"Il giornalismo e le sfide del cambiamento"
Ringrazio il Presidente Roberto Natale e il Segretario generale Franco Siddi per il gradito invito ad inaugurare il vostro XXVI congresso nazionale il cui tema "Il giornalismo e le sfide del cambiamento" pone argomenti di grande e stringente attualità e invita ciascuno di noi a seria e meditata riflessione.
Il convegno cade nel 100° anniversario della firma del primo contratto nazionale del lavoro sottoscritto da giornalisti e da editori dei giornali.
La libertà di stampa, conquista di civiltà e di democrazia, chiede innanzitutto garanzie per l'indipendenza e l'autonomia dei giornalisti. Oggi è necessario uno sforzo collettivo ulteriore in grado di superare ogni rischio, anche involontario, di subalternità, condizionata gravemente dalla contrazione occupazionale.
L'occupazione e gli investimenti sono beni essenziali, da tutelare ed incoraggiare senza incertezze.
Per l'equilibrio tra le diverse e legittime esigenze, serve una reale disponibilità di incontro. Pregiudizi e forzature sono dannosi.
Garantire una prospettiva anche per i giovani richiede a tutti uno sforzo comune basato su realismo, volontà, capacità, determinazione nel realizzare progetti concreti e duraturi.
Il futuro dell'informazione segna la generale prospettiva del nostro domani, di un tempo di libertà e responsabilità dove nessuno è spettatore, ma necessariamente protagonista per lo sviluppo e la crescita dell'intero Paese.
La stampa e più in generale l'informazione sono infatti le prime protagoniste della vita politica e civile della Nazione e contribuiscono a costruire, formare, indirizzare l'opinione pubblica e la stessa convivenza civile.
Le nuove tecnologie hanno cambiato stili di vita e comportamenti. Non devono essere viste come un problema o un impedimento, ma interpretate come sfida e stimolo alla ricerca e allo sviluppo. Il flusso inarrestabile di informazioni allarga gli orizzonti della conoscenza e del sapere, permettendo ai cittadini una migliore e compiuta consapevolezza del proprio ruolo, dei propri diritti, dei propri doveri.
Il giornalismo è una risorsa per una cittadinanza attiva in grado di interpretare e affrontare le sfide della modernità.
Comunicare significa anche capacità di trasmettere pensieri ed emozioni perché i valori fondanti della comunità siano effettivamente condivisi come patrimonio di tutti e non come esclusiva di qualcuno.
La comunicazione presuppone, pertanto, senso di responsabilità, buona fede, equilibrio. La notizia ha una sua oggettività che merita assoluta trasparenza, ma è anche la chiave di comprensione della realtà che come tale permette a ciascuno di maturare le proprie idee e di ispirare le proprie scelte.
L'informazione autentica, trasparente, aderente alla realtà e alla verità non è mai solo racconto di un avvenimento, ma ricostruzione di una "storia". I maestri del giornalismo sono stati e sono tuttora anche maestri della comunicazione, proprio perché riconoscono le potenzialità di un sapere che si intreccia con la vita e l'esperienza delle persone.
Nel nome dell'informazione e della comunicazione più rigorosa e attendibile molti giornalisti hanno scelto di raccontare, anche le realtà più terribili, in avamposti teatro di guerre o le realtà difficili in territori ad alta densità criminale e mafiosa. Uomini e donne ai quali va la nostra piena e convinta gratitudine per averci consentito di conoscere e di capire; persone che, nonostante tutto e solo in nome della verità, hanno accettato di esporsi, mettendo consapevolmente a rischio la propria vita, alcuni sacrificandola.
Abbiamo un debito di riconoscenza nei loro confronti così come dobbiamo molto ai tanti che ogni giorno, non perdendo mai di vista il dovere di narrare i fatti con l'unico limite della buona fede, in radio, in televisione, sui giornali, sui siti internet, arricchiscono il dibattito pubblico e la crescita delle coscienze individuali e dell'intera collettività.
