Gli sviluppi della diplomazia parlamentare nel XXI secolo. Il ruolo dei Senati
Onorevoli colleghi,
iniziamo ora la nostra prima sessione di lavoro, quella sul ruolo e sugli sviluppi della diplomazia parlamentare, sullo stato e sulle prospettive dell'attività internazionale dei parlamenti, e in modo particolare delle Camere alte.
Ricordo poi che la sessione pomeridiana sarà presieduta dal collega Larcher, Presidente del Senato francese, e sarà dedicata al ruolo dei Senati fra autonomie locali e Unione Europea.
Introducendo i lavori di questa sessione, permettetemi solo un brevissimo cenno iniziale anche a questo secondo tema.
Il ruolo naturale delle Camere alte, consolidatosi progressivamente nella esperienza costituzionale dei principali paesi europei e non solo, è quello di integrare la funzione di rappresentanza dei parlamenti.
Di fronte a società sempre più complesse e ad una maggiore articolazione dei livelli di Governo (da quello locale a quello europeo), oggi più che mai il bicameralismo appare un elemento indispensabile per assicurare una più efficace capacità rappresentativa e un equilibrio di più lungo periodo rispetto al ciclo politico che segna la vita e l'attività dei governi e delle maggioranze che li sostengono.
Queste esigenze vanno tuttavia contemperate con la necessità di garantire tempi rapidi alla decisione di governo, un'esigenza, questa, ineludibile nell'età della globalizzazione.
Per i Parlamenti a sistema bicamerale, come i nostri, questa consapevolezza chiama ad una sfida ancora più elevata: quella di coniugare la qualità e la ricchezza delle nostre rappresentanze - un bene a cui non siamo disposti a rinunciare - con la qualità e l'efficacia dell'azione parlamentare nel suo complesso.
In Italia è da tempo in corso una riflessione sulla possibilità di passare dall'attuale regime di bicameralismo perfetto (nel quale la Camera e il Senato hanno gli stessi poteri) a un bicameralismo fondato sulla specializzazione delle funzioni attribuite a ciascun ramo del Parlamento.
Un bicameralismo paritario efficace, aperto alla prospettiva di una rappresentanza elettiva diretta delle diverse Regioni delle quali l'Italia è composta, Regioni che - lo ricordo per i colleghi stranieri - godono nel mio Paese di ampie funzioni di legislazione primaria.
Non vedo in una futura riforma costituzionale italiana che vada in questa direzione il rischio di una deminutio, di un declassamento per il Senato. Si tratta semplicemente di ritagliare per la nostra Camera alta un ruolo più specializzato, che meglio proietti la funzione legislativa in un ambito ormai sovranazionale e la raccordi con la struttura regionale del nostro ordinamento statuale.
La recente riforma del titolo V della seconda parte della Costituzione italiana impone ormai di sviluppare e rafforzare la capacità rappresentativa delle realtà regionali da parte del Senato; allo stesso modo l'approvazione del Trattato di Lisbona impone una più efficace partecipazione dei Parlamenti nazionali alla definizione della normativa europea.
In questa prospettiva un Senato che fosse una Camera "dell'Europa e delle Regioni" rappresenterebbe per l'Italia, a mio giudizio, un salto di qualità straordinario perché farebbe sintesi dei principi di sussidiarietà e di solidarietà, in un quadro di deciso rafforzamento dell'unità nazionale.
Torno ora, dopo questo breve excursus che vorrete perdonarmi, all'argomento principale del mio intervento introduttivo: la diplomazia parlamentare nel XXI secolo e la specifica esperienza delle Camere alte.
Anche per sviluppare questo tema voglio soffermarmi sulla prospettiva della globalizzazione e sulle accelerazioni della storia negli ultimi venti anni.
Sappiamo tutti che la vocazione internazionale dei Parlamenti può essere fatta risalire al lontano 1889, l'anno dell'istituzione dell'Unione interparlamentare, di cui l'Italia fu membro fondatore e che conta oggi 151 Parlamenti membri.
