Nuove regole per il Parlamento
Sono particolarmente lieto di ospitare in Senato questo dibattito.
A un anno dall'inizio della XVI legislatura, possiamo fare un primo bilancio dell'attività delle due Camere e del funzionamento delle regole che ne disciplinano la vita. In Senato si è già avviato un confronto sia nella sede propria della Giunta per il Regolamento, sia in Aula. Nel corso del dibattito che vi è stato sugli strumenti della legislazione, che si è svolto in Aula il 18 marzo scorso intervennero, tra gli altri, i senatori Quagliariello e Zanda, che oggi hanno l'opportunità di confrontarsi con il Vice Presidente della Camera, onorevole Leone e con l'onorevole Lanzillotta.
La storia dei regolamenti delle due Camere è efficacemente esposta nel libro che oggi presentiamo. L'impianto dei regolamenti del '71 è stato con profondità rivisto al Senato nel 1988, sotto la presidenza di Giovanni Spadolini. Una riforma illuminata e anticipatrice che ha permesso a queste regole di reggere l'impatto dei profondi cambiamenti istituzionali e del quadro politico che si sono realizzati dalla metà degli anni '90.
La Camera ha condotto un complessivo aggiornamento nel '97. Ma da allora le cose sono cambiate. E prassi e interpretazioni hanno cercato di adeguare queste disposizioni a un contesto in evoluzione. Si avverte sempre più l'esigenza di rendere rapide le decisioni dei due rami del Parlamento; lo impongono il mutare delle situazioni e la loro accelerazione. La crisi economica da contrastare, i problemi di ordine pubblico da risolvere con grande dinamismo e celerità, richiedono risposte immediate. E' infatti noto a tutti come i tempi non brevi dei due rami del Parlamento a volte non garantiscano risposte in termini immediati.
I cittadini, gli operatori, la società in genere, non devono vedere deluse le proprie aspettative di soluzioni veloci, e maggioranza e opposizione non devono sottrarsi al confronto ed al dialogo su queste rilevanti tematiche. Vi è la necessità da tutti avvertita di aggiornare queste regole. Ne sono testimonianza in Senato le 15 proposte di modifica del Regolamento che suggeriscono di incidere su snodi cruciali e delicati della vita della nostra Assemblea: l'azione del Governo in Parlamento, il ruolo dell'Opposizione, la vita dei Gruppi parlamentari, la composizione e le funzioni di gran parte degli organi del Senato. Il confronto avviato vuole fare emergere - è questo il mio auspicio - proposte condivise e fondate su un largo consenso.
Come è stato efficacemente scritto nel libro di Gianniti e Lupo, il diritto parlamentare è stato per lungo tempo, e può essere ancora, una sorta di "avanguardia" del diritto costituzionale. In questa fase della nostra vita istituzionale dobbiamo avvicinarci al tema della riforma delle regole del Parlamento con spirito pragmatico ed anche, se vogliamo, sperimentale. Le proposte depositate in Senato fanno emergere molte possibili convergenze. Vi è ad esempio, tra tutte, un comune sentire sulla riforma dei requisiti di formazione e composizione dei Gruppi parlamentari. Riforma resa possibile nel 2008 grazie all'autonoma ma convergente scelta dei due principali partiti, con la consultazione elettorale che ha grandemente semplificato il quadro politico.
Ma la semplificazione ora deve essere consolidata e resa non più aggirabile con nuove regole parlamentari. E' una riforma che può essere realizzata senza precludere più ambiziose e complessive revisioni del quadro istituzionale che pure meritano attenzione in questa legislatura per arrivare a soluzioni forti e condivise.