Tra gli strumenti di garanzia di cui ha bisogno la democrazia, il pluralismo dell'informazione è forse il più rilevante; è certezza di trasparenza, è rispetto delle diverse idee, sensibilità, culture.
Il vero pluralismo non è soltanto formale o numerico, ma di sostanza, perché deve realmente rappresentare le diversità. Tutti i cittadini sono i guardiani di una informazione completa ed esauriente, che garantisce gli spazi per le libere opinioni e che consente una piena e incondizionata manifestazione del pensiero di ciascuno.
E' parte integrante di una informazione completa la possibilità di un contraddittorio rispettoso delle diverse opinioni, che superi la tentazione di facili scorciatoie a senso unico.
Equilibrio e imparzialità uniti al dovere di cronaca possono rendere davvero corretta l'informazione, preservando anche la dignità dell'individuo.
Correttezza dell'informazione, rispetto della riservatezza e dell'individuo segnano il perimetro ideale dove diritto di cronaca e dignità personale sono pienamente garantiti e realizzati.
L'informazione acquista così un valore straordinario di utilità per l'interesse collettivo. Diventa il luogo dove si realizza la socialità.
Soccorrono in questo contesto le regole deontologiche, le vostre regole, che esaltano infatti l'autonomia della professione, la tutelano da critiche e attacchi e che, contemporaneamente, garantiscono il diritto di ogni cittadino ad un'informazione imparziale, equilibrata, corretta, completa.
Il recupero di una dimensione di rispetto reciproco, di verità e di trasparenza è la strada che può accomunare diversi settori dello spazio pubblico.
Anche la politica è chiamata a percorrere fruttuosamente la strada della responsabilità e della pacificazione nell'interesse comune di cittadini ed istituzioni.
Non sempre la pacificazione è stato un presupposto scontato. Anche oggi è una scelta politica ed istituzionale auspicabile e sempre più necessaria di fronte all'incertezza di un sistema economico e finanziario ancora esposto seriamente ai rischi dell'instabilità, della speculazione, della crisi sociale.
Resta fondamentale evitare ogni retorica, come è essenziale allontanare ogni tentazione di approssimazione o semplificazione forzata.
E proprio in questi giorni che vedono l'inizio delle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, è necessario riaffermare il valore costituzionale dell'unità e della coesione nazionale, che ha fatto la storia del nostro Paese e che è il presupposto irrinunciabile per il suo futuro.
Sottrarsi a questa ispirazione ideale costituirebbe un grave errore storico e politico: solo un Paese davvero unito, riesce a far convivere le diversità territoriali che la storia ci ha lasciato in eredità.
Evocare l'Unità d'Italia non significa nascondere i problemi attuali, quali il divario tra nord e sud.
Né si può ignorare che un centralismo anacronistico e fine a se stesso non costituisce in alcun modo un motore di sviluppo, ma un grave impedimento alla crescita.
Un federalismo che unisce e non divide può essere la giusta risposta per un salto di qualità effettivo dell'intero sistema Paese.
Il federalismo può e deve essere l'occasione per una ritrovata unità, che si realizza con una larga intesa tra le forze politiche.
Anche in questo mi riconosco con quanto autorevolmente invocato in questi giorni dal Capo dello Stato.
Tutte le forze politiche hanno il dovere di riconoscersi nel Suo messaggio.
L'informazione vive all'interno di questa visione che è sempre più una sfida al cambiamento.
In tale prospettiva la stampa ha un ruolo centrale.
Voi giornalisti vi rivolgete alla Nazione e siete voi stessi espressione della sua complessità e diversità.
L'informazione credibile, libera, trasparente è la leva perché sulla comunicazione della verità non prevalga la curiosità fine a se stessa, ma la ricerca di una sintesi in grado di guardare avanti oltre le incomprensioni e le incomunicabilità.