Ma è solo con il secondo dopoguerra che, soprattutto in Europa, l'attività internazionale dei Parlamenti assume un carattere fortemente strutturato, come nel caso dell'Assemblea del Consiglio d'Europa.
Sono esperienze che nascono dalla distruzione e dai lutti della guerra, e che hanno imposto ai Parlamentari nazionali, rappresentanti dei popoli, un nuovo modo di fare politica.
Un'azione che si inserisce nel dialogo parlamentare sovranazionale come forma di integrazione politica e di scambio culturale capace di garantire e consolidare la pace e la stabilità.
Complementare - e in alcuni momenti addirittura sostitutivo - del dialogo fra i Governi.
L'Europa ha vissuto, dal secondo dopoguerra ad oggi, decenni di ininterrotta prosperità, crescita economica, sviluppo sociale, integrazione.
Essenziale è stato in questa prospettiva il processo di integrazione europea e il ruolo esercitato dal Parlamento europeo che dal 1979 è un'Assemblea direttamente rappresentativa dei cittadini. Un ruolo questo rafforzato dal Trattato di Lisbona nel contesto di una decisa parlamentarizzazione della vita dell'Unione.
La cooperazione tra Parlamenti ha accompagnato e accompagna dunque la crescita, la maturazione e il consolidamento delle basi democratiche della stessa Unione europea.
Ed io credo che anche la nostra Associazione possa dare, per parte sua, un contributo significativo alla creazione di un più ampio spazio pubblico europeo, oltre i confini dell'Unione.
Nel mondo globalizzato l'interdipendenza delle nostre comunità è cresciuta; la recente crisi finanziaria ne ha dato prova inequivocabile.
La vita dei cittadini e dei popoli dipende in misura sempre più rilevante da fattori e circostanze che possono travalicare la sfera di sovranità e di controllo delle singole realtà statuali.
In tale quadro, appare legittimo e opportuno chiedersi come i nuovi scenari si riflettano sulla tradizionale funzione di rappresentanza e di decisione dei Parlamenti nazionali.
Non si può negare che la globalizzazione metta in discussione il tradizionale monopolio della rappresentanza parlamentare. Essa riduce, infatti, l'importanza di quel confine statuale all'interno del quale i Parlamenti sono storicamente nati e si sono affermati.
E' piuttosto una sfida che, a mio avviso, molti Parlamenti e molte Camere alte hanno da tempo raccolto, moltiplicando gli sforzi e l'impegno sul fronte internazionale.
Ed è proprio questo il tema in discussione oggi. Si tratta di coniugare al meglio la sostanza della democrazia e della funzione rappresentativa con la dimensione sempre più globalizzata delle sfide e dei fenomeni politici.
Occorre rispondere ai processi della globalizzazione rafforzando, per quel che ci compete, la dimensione parlamentare delle organizzazioni internazionali di cui spesso si lamenta l'insufficiente legittimità democratica.
Per fronteggiare problemi comuni sono necessari strumenti altrettanto comuni e condivisi. Di fronte alla minaccia del terrorismo internazionale, alle sfide proposte dai grandi fenomeni dell'immigrazione e dell'integrazione, alle grandi questioni energetiche e ambientali, risposte politiche e soluzioni solo nazionali dimostrano tutta la loro insufficienza.
Le soluzioni ai problemi complessi vanno ricercate in un contesto sempre più ampio e devono essere accompagnate da un alto grado di legittimazione democratica. E il ruolo dei Parlamenti è qui chiaramente insostituibile.
Da ciò discende l'opportunità di chiamare i rappresentanti degli Stati e dei popoli a discutere e condividere percezioni, sensibilità, proposte e soluzioni.
La diplomazia parlamentare può essere una delle risposte delle Istituzioni che qui rappresentiamo alle sfide della globalizzazione.
