Il "soffitto di cristallo"
È un grande piacere per me dare inizio ai lavori del Seminario internazionale "Donne protagoniste del Mediterraneo". Voglio rivolgere un affettuoso saluto all'onorevole Lella Golfo. Sotto la sua organizzazione e in collaborazione con "Il Sole 24 Ore" e con Confindustria, questa iniziativa è divenuta un appuntamento consolidato per chi sente il bisogno di momenti di approfondimento sui più alti scenari politico-economici nazionali e globali.
Entro subito nel cuore del nostro dibattito ricordando che esiste un soffitto di cristallo, il muro invisibile che, secondo gli studi più accreditati, impedirebbe a molte donne di accedere a responsabilità di vertice in vari settori dell'economia e della società. Questa situazione mostra, per fortuna, alcuni segnali di miglioramento, secondo quanto rilevato dalle fonti più recenti. Il rapporto generale classe dirigente per il 2008, redatto con la consueta accuratezza dell'Università Luiss, parla di trend confortante a proposito del recente incremento della presenza femminile nel management e nelle posizioni di responsabilità in genere.
La condizione femminile nel mercato del lavoro è condizionata dalla doppia presenza della donna nel lavoro e nell'entourage familiare ma, nonostante ciò, è aumentata la partecipazione e l'offerta di lavoro femminile in questi ultimi trent'anni, sia nei Paesi dell'Unione Europea che negli Stati Unitì.
Il numero di donne che offrono lavoro continua a crescere sia in termini assoluti, passando da quasi 77 milioni di unità nel 1960 ad oltre 117 nel 1990, sia in termini relativi.
A fronte di tutto ciò, resta tuttavia una questione ineludibile e cioè: la stessa Unione Europea, che pure rappresenta certamente nel suo insieme un'isola felice, con ogni probabilità mancherà l'obiettivo stabilito con l' Agenda di Lisbona di un tasso di attività della popolazione femminile pari almeno al 60% nel 2010. La realtà italiana, con il 47% di occupazione femminile registrato dalle più recenti rilevazioni del Ministero del Lavoro, è ancora lontana da questo obiettivo.
Il Parlamento è dunque chiamato ad un rinnovato impegno su questo fronte. Esiste però una sparuta ma agguerrita pattuglia di donne dirigenti che sono riuscite a fare breccia in quel soffitto di cristallo di cui parlavo all'inizio, quella sorta di limite invisibile ma di fatto esistente che blocca le carriere femminili al di sotto dei vertici aziendali, anche in settori notevolmente rigidi e chiusi, come quello bancario del top management nel quale risultano essere ancora delle rarità.
Si tratta di casi incoraggianti e, per questo stesso, meritevoli di essere studiati al fine di capire quali sono le passioni e le fatiche dell'essere donna e dirigente in una organizzazione strutturata spesso tutta al maschile. Parlando dell'Istituzione che ho l'onore di presiedere, il dato statistico nella sua cruda assolutezza può essere considerato alquanto basso con il 18% circa dì rappresentanza femminile, ma esprime una decisa tendenza all'incremento se lo si confronta, ad esempio, con il 13% di senatrici della legislatura precedente, oppure con il 7% della precedente legislatura.
Per rimanere in Senato, si pensi all'autorevole presenza femminile nel Consiglio di Presidenza nel quale siedono ben due Vicepresidenti donna, la senatrice Emma Bonino e la senatrice Rosy Mauro, oppure alla Presidenza del secondo maggior gruppo parlamentare, quello del Partito Democratico, da parte della senatrice Anna Finocchiaro che investe nel suo delicatissimo ruolo tutta la coscienza democratica e la passione forgiata da lunghi anni di militanza politica, nonché il giudizio e la preparazione giuridica della sua esperienza di magistrato.
Quale obiettivo, allora, ci si può prefiggere in questo lungo cammino verso la conquista della parità sostanziale fra i due sessi? A mio parere può sembrare un traguardo irraggiungibile, eccessivamente pretenzioso, ma credo che potremo davvero ritenerci soddisfatti solo quando le donne otterranno nella nostra società un numero di posizioni di rilievo, prestigio e responsabilità almeno pari alla loro presenza nella popolazione. Allora potremo veramente ritenerci tutti facenti parte di una società pluralista, solidale e rispettosa di un universale principio di uguaglianza, faro luminoso dei nostri comportamenti e delle nostre regole di vita.