'Per un mondo senza la pena di morte'
Cari Ministri, cari amici,
Il titolo del vostro Convegno internazionale nessuna giustizia senza vita" racchiude un messaggio di speranza: la pena, anche la più grave, non deve mai tradursi nella privazione della vita. L'Italia vanta un primato per l'abolizione della pena di morte. Il bene della vita è indisponibile, quindi sottratto alla volontà del singolo e dello Stato. In una società basata sul contratto tra persone uguali, nessun uomo ha il diritto di disporre della vita di un suo simile. Il vero freno alla criminalità non è la crudeltà delle pene, ma la sicurezza che il colpevole sarà punito.
Secondo dati recenti di Amnesty International 58 Stati - i cosiddetti "Paesi retenzionisti" - continuano ad applicare la pena di morte,; 139 non la applicano. Tra questi ultimi 95 l'hanno abolita per tutti i tipi di reati, 9 l'hanno abolita solo per i reati comuni; 35, pur mantenendo la norma giuridica, non la applicano da oltre 10 anni, e vengono denominati abolizionisti "de facto". Solo durante il fascismo la pena di morte venne ripristinata in Italia e fu nuovamente e definitivamente abolita nel 1944. La pena di morte è ancora vigente in Paesi con ordinamenti e sistemi economici assai diversi: Cina, Arabia Saudita, Giappone, Stati Uniti; l'estrema sintesi delle motivazioni ruota attorno ai concetti di vendetta e di giustizia.
Meritano un ricordo particolare i memorabili e incisivi sforzi italiani - sorretti dall'azione di tante associazioni e organizzazioni religiose, laiche, civili - che hanno portato il 15 novembre 2007 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ad approvare una risoluzione che chiede la moratoria universale della pena di morte. La tutela del valore della vita deve essere un imperativo categorico e assoluto in linea con lo spirito e il significato più profondo del termine democrazia.
L'efficienza di un Paese si misura attraverso un sistema giustizia che sappia possedere e utilizzare strumenti di equa severità non disgiunta da umanità. Più rapida è l'applicazione della legge, più si tutela l'individuo: ritardi, lentezze, iter farraginosi rallentano i legittimi obiettivi del singolo ma anche quelli di una Nazione. Sempre al servizio dei diritti di quanti vi ricorrono, la vera giustizia deve dare sicurezza e certezza, e deve essere priorità di ogni paese civile. Nel settore penale ha l'alto compito di combattere ogni forma di criminalità, soprattutto quella organizzata che comprime l'economia, la crescita produttiva e l'occupazione lavorativa. Il nostro Paese ha saputo respingere con fermezza e grande capacità il terrorismo, fino ad annullarne ogni spinta di violenza e di morte.
L'Italia ha leggi all'avanguardia e una magistratura efficiente che giornalmente si confronta con il fenomeno mafioso, con successi incessanti e continui che hanno consentito di realizzare una tenace repressione in un settore così odioso che mortifica la dignità della persona. Ogni modifica di legge in questo snodo essenziale della vita di ogni Nazione, deve assolvere ad un'unica funzione: fornire strumenti ancora più incisivi per un contrasto sempre più efficace alla criminalità. Anche l'economia è strettamente collegata alla giustizia: un sistema equo, snello, adeguato, semplificato nei procedimenti, che attui una seria politica di informatizzazione e di organizzazione delle strutture e delle risorse, ha una valenza positiva per la competitività di ciascuno Stato.
Sappiamo bene che il nostro Paese deve dotarsi di mezzi migliori per scongiurare problemi derivanti da ritardi nell'applicazione della giustizia, una necessità sottolineata anche in una risoluzione della Commissione Europea, così da evitare difficoltà nel ruolo dell'Italia in Europa e nel mondo. In questo scenario le istituzioni, la politica, la magistratura, le forze sociali, come un tutto unitario, siamo chiamati a contribuire per affermare con onestà, umiltà, ma soprattutto con voglia di fare la forza del diritto su ogni illegalità e sopruso.