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Il Presidente: Articoli

«Salviamo i partiti: molti meno soldi. E trasparenza»

Intervista pubblicata da Style Magazine, Corriere della Sera

di Antonio Macaluso

La crisi dei partiti, il fenomeno Grillo, la tempesta economica che uccide le illusioni (e purtroppo non solo quelle) di un popolo che come pochi altri ha dato fino in fondo fiducia a chi li ha governati. E che oggi li sbeffeggia facendo tornare alla memoria quel film Fifa e arena nel quale Totò si scherniva: «A proposito di politica, non si potrebbe mangiare qualche coserellina?». A Renato Schifani, presidente del Senato, seconda carica dello Stato, il quadro è fin troppo chiaro per non essere preoccupato. «È un'Italia che soffre e chiede risposte. C'è la delusione di tanti cittadini peri mancati risultati della politica e gli scandali che hanno riguardato la gestione della cosa pubblica tra cui anche il finanziamento ai partiti. Il cui ruolo, non dobbiamo dimenticarlo, è architrave decisivo nella costruzione democratica del Paese. Compito della politica e delle istituzioni è di essere vicino alle esigenze e alle difficoltà dí tanti cittadini. Non possiamo ignorare i grandi problemi che questa crisi internazionale sta provocando nelle famiglie. Bisogna favorire la crescita, alleggerire la pressione fiscale e dare nuovo respiro alle imprese e all'occupazione, scongiurando così le tensioni sociali che rischiano di indebolire la fiducia dei cittadini nello Stato. Uno Stato rigoroso esattore ma pessimo pagatore alimenta questo pericolo».

Domanda. Le elezioni amministrative hanno dato un segnale chiaro di sfiducia ai partiti. Per la politica «tradizionale» c`è ancora tempo per riguadagnare la fiducia degli italiani?
Risposta. Se la politica ha deciso di chiudere ogni forma di sua credibilità e interlocuzione nei confronti della base sociale, allora continui a non autoriformarsi.

D. E per Beppe Grillo sarà una passeggiata...
R. Tenderei a non enfatizzare il fenomeno del grillismo. Io non ho nulla contro l'attivismo di Grillo, non sta a me entrare nel merito delle sue scelte e delle sue dichiarazioni, a volte anche forti. Certo mi spiace quando si arriva alle offese nei confronti delle istituzioni, che sono patrimonio del Paese. Non enfatizzerei, dicevo, perché noto, ad esempio, che nel Mezzogiorno il grillismo non ha fatto grande breccia rispetto ad altre situazioni. Ma guai a sottovalutare un fenomeno che cavalca il dissenso e, tendenzialmente, aggrega tutte le forme di malessere. Quindi va tenuto in considerazione ed eventualmente contrastato dalla politica della proposta, dell'innovazione, della modernizzazione, non soltanto del linguaggio ma anche degli uomini e dei comportamenti.

D. Basterà ai partiti un anno per riorganizzarsi?
R. È la scommessa che non possono perdere perché verrebbe meno, nell'impianto costituzionale, ma anche sociale, una delle componenti strategiche per la sua governabilità e la sua crescita.

D. Ma perché sono arrivati fino all'estremo?
R. Questo Paese è passato da una prima Repubblica proporzionale dove vigeva un sistema consociativo dei partiti, con una elezione in cui il voto del cittadino contava poco per la governabilità e la scelta dei governi, a uno bipolare fondato sulla leadership carismatica. È mancato un processo di maturazione e questo ha caratterizzato gli anni del bipolarismo, in una logica conflittuale, di demonizzazione dell'avversario, visto come nemico da abbattere. Di questo ha sofferto l'intero Paese, che si è avvelenato in questo scontro politico. Non c'è mai stata una decisione del governo che non sia stata oggetto di forte e violenta contestazione da parte delle opposizioni, in chiave aprioristica, concettuale, pregiudiziale. E' mancata, con questo sistema bipolare, la logica del confronto e dell'ascolto tra coalizioni. Adesso bisogna fermarsi un momento e ragionare.

