianti a sostegno della raccolta differenziata".
Sono state analizzate anche - si precisa nel documento - "le gestioni commissariali, con risultati e problemi irrisolti; alcune gestioni virtuose del ciclo integrato; i costi industriali della gestione ordinaria; i costi delle gestioni straordinarie (commissariali) e le relative modalità di finanziamento; i costi a carico dei cittadini: tassa e tariffa; i consorzi di filiera; l'accordo tra l'ANCI e il CONAI; il volontariato ambientale; i rifiuti agricoli e le problematiche connesse; le questioni delle banche dati". Inoltre, non si sono potuti trascurare, nell'indagine svolta dalla Commissione, "il punto di vista delle associazioni di categoria delle società di gestione, trattamento e smaltimento; il SISTRI e il problema della tracciabilità; i consorzi, le aziende speciali, le società pubbliche, con i modelli gestionali, la tipologia giuridica, la dimensione, l'evoluzione legislativa sull'argomento".
Per giungere, infine, all'analisi di alcune situazioni emergenziali, come in Campania, Lazio, Calabria, Sicilia.
La Relazione finale della senatrice Daniela Mazzuconi, approvata dalla Commissione nella seduta del 16 gennaio 2013, mette in evidenza un ulteriore elemento: "Secondo il Rapporto ISPRA sui rifiuti del 2012, la produzione nazionale dei rifiuti urbani si attesta, nell'anno 2010, a poco meno di 32,5 milioni di tonnellate, facendo rilevare, nonostante la crisi economica, una crescita percentuale pari all'1,1% circa rispetto al 2009, distribuita pressoché uniformemente nelle varie zone del Paese. Si tratta di un dato in controtendenza rispetto al trend europeo, che invece registra nello stesso periodo una riduzione dell'1,1%".
"Sempre in base ai dati ISPRA, la raccolta differenziata ha raggiunto nel 2010 una percentuale pari al 35,3% della produzione nazionale dei rifiuti urbani; - così precisa la Commissione Ambiente - la situazione della raccolta differenziata risulta notevolmente diversificata a livello di macroaree geografiche: il Nord si colloca nel 2010 al 49,1%, mentre il Centro ed il Sud si attestano, nello stesso anno, su tassi pari, rispettivamente, al 27,1 % e al 21,2%. Ne consegue che nelle regioni con livelli più elevati di raccolta differenziata i costi, sia per abitante sia per chilogrammo, sono inferiori a quelli sostenuti nelle regioni con raccolta differenziata più bassa. Inoltre, Se si considerano le diverse realtà territoriali, si constata che là dove il ciclo integrato dei rifiuti è sostenuto da un parco impiantistico sviluppato, viene ridotto significativamente l'utilizzo della discarica".
Si legge ancora nel documento conclusivo: "Proprio con riferimento alle situazioni maggiormente problematiche registratesi nel Paese, le audizioni svolte dalla Commissione hanno permesso di accertare che i commissariamenti sono falliti dappertutto, non avendo consentito quasi mai di superare l'emergenza, né di porre le premesse per un ciclo virtuoso della gestione dei rifiuti, e rappresentando un alibi che ha consentito agli enti locali di sottrarsi alle proprie responsabilità. Ogni volta che si è verificata un'imposizione dall'alto - nella forma della creazione di un consorzio obbligatorio o di un commissario - non solo il problema dei rifiuti non è stato risolto, ma si è addirittura aggravato, con la perdita di attenzione e di interesse delle istituzioni locali, che si consideravano estromesse".
Indagini conoscitive della XVI Legislatura: il 'Sistema Paese'
Mercoledì 28 novembre 2012 è stato presentato, presso la sala Caduti di Nassiriya, il volume contenente gli atti dell'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione Politiche dell'Unione europea sul tema 'Il sistema Paese nella trattazione delle questioni relative all'UE con particolare riferimento al ruolo del Parlamento italiano nella formazione della legislazione comunitaria'. Sono intervenuti il Ministro per gli Affari europei Enzo Moavero Milanesi, la Presidente della Commissione, Rossana Boldi, e i relatori della procedura informativa Salvatore Fleres e Mauro Maria Marino.
La Commissione aveva deliberato all'unanimità, nella seduta del 24 novembre 2009, di svolgere un'indagine conoscitiva sul 'Sistema-Paese' nella trattazione delle questioni relative all'Unione europea con particolare riferimento al ruolo del Parlamento italiano nella formazione della legislazione comunitaria, al fine di approfondire le modalità di funzionamento o di malfunzionamento dei complessi meccanismi decisionali di cui l'Italia si è dotata nei suoi rapporti istituzionali con l'Ue.