Laddove la diplomazia tradizionale è strumento della politica estera dei Governi, la diplomazia parlamentare crea spazi nuovi di dialogo, aperti al contributo di un più ampio spettro di forze politiche, non necessariamente governative.
Spazi di dialogo caratterizzati soprattutto da una minore necessità di definire limiti o formalizzazioni all'azione stessa.
Certamente nel rispetto del ruolo e delle prerogative che i Governi hanno nei riguardi dei singoli, diversi Parlamenti.
Ma è dunque questo il principale valore aggiunto della diplomazia parlamentare: moltiplicare gli attori politici capaci di agire sulla scena internazionale e tenere aperti canali di discussione politica; avvicinare culture e sensibilità diverse; mettere a confronto sistemi costituzionali differenti; ricercare terreni comuni di intesa e comprendere gli elementi di diversità e le loro ragioni.
E costruire su questa base relazioni, personali e istituzionali, che servano gli interessi del progresso e del dialogo.
Anche in questo senso l'originalità e la libertà della diplomazia rappresentano un'opportunità assai preziosa, soprattutto nelle forme di dialogo interparlamentare che mettono a confronto parlamenti di consolidata tradizione con Parlamenti di recenti democrazie, o di Paesi che si avviano nella faticosa costruzione di istituzioni democratiche.
Spesso in questi contesti il dialogo parlamentare, iniziato talvolta sotto forma di protocolli bilaterali di cooperazione e di programmi di assistenza, ha contribuito a una diffusione pacifica dei valori del costituzionalismo dei Paesi europei anche in realtà politiche e statuali notevolmente differenti.
Senza voler imporre a ogni costo modelli che sono propri della nostra tradizione giuridica, è necessario incentrare il dialogo sui caratteri e i valori essenziali di un Parlamento moderno: la libertà e la pluralità delle posizioni nel confronto politico, la garanzia delle procedure e del loro esito, il rapporto dialettico con il potere esecutivo.
Le linee di tendenza che ho esposto sono ampiamente confermate dagli esiti del questionario, che abbiamo inviato a voi tutti e che ognuno di voi potrà consultare: accanto a linee di tendenza e metodologie ricorrenti, spicca l'originalità e la specificità delle risposte che, su tematiche specifiche e spesso di grande interesse, ciascuna Camera alta ha saputo elaborare nel tempo, e che potranno costituire per i Parlamenti che qui rappresentiamo occasione di riflessione e ulteriore scambio.
Vorrei infine concludere il mio intervento con un riferimento all'origine storica delle nostre Camere alte, che si ritrova nel Senato romano, quello raffigurato alla fine dell'ottocento dall'artista Maccari sulle pareti di questa splendida sala che ci ospita, con scene che ricordano alcuni eventi memorabili della storia della Roma repubblicana.
Il Senato romano, oltre al suo ruolo di assemblea di saggi che si poneva in un rapporto dialettico con il governo della res publica, acquistò nel corso dei secoli un ruolo sempre più attivo nella gestione delle relazioni esterne e divenne uno strumento di integrazione dei popoli che componevano il mosaico dell'antica Roma.
Un'Istituzione, il Senato, che ha i caratteri della " lunga durata", e che attraverso un'evoluzione secolare confluisce nella moderna concezione della rappresentanza e partecipa al processo di formazione dell'idea di Europa, le cui radici affondano nel pensiero giuridico romano.
Ma l'Europa non è solo una creazione del diritto, è uno spazio caratterizzato da radici culturali, religiose e umanistiche per la prima volta richiamate e iscritte nel preambolo del Trattato di Lisbona con una formula che pure noi avremmo forse voluto più esplicita, con un riferimento alle radici giudaico-cristiane.
Anche sulla base di questa storia millenaria, i nostri Senati possono guardare con fiducia al futuro dell'Europa e del mondo e dare un contributo decisivo allo sviluppo delle relazioni internazionali, per un avvenire di pace, democrazia e sviluppo.