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Il Presidente: Discorsi

Presentazione del "Repertorio biografico dei Senatori dell'Italia Liberale"

Discorso pronunciato dal Presidente Schifani in Sala Zuccari alla presentazione del "Repertorio biografico dei Senatori dell'Italia Liberale"

Autorità.
Signore e Signori.
Nel 150o anniversario dell'Unità d'Italia il Senato presenta al pubblico un'opera del tutto straordinaria e per molti aspetti inedita: il Repertorio biografico dei Senatori dell'Italia liberale, che completa la collana "Senatori d'Italia" del periodo del Regno.
Mentre infatti sono numerose le pubblicazioni che raccolgono le biografie dei Senatori nel periodo repubblicano, mancava l'approfondimento del periodo precedente che segna la nascita dello Stato unitario, delle sue prospettive, delle sue istituzioni.
Il Repertorio comprende le biografie dei 1504 senatori nominati tra il 1861 e il 1922 e chiude l'impegnativa opera iniziata nel 2003, dedicata ai senatori del Regno.
L'opera colma una lacuna nella storiografia delle istituzioni parlamentari italiane, offrendo agli studiosi uno strumento di lavoro che, a differenza dei repertori ufficiali finora disponibili, attendibili ma essenziali, è ricco di informazioni tratte da fonti archivistiche e a stampa, conservate presso l'Archivio storico del Senato e le più rilevanti istituzioni dislocate nel territorio.
I profili biografici sono dunque il risultato di pazienti ricerche svolte grazie ad una attiva e proficua collaborazione anche con i discendenti dei senatori, alcuni dei quali oggi presenti, che ringrazio e saluto cordialmente.

Un ringraziamento pieno e sincero rivolgo inoltre al Professor Fabio Grassi Orsini, che da tempo ha instaurato una collaborazione preziosa con il Senato, e alla Dottoressa Emilia Campochiaro, responsabile dell'Archivio storico, per un impegno e una dedizione che rappresentano motivo di lustro per la nostra Istituzione.
Ringrazio infine gli autorevoli oratori che stanno animando l'odierno dibattito, al quale concomitanti impegni istituzionali mi impediscono di partecipare. Tuttavia sarà cura della Presidenza del Senato pubblicare gli atti di questa giornata di studi che rappresenta un passaggio importante, direi del tutto particolare, nell'anno celebrativo dell'Unità d'Italia.
Un grande giurista ebbe modo di affermare che "fare la Costituzione è cosa diversa dal legiferare in materia costituzionale".
La frase di Giuseppe Ferrari rappresenta forse la sintesi del complesso ed articolato percorso che ha portato alla maturazione di una "coscienza nazionale", prima ancora della definizione dell'unità territoriale, amministrativa, politica ed istituzionale dell'Italia.
Per molti aspetti il periodo successivo alla concessione dello Statuto albertino poteva apparire contraddistinto da una "Costituzione senza Stato".
Vale allora il monito di Paolo Grossi, per il quale "la Carta, isolata nella sua testualità, separata da un ordinamento regolativo di indole costituzionale, corre il rischio di imitare tante esercitazioni astratte che la storia giuridica degli ultimi due secoli ci propone eloquentissima".
La testimonianza diretta di quanti concorsero a realizzare non in astratto, ma in concreto, l'Unità nazionale diventa allora la cartina di tornasole di una storia più ricca e articolata di quanto alcuni miti abbiano cercato di rappresentare.

Il Senato del Regno è una sorta di lente d'ingrandimento del graduale processo di emersione dell'identità della Nazione.
La stessa idea di sovranità sulla quale poggia l'edificio costituzionale attraversò tre passaggi fondamentali.
In un primo momento, la sovranità venne a comprendersi prevalentemente come sinonimo di Stato.
In altri termini, la sovranità era espressione dell'autorità e del potere nei confronti di altre realtà straniere, all'esterno, e dei cittadini, all'interno del territorio riunificato.
Gradualmente, accanto all'idea di una "sovranità dello Stato", si venne a imporre un fattore identitario sostanziale, correlato alla cosiddetta "sovranità nazionale". La stessa parola "nazione" poteva apparire, da un lato, inclusiva di una pluralità di elementi culturali, storici, istituzionali, dall'altro, però, anche come una sorta di "soggetto distinto dai cittadini che la compongono".
Il terzo passaggio, che segna in modo irreversibile e forte il processo di realizzazione dell'Unità d'Italia, è rappresentato dalla Costituzione repubblicana.
L'articolo 1 raccoglie la ricchezza e anche le difficoltà della storia, fissando nel principio della "sovranità popolare", esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione, il valore della democrazia. La sua piena realizzazione è emblema veritiero della stessa unità nazionale.
In tale prospettiva, l'Unità d'Italia rappresenta il perimetro ideale all'interno del quale il bene comune si realizza attraverso la coesione sociale e la stabilità delle Istituzioni democratiche.
Il senso dello Stato coincide con il sentimento di comune appartenenza ad una storia, ad una visione, ad una prospettiva, che chiedono la capacità di superare i fattori di contrapposizione, andando oltre la logica dello scontro permanente.

Anche nei momenti difficili, la fiducia nella tenuta complessiva del sistema di relazioni istituzionali, economiche, sociali è condizione fondamentale affinché il principio della divisione dei poteri non diventi sinonimo di "scontro", bensì di "equilibrio". Questo è l'obiettivo da raggiungere.
Bisogna ricercare il giusto bilanciamento per superare in radice la rincorsa, fine a se stessa, tra parti contrapposte, e per evitare lo scontro tra giustizia e politica, definendo, così, i giusti confini nel nostro quadro democratico tra istituzioni rappresentative e potere giudiziario.
Continuità, stabilità, coerenza nella vita delle Istituzioni sono garantite da un radicato sentimento collettivo che chiede consapevolezza e pacificazione.
Come testimoniano i percorsi biografici oggi raccolti nei volumi del Repertorio, le mancate riforme furono una delle principali cause della crisi, sociale e soprattutto politica, che portò a situazioni davvero difficili della storia nazionale.
Riformare significa la vittoria delle forze del cambiamento contro le forze della conservazione che mirano a tutelare soltanto posizioni di vantaggio consolidate nel tempo ma ormai anacronistiche.

Le grandi riforme hanno sempre richiesto coraggio e lungimiranza, competenza e attitudine al dialogo.
Sul finire del secolo scorso, quando l'Italia usciva da una delle sue più gravi crisi sociali ed al tempo stesso istituzionali, senza venir meno al suo ruolo di equilibrio, il Senato favorì l'evoluzione sociale del Paese, a partire dalla svolta di inizio secolo sino alla fine dell'età giolittiana.
Possiamo parlare quasi di una coincidenza tra lo "stile" e lo "spirito" del Senato, che caratterizzò in modo esemplare la vita della Camera alta anche nei momenti più bui.
La pubblicazione di questo Repertorio non è allora un'opera di sola ricostruzione storica, ma ha l'ambizione di contribuire a consolidare una tradizione, che non è rivolta al passato, ma guarda innanzi e lontano.
Più che un auspicio, l'autentica Unità d'Italia, unità non solo territoriale ma anche istituzionale, è una necessità storica ed ideale.



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