Presentazione del libro "Era santo, era uomo. Il volto privato di papa Wojtyla"
Autorità, Signore e Signori,
sono lieto di dare il mio benvenuto ai relatori e ai partecipanti della presentazione del libro "Era santo, era uomo. Il volto privato di Wojtyla".
Ho partecipato a Piazza San Pietro alla cerimonia di beatificazione di Papa Wojtyla e ho avuto il grande privilegio di assistere ad una giornata straordinaria, che ha toccato il cuore di tutti.
L'immenso numero di pellegrini giunti da ogni parte di Europa e del mondo, che hanno dormito nelle chiese rimaste aperte tutta la notte del sabato, è stata la più evidente testimonianza di quanto questo grande Papa abbia saputo incidere sulle coscienze e sui cuori di milioni di uomini.
Karol Wojtyla in questo libro viene raccontato nella sua vita privata.
Voglio innanzitutto salutare l'autore Lino Zani, insieme a Marilù Simoneschi e complimentarmi con loro per la semplicità e l'amore che accompagnano la narrazione di una vita straordinaria; un ritratto intimo e intimista di Giovanni Paolo II con la sua grande e conosciuta passione per la montagna, lo sci, l'alpinismo. Le foto riportate nel volume mostrano un pontefice a suo agio nel ruolo di semplice anche se espertissimo sciatore, in mezzo ad altri uomini e donne sconosciuti al grande pubblico o notissimi, come il Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
La montagna è intesa come metafora dell'esistenza e del cammino verso Dio.
"Guardando le cime dei Monti si ha l'impressione che la terra si proietti verso l'alto, quasi a voler toccare il Cielo: in tale slancio l'uomo sente in qualche modo interpretata la sua ansia di trascendente e di infinito": l'espressione di Giovanni Paolo II riportata dagli autori, racchiude il desiderio, il bisogno di trovare Dio che contraddistingue ogni essere umano.
Il libro racconta il rapporto di amicizia e stima fra Karol Wojtyla e il giovane Lino Zani, maestro di sci e provetto alpinista, che ne diventerà compagno di indimenticabili gite.
Giovanni Paolo II affida al maestro di sci il compito di essere "apostolo delle montagne", e di portare la croce sulle vette più alte e belle del mondo. Il giovane accetta, e comincia a scalare cime lontane e pericolose, rischiando più volte la vita e portando a termine l'incarico affidatogli.
In una delle ultime "fughe" in montagna, Giovanni Paolo II affermava durante l'Angelus :" Ringrazio Dio per la maestosa bellezza del Creato. Lo ringrazio per la sua stessa bellezza di cui il cosmo è come un riflesso, capace di affascinare gli animi attenti e di spingerli a lodare la grandezza".
Papa Wojtyla, come ha ricordato Benedetto XVI nella cerimonia di beatificazione della scorsa domenica, ha lasciato a tutti noi un grandissimo patrimonio, dal quale le nuove generazioni potranno attingere ricchezze. Proprio quei giovani che Giovanni Paolo II incitava a "prendere in mano la propria vita e a farne un capolavoro".
"Ha aiutato i cristiani di tutto il mondo a non aver paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo. Ci ha aiutato a non aver paura della verità perché la verità è garanzia di libertà", ha voluto ribadire con forza Benedetto XVI.
Un dono del quale ogni cristiano deve far tesoro in ogni azione della propria vita.
Un dono anche per chi non crede, perché il salire sulla montagna della vita è in sé la sfida del trascendente, dell'incontro con l'altro, dell'ascolto e della ricerca del senso profondo dell'umanità.