D. A una legge elettorale si lavora da tempo, ma i veti incrociati...
R. Non so quali saranno gli esiti, ma guardo con interesse a una legge che si indirizzi su un bipolarismo meno esasperato e che miri più alle alleanze tra partiti omogenei che non ai cartelli elettorali che si individuano prima del voto in chiave anti qualcuno, dimenticando il tema successivo della governabilità. Dico questo perché gli anni del bipolarismo hanno evidenziato, sia nel centrosinistra che nel centrodestra, difficoltà nell'attuazione dei programmi proprio per mancanza di coesione all'interno delle coalizione vincenti.

D. Che modello ha in mente?
R. Quello tedesco salvaguarda il bipolarismo ma garantisce, grazie a un leggero premio di maggioranza al primo partito, la governabilità per la possibilità di aggregazioni successive al voto tra partiti politicamente affini e la presentazione di un programma di governo sul quale ci si impegni per la legislatura. Un sistema bipolare più intelligente. Se a questo si abbinasse un'alta soglia di sbarramento per evitare la frammentazione dei partiti, assisteremmo a una semplificazione del quadro partitico.

D. Basterebbe una nuova legge elettorale, oltre a un controllo più forte sui finanziamenti (ridotti) ai partiti per rimettere il sistema sui giusti binari?
R. La riduzione del finanziamento pubblico e il loro trasparente utilizzo è un'esigenza inderogabile. Bisogna poi rivedere i regolamenti parlamentari. In Senato ci stiamo lavorando. Non possiamo consentire la proliferazione di nuovi gruppi durante la legislatura, che non fanno riferimento a partiti che si sono misurati alle elezioni.

D. Lei ci crede che si andrà a votare con una nuova legge?
R. Il Senato è prontissimo a lavorare anche di notte. Non è un problema parlamentare, ma squisitamente politico.

D. A proposito di politici e tecnici, non si rischia di giocare un derby demenziale sulla pelle del Paese?
R. Nessun derby, ma una collaborazione forte e responsabile tra istituzioni e tecnici. La politica non solo ha fatto un passo indietro con l'arrivo del governo tecnico, ma lo accompagna nei passaggi nei quali l'esperienza parlamentare è necessaria. D'altra parte è normale che la politica possa avere momenti di amarezza o lamentarsi di alcune scelte dei ministri tecnici che, talvolta, sottovalutano le esigenze di un maggior coordinamento con le forze parlamentari che sostengono il governo e che sono portatrici delle istanze della loro base elettorale. Il ruolo dei presidenti delle Camere è essenziale: coordinare e mediare.

D. Cosa sarà dell'area «dei moderati», quella che va dal Pdl all'Udc, che sembra in via di scomposizione?
R. È un grande errore la mancata aggregazione dei moderati. Penso che abbia contribuito alla divisione l'attuale sistema bipolare. Sistema che ha portato alcune forze a non unirsi perché caratterizzate dall'essere a favore o contro un uomo o un progetto.

D. Berlusconi ha diviso...
R. Berlusconi non ha diviso: è un leader carismatico che, come tutti i leader carismatici, può stimolare simpatie e antipatie. Non dimentichiamo che rimane nella storia come colui che ha cambiato il sistema dei partiti e della politica. Quando in politica si assiste a figure così significative, possono manifestarsi posizioni ostili. E ricordiamoci che l'Udc nasce da una tradizione democristiana, squisitamente proporzionale. Comunque, ho la quasi certezza che dalla base dei moderati cresca la richiesta di unità. Dipende dai suoi dirigenti favorire questo processo. E penso che non potranno fare a meno di ascoltare le voci che vengono dal basso.

D. Quale è stato il momento più difficile in questi anni alla guida del Senato?
R. Difficili molti. Il più recente la gestione della vicenda Rosi Mauro. La cui soluzione mi vede soddisfatto.

D. Quindi Rosi Mauro ha fatto bene a non dimettersi?
R. Non entro nel merito. Dico che decidere sotto il bombardamento della politica avrebbe creato un grave precedente. Con senso di responsabilità, Rosi Mauro ha rimesso nelle mie mani il vicariato. Se da un lato questo ha alleggerito la tensione, dall'altro ha fissato un principio: in assenza di fatti oggettivamente gravi e quindi collusivi, non dimostrati e corroborati da indagini, non si può facilmente mettere in discussione un`istituzione. Rosi Mauro non è indagata e si è pubblicamente difesa: questo è lo stato dei fatti.



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