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Il Presidente: Discorsi

In ricordo di Gino Giugni

Onorevoli colleghi,
nella notte tra domenica e lunedì si è spento, a Roma, dopo una lunga malattia, il Professor Gino Giugni.

Nato a Genova il 1° agosto 1927, si era laureato in giurisprudenza ed era divenuto, poi, avvocato. In seguito intraprese la carriera universitaria insegnando, tra le altre, presso le università di Bari e Roma, e sviluppando un profilo di studi e interessi di respiro internazionale nelle Università di Nanterre, Parigi, Los Angeles, Buenos Aires e New York.

Nel 1969 divenne Presidente della Commissione nazionale per lo Statuto dei lavoratori che ebbe l'incarico di redigere il testo che costituisce, ancora oggi, il fondamento giuridico dei rapporti di lavoro nel nostro ordinamento. Un testo rimasto a lungo unica radice del diritto dei sindacati e dell'autonomia collettiva nel nostro frastagliato panorama normativo.

Per comprendere le ragioni assurde per cui nel maggio del 1983 fu vittima di un vile attentato delle Brigate Rosse, si deve soprattutto ricordare che Gino Giugni, come in seguito Massimo D'Antona e Marco Biagi, ha rappresentato per molti anni un modello straordinario di intellettuale e giurista, alla costante ricerca di un raccordo efficace e profondo tra le più mature elaborazioni del mondo accademico e le istituzioni.

In questo senso, ricordare il professor Giugni solamente come il padre della legge n. 300 del 1970, lo Statuto dei Lavoratori, sarebbe persino riduttivo. Vale invece tornare su una sua celebre affermazione, esemplare dell'idea di riformismo e innovazione che ne ha pervaso sempre l'azione e la dottrina: "Il riformismo sociale, dal momento che non ha l'ambizione di cambiare il mondo in dieci giorni, trae alimento essenzialmente dall'osservazione empirica".
Si spiega così perché Egli abbia incarnato un punto di riferimento per quel diritto sindacale in divenire di cui fu, oltre che interprete, dapprima teorico tra i pionieri e poi legislatore.

Dalla metà degli anni novanta è poi Presidente della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali che segnò gli esordi di quell'Autorità indipendente e ne orientò la successiva azione di indirizzo e regolazione.

In ciascuna di queste vesti, i suoi contributi si sono sempre distinti per equilibrio, capacità di innovazione, sensibilità per gli interessi sociali di un Paese in costante trasformazione economica nell'arco dei tre decenni cruciali tra il 1970 e il 2000. Un'inesausta missione per trasformare e ammodernare gli istituti che regolano il rapporto di lavoro, quel lavoro su cui, secondo l'articolo 1 della Costituzione, è fondata la nostra Repubblica.

Nel giugno 1983 la prima elezione a Senatore nelle liste del Partito Socialista Italiano segna l'avvio di un impegno diretto nella vita politica e parlamentare italiana.
Quale membro di questa Assemblea, ricoprì il ruolo di Presidente della Commissione lavoro, Previdenza sociale nella IX, nella X e nell'XI legislatura. Fu anche componente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia P2 e autorevole membro della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali.

Nella fase di passaggio tra la prima e la seconda Repubblica, dal 1993 al novembre 1994, Gino Giugni assunse l'incarico di presidente nazionale del Psi e dall'aprile del 1993 al maggio 1994 ricoprì la carica di Ministro del Lavoro e della sicurezza sociale del governo Ciampi, nell'ultimo, decisivo, scorcio dell'XI legislatura. Nel 1994 fu eletto deputato e divenne membro della Commissione lavoro pubblico e privato della Camera.

Con Gino Giugni scompare una delle più grandi figure di giuslavorista della storia del Paese. Il suo è stato un insegnamento reso ancor più prezioso dalla non comune capacità di formare una scuola, di contribuire poi al suo consolidamento, alla formazione di decine di autorevoli giuslavoristi, alcuni dei quali hanno ricoperto ruoli di assoluto rilievo anche tra i banchi di questa Assemblea.

Ma - voglio ribadirlo - con la sua scomparsa si rinnova anche la consapevolezza di quanto bisogno abbia oggi l'Italia di uomini capaci di incidere, in un clima di ritrovata coesione sociale, non solo sui sistemi normativi ma proprio sulle scelte di fondo che riguardano il tessuto produttivo del nostro Paese e le sue relazioni industriali.
Questa consapevolezza mitiga il senso della sua perdita, nella speranza che la lezione del Professor Giugni continui ad essere seguita con coerenza e intensità da noi tutti e dalle nuove generazioni.

Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio.



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