L'indagine si è sviluppata principalmente su tre fronti: istituzioni europee; istituzioni nazionali, centrali e regionali; esperti della società civile. Sono state svolte 28 audizioni, nell'arco di due anni, per un totale di 33 persone audite.
Come si legge nel documento conclusivo (Doc. XVII, n. 15), approvato nella seduta dell'8 maggio 2012, gli esiti dell'indagine conoscitiva sono stati articolati in tre diverse sezioni: nella prima, presupposti e contenuti dell'indagine sono illustrati in una visione d'insieme; nella seconda, sono raccolte analisi e valutazioni settoriali riferite a ciascuno dei principali attori del sistema-Paese; infine, nella parte conclusiva, sono sintetizzate le proposte più significative emerse nel corso dell'indagine.
"Per anni, le questioni europee sono state trattate in maniera eccessivamente parcellizzata, senza seguire in maniera coordinata e concertata i singoli dossier che toccavano interessi vitali del Paese, a differenza di quanto accadeva negli altri Stati membri. Questo atteggiamento e, più in generale, l'incapacità di «fare sistema», ovvero di partecipare attivamente e incisivamente ai singoli negoziati, ha impedito all'Italia di contare, nello scacchiere europeo, in proporzione al suo effettivo peso specifico". Così si legge nel documento conclusivo, che aggiunge: "Nell'ambito del processo decisionale europeo l'Italia sconta complessivamente la mancanza di un'amministrazione forte in sede negoziale e una scarsa attitudine a esprimersi come «sistema-Paese». Si rileva in effetti una sostanziale carenza del Paese nel porsi quale membro propulsore dell'Unione, capace di proporre autorevolmente agli altri Stati membri strade di cooperazione nuove e convincenti: a Bruxelles l'Italia è portata a sostenere posizioni difensive di interessi specifici, piuttosto che a sviluppare e a esprimere una visione più ampia, delineando prospettive di sviluppo della costruzione europea sulle quali far convergere i propri partner".
La Commissione Politiche Ue precisa: "Circa le cause dell'inadeguatezza della partecipazione nazionale al processo di integrazione europea, l'indagine in oggetto ha evidenziato una prima criticità nella difficoltà a identificare con chiarezza quale sia l'effettiva «posizione italiana» nell'ambito delle trattative europee, difficoltà che consegue in modo diretto alla mancanza di coordinamento e di incisività nella definizione dell'interesse nazionale. Il sistema-Paese italiano appare troppo spesso caratterizzato da una certa indecisione, nel senso che, sovente, i negoziatori italiani, non disponendo di una posizione nazionale definita, attendono che i rappresentanti degli altri Paesi esprimano il proprio orientamento rispetto ai dossier in discussione, per poi allinearsi di riflesso. In sostanza, nell'Unione europea l'Italia si trova di frequente a seguire, piuttosto che a impostare e determinare lo svolgimento dei negoziati. Il confronto è con la tradizionale capacità di «fare squadra» che esprimono Paesi come Francia, Germania, Inghilterra e i Paesi nordici, ma anche con la crescente efficacia di azione di Spagna e Portogallo e soprattutto della Polonia".
Un altro elemento di debolezza per l'Italia - si legge ancora nella relazione finale approvata dalla Commissione - è "l'eccessiva pluralità di soggetti presenti a Bruxelles, a partire dalle venti rappresentanze regionali, che si esprimono in modo non sempre ordinato, creando una sovrapposizione di voci che impedisce l'efficace affermazione degli interessi nazionali. La scarsa organizzazione, la farraginosità dei meccanismi decisionali e la lontananza delle nostre prassi rispetto ai modelli degli altri Paesi europei sono alcune delle criticita` maggiormente limitative del nostro «fare sistema» nell'Unione europea".
Sarebbe necessario, dunque, "prendere in considerazione le best practice degli altri Stati membri, come, ad esempio, le riunioni periodiche dei funzionari che si occupano di determinate questioni nelle varie istituzioni europee con le amministrazioni nazionali interessate, sotto la regia della Rappresentanza permanente. Si tratta di semplici ma valide modalità operative, estremamente utili per avere riscontri immediati e conoscere in corso d'opera la valutazione delle questioni più importanti".