Con lo stesso spirito pragmatico deve essere affrontata la nuova disciplina, più equilibrata ed efficace, sulla decretazione d'urgenza. Ne abbiamo discusso ampiamente in Senato il 18 marzo. Tutti siamo consapevoli dei problemi posti dal ricorso alla decretazione d'urgenza e dall'intreccio, in sede di conversione, di istituti che si sono affermati negli anni, quali i maxi-emendamenti e la questione di fiducia posta su di essi spesso al fine di rispettare i tempi costituzionali previsti per la conversione dei decreti. Su questi problemi ha richiamato una volta di più la nostra attenzione nei giorni scorsi il Capo dello Stato. E sempre più nette e chiare sono le pronunce della Corte costituzionale, volte a ricondurre nel suo alveo proprio di strumento eccezionale, la decretazione d'urgenza.
Il problema dei tempi della decisione impone al Parlamento il compito di recuperare il suo ruolo di attore principale nell'elaborazione delle leggi. Certo la presenza dell'Unione europea, degli altri vincoli internazionali e delle Regioni rende il ruolo del legislatore nazionale maggiormente complesso. Ma la sfida oggi per il Parlamento è quella di produrre leggi capaci di integrarsi in questo intreccio tra interessi che non sono solo statali, ma anche regionali o sopranazionali.
La definizione di procedure che garantiscano tempi certi alla decisione è essenziale quindi per rafforzare il ruolo del Parlamento, ma anche per corrispondere in modo pieno a queste esigenze. Questo, del resto, è il senso chiaro della disposizione dell'art. 72, comma 2, della Costituzione, che affida ai regolamenti parlamentari il compito di disciplinare "procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza".
Perché un intervento è urgente quando produce l'effetto voluto in termini di tempestività; viceversa, diviene, in condizioni di vera urgenza, inutile e sostanzialmente inefficace. In questi termini di funzionalità, e non di collisione tra poteri o di scambio, deve essere con pacatezza esaminata la questione: soltanto una modifica dei regolamenti che assicuri tempi brevi e prestabiliti e corsie preferenziali agli atti del Governo, potrà evitare il ricorso sempre più stringente alla decretazione d'urgenza, in quanto così soltanto potranno essere garantiti la scansione della programmazione, i ritmi temporali e in definitiva il rispetto della previsione dei termini finali di approvazione.
Di tutto questo, credo, dobbiamo tenere conto e a queste esigenze dobbiamo dare risposte, se veramente vogliamo rafforzare l'autorevolezza delle istituzioni parlamentari e non rassegnarci ad un loro inevitabile declino. Ebbene, io credo che su questo ed altri temi si stia sviluppando in Senato un confronto costruttivo nella sede propria della Giunta per il Regolamento.
Il dibattito di oggi che pone tra l'altro a confronto le esperienze delle due Camere, fornirà certamente elementi utili alla riflessione. Ecco perchè ritengo interessante e utile il contributo fornito dal volume che oggi viene presentato, frutto della riflessione di due consiglieri parlamentari impegnati anche sul fronte accademico.
Avvertiamo oggi l'esigenza di una nuova fase costituente. La Costituzione è intoccabile nella prima parte. Ma non lo è nella seconda. Le nuove esigenze dei nostri tempi richiedono una accelerazione dell'attività legislativa. Un obiettivo indifferibile che deve realizzarsi con il necessario contributo di tutte le forze del Parlamento e che può attuarsi soltanto in presenza di un confronto costruttivo e condiviso tra i diversi schieramenti.
Non dobbiamo disperdere il clima di coesione maturato dopo il recente grave terremoto che ha colpito la regione di Abruzzo ma ha lasciato profonde ferite in tutti noi. E stiamo vivendo , con l'approssimarsi della ricorrenza del 25 aprile, in chiave unitaria e di pacificazione, un momento di grande solidarietà e di ritrovata aggregazione.
Il ricordo del giorno della Liberazione, in passato terreno di scontro e di lacerazione, si celebra oggi in un clima di condivisione che ci induce ad avere fiducia nel futuro. Non disperdiamo questa grande opportunità, ma facciamone tesoro per utilizzarla in termini costruttivi e propositivi per il bene e per la storia del nostro Paese.