L'indagine ha fatto emergere chiaramente i profili di criticità che caratterizzano il nostro sistema-Paese nell'ambito dell'Unione europea. La capacità da parte dell'Italia di incidere efficacemente sul processo decisionale dell'Unione europea appare offuscata dalla mancanza di una chiara e coerente definizione dell'interesse nazionale nella trattazione dei diversi dossier europei, dall'assenza di una «cabina di regia», in grado di incanalare e promuovere assertivamente gli interessi precipui del Paese, e dalla sottovalutazione del ruolo del Parlamento europeo, divenuto ormai vero e proprio co-legislatore. Gli elementi di maggiore debolezza sono stati individuati in particolare nella frammentarietà del sistema nazionale, nella scarsità delle risorse ad esso destinate e nella limitata visione strategica sulle priorità dell'Italia in Europa.
Indagine conoscitiva della XVI legislatura: 'Patologia diabetica'
Elaborare una fotografia completa ed aggiornata della presa in carico delle persone diabetiche così da evidenziare i punti di forza del nostro sistema sanitario nazionale e le criticità che lo caratterizzano, allo scopo di delineare, in maniera chiara, le lacune e le opportunità afferenti alla presa in carico delle persone con diabete, proponendo di mutuare le best practices riscontrate a livello territoriale. Questo l'obiettivo dell'indagine conoscitiva sulla «patologia diabetica in rapporto al Servizio sanitario nazionale e alle connessioni con le malattie non trasmissibili», la cui proposta è stata deliberata all'unanimità, su iniziativa della senatrice Emanuela Baio, dalla Commissione Sanità l'8 febbraio 2012.
In particolare l'indagine conoscitiva è stata svolta al fine di verificare le modalità con cui il Servizio sanitario nazionale attua piani di prevenzione; fotografare se e come viene posta in essere la centralità delle persone con diabete durante le diverse fasi della loro vita; elaborare una mappatura dei servizi specialistici diabetologici, i servizi di diabetologia pediatrica, i servizi di diabetologia a livello ospedaliero e i centri di diabetologia dislocati su tutto il territorio nazionale, verificando anche la proporzione tra strutture specialistiche e popolazione di riferimento e la presenza di eventuali gap tra le diverse regioni in punto di erogazione dei presidi diagnostici e terapeutici.
Secondo quanto si legge nel documento conclusivo (Doc. XVII, n. 16), approvato dalla Commissione nella seduta del 4 ottobre 2012, con le relazioni dei senatori Baio e De Lillo, "tutti i lavori si sono svolti alla luce di un criterio guida: la centralità della persona diabetica. Si è, infatti, assunto un approccio che possiamo definire «olistico», in cui il bene salute è concepito non solo come semplice assenza di malattia, ma come un benessere globale di corpo, mente, società e ambiente. Il leitmotiv dei diversi aspetti analizzati è, infatti, riconducibile ad un messaggio positivo, ottimistico ed incoraggiante «migliora la tua salute», e non solo ad un monito prescrittivo «previeni la malattia»". E' emerso, tuttavia, che "la cura di questa pandemia e l'assistenza ai diabetici in Italia, pur presentando dei punti di forza rispetto ad altre nazioni europee e non, sono ben lontane dal potersi definire ottimali e ideali". Il documento approvato dalla Commissione fornisce un quadro epidemiologico del diabete, delle sue complicanze e della mortalità, e fa il punto della situazione delle cure erogate dal Servizio sanitario nazionale, nonché dei costi e dell'incidenza della malattia nella popolazione immigrata, oltre a una fotografia esaustiva dell'incidenza della malattia nelle diverse Regioni italiane.
Nel corso dell'indagine è emersa l'esigenza di una "programmazione di medio e lungo periodo, che, di volta in volta, affianchi o solleciti gli interventi sanitari adottati a livello regionale e territoriale" e, conseguentemente l'urgenza di un un Piano nazionale sul diabete, "quale atto necessario recante la logica collocazione delle previsioni volte alla creazione di un registro nazionale e di registri regionali, all'attuazione di strategie di prevenzione e di modelli di assistenza che garantiscano l'integrazione, l'equità e l'empowerment. Una corretta programmazione consente di garantire che la governance del «sistema diabete» sia sostenibile in termini economici, al fine anche di assicurare che le regioni soggette a piani di rientro non restino escluse e individuino un percorso virtuoso che coniughi risanamento con miglioramento delle performance".
Le maggiori criticità emerse in relazione alla patologia diabetica riguardano la necessità di creare un registro nazionale delle persone con diabete, quale risultato della sommatoria di appositi registri elaborati a livello regionale, al fine di colmare la lacuna sui dati relativi alla diffusione e all'incidenza della malattia; l'opportunità di "coniugare, con maggior efficacia, le politiche sanitarie, economiche e sociali centrali con quelle regionali, al fine di creare una cultura di prevenzione diffusa e radicata"; infine, di ampliare i livelli essenziali di assistenza, nel senso di una maggiore equità nella tutela del cittadino, attraverso la garanzia del piano di cura del singolo paziente (case management) e la gestione dell'intera popolazione affetta dalla patologia (disease management); in tal senso serve una maggiore integrazione tra i vari presidi ospedalieri e territoriali volta "alla salvaguardia della qualità della vita dei pazienti e ad una razionalizzazione della spesa sanitaria". Durante l'indagine è stata più volte ribadita, infine, la necessità di sviluppare campagne nazionali tese a promuovere stili di vita salutari e progetti educativi nelle scuole e negli ambienti di lavoro.
Indagini conoscitive della XVI Legislatura: 'Nascere sicuri'
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha individuato nel miglioramento della qualità della vita della madre e del bambino uno degli obiettivi sanitari prioritari a livello mondiale. I piani socio-sanitari che si sono susseguiti negli ultimi anni in Italia e i dati epidemiologici, dimostrano che molto è stato fatto per garantire la centralità della salute della donna e del bambino nel percorso di assistenza e la sicurezza delle prestazioni.
L'indagine conoscitiva, deliberata all'unanimità dalla Commissione Sanità il 21 settembre 2010 (relatrici la senatrice Fiorenza Bassoli e la senatrice Laura Bianconi), ha valutato le modalità di assistenza al parto, i percorsi nascita e di tutela della salute della madre e del bambino, con particolare attenzione a partoanalgesia, corsi di preparazione al parto e percorsi di genitorialità condivisa.
Obiettivo dell'indagine: raccogliere dati e informazioni finalizzati a fare chiarezza sul 'Percorso nascita', e promuovere un confronto serio tra le parti politiche per giungere a conclusioni condivise sull'adozione di idonee iniziative nelle sedi istituzionali competenti.
Nel corso dell'indagine si sono svolte numerose audizioni e sono stati acquisiti importanti documenti e contributi da parte dei soggetti intervenuti. Nel documento conclusivo (Doc. XVII, n. 17), approvato il 27 novembre 2012, si legge: "Il problema del nascere sicuri va affrontato non confondendo l'obiettivo con lo strumento: l'obiettivo è la nascita sicura, la modalità del parto e la tecnologia sono strumenti successivi a questo obiettivo". E ancora: "La sanità materno-infantile italiana si pone a livelli di eccellenza in quanto presenta tra le più basse percentuali d'Europa in morbilità e mortalità, ma nel contempo registra difetti organizzativi e strutturali che richiedono un percorso programmatico comune e una razionalizzazione della spesa".
La Commissione Sanità pone l'accento sul fatto che "le criticità del percorso nascita del sistema attuale scaturiscono da un cambiamento sostanziale dell'epidemiologia delle donne in gravidanza in Italia negli ultimi decenni. Sin dalla fine degli anni '70 si è registrata una progressiva riduzione della propensione a procreare in tutte le regioni italiane. L'innalzamento dell'età media al parto, legata in particolar modo alla tendenza a posticipare l'inizio della vita riproduttiva, hanno determinato una riduzione del numero di nascite e il triste fenomeno della denatalità che vede l'Italia come fanalino di coda in termini di natalità in Europa". Infatti, in Italia, nel 2008 il numero medio di figli per donna è stato pari a 1,42, con livelli più elevati di fecondità al Nord nelle Province autonome di Trento e di Bolzano e nel Mezzogiorno in Campania e Sicilia. Le regioni in assoluto meno prolifiche sono invece Sardegna, Molise e Basilicata. L'età media della mamma, al parto, è di 32,4 anni.
Si legge ancora nel documento conclusivo: "E' palese che il modello di cura deve diventare più efficace ed efficiente per tentare di far fronte agli aspetti legati alla gravidanza e al parto, avendo come obiettivo primario la sicurezza, la qualità, la professionalità e cercando di abbattere i rischi presumibili. Occorre un investimento di risorse da parte delle regioni per garantire che le strutture siano adeguate sotto il profilo di risorse strutturali e umane e si profili la razionalizzazione dei piccoli punti nascita".