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Il Presidente: Discorsi

Convegno "Se questo è un Ospedale"

Intervento del Presidente del Senato Renato Schifani in Sala Zuccari

Autorità, Signore e Signori,
la Commissione d'inchiesta sull'efficienza e l'efficacia del Servizio Sanitario Nazionale all'inizio della legislatura ha avviato un'indagine sulla cura della salute mentale e delle dipendenze patologiche.
La Presidenza ha condiviso la scelta, ritenendo fondamentale conoscere l'evoluzione culturale e l'applicazione concreta della legge Basaglia, la n. 180 del 1978, a più di trenta anni dalla sua entrata in vigore.
E dall'inizio della legislatura, il Parlamento ha cominciato ad esaminare le proposte di revisione delle leggi che riguardano le malattie psichiatriche, l'adeguamento delle strutture idonee, efficienti che siano in grado di dare ai soggetti affetti da patologie psichiatriche le doverose e necessarie cure ed assistenza e che al contempo possano fornire sostegno ai familiari degli ammalati.

L'esigenza e la consapevolezza dell'urgenza di meglio comprendere quali possano essere le prospettive di riforma è d'altra parte pienamente giustificata dai molti fatti di cronaca che hanno colpito la sensibilità delle famiglie dei cittadini: episodi collegati a situazioni e problemi di psichiatria di individui, in particolare di adolescenti che hanno destato emozione e coinvolgimento dell'opinione pubblica e che hanno evidenziato gravi e serie problematiche alle quali è divenuto indifferibile fornire risposte adeguate e concrete a livello legislativo.
Certamente, allorché il Prof. Basaglia volle fortemente la legge che aboliva i manicomi, l'intento di fornire ai malati un percorso di vita protetto e tutelato all'interno della società era dettato da nobili principi di difesa dell'individuo.
La legge ha segnato un punto di non ritorno.
Ma la riforma, con l'abolizione dei manicomi e la predisposizione di adeguate strutture in sostituzione di quelli che erano apparsi luoghi di detenzione, di contenzione e di dolore, privi dei requisiti di sostegno e ove possibile di recupero degli internati, ha stentato a decollare.
Se si eccettua qualche rara eccellenza, come ad esempio nel Friuli, terra di Basaglia, problematiche e inadeguatezze a tutti evidenti si ripercuotono sempre più frequentemente non solo sugli individui affetti da patologie psichiatriche e sulle loro famiglie, ma sull'intera società.
Sono situazioni spesso drammatiche oggetto in Parlamento di numerosi resoconti e di indagini conoscitive.
Dopo l'entrata in vigore della legge 229, le emergenze continuano a persistere, mancano ancora oggi strutture adeguate che possano sanare ferite tuttora troppo evidenti.

Forse andrebbero rivisitati alcuni istituti di quella riforma, tenendone fermi i principi generali pienamente condivisibili; resta ad esempio insufficiente e quasi un palliativo l'istituto del Trattamento Sanitario obbligatorio, che può essere definito un pronto soccorso per la brevità della durata e che non assolve allo scopo di garantire aiuto continuato e sostegno medico a coloro che ne vengono sottoposti.
E' certamente vero che nessuno vuole tornare ai manicomi ma è altrettanto vero che negare la cronicità di alcune malattie, significa negare l'evidenza.
Sarebbe utile ripensare alla residenzialità in termini moderni, come ha affermato l'attuale Ministro della salute.
E' sempre più necessario che le strutture protette per il recupero sociale siano sorvegliate e tutelate da personale altamente specializzato e soprattutto in numero adeguato.
Tutto ciò comporta impegni economici ma non si può risparmiare sugli esseri umani, è un obbligo morale oltre che giuridico, tutelare la loro dignità.

Se questa è la drammatica situazione della psichiatria generale, per la quale va segnalato che è stato avviato un iter parlamentare di un ddl di riforma alla Commissione sanità della Camera, ancora più grave è la situazione dei manicomi giudiziari.
Sicuramente ha inciso in termini negativi la decisione di fare ritornare il bilancio della sanità giudiziaria nel bilancio della sanità nazionale.
Si è perso quel minimo di autonomia finanziaria sotto la guida del Ministero della Giustizia, per affidare questi compiti ad un Servizio Sanitario Nazionale che ha mostrato di non essere attrezzato a svolgerli e che ha evidenziato carenze nel fare fronte ad un drammatico fenomeno che si svolge giornalmente all'interno dei manicomi giudiziari.
Strutture che sembrano essere finite nel generale oblio e nella rimozione psicologica collettiva, che nascondono scenari di abbandono, di carenza di sostegno, di inadeguatezza anche e soprattutto numerica del personale operante.
Al presidente Ignazio Marino, ai relatori dell'inchiesta che da Presidente del Senato ho voluto sostenere fortemente; ai senatori Michele Saccomanno e Daniele Bosone e all'intera Commissione, va il mio plauso perché, con l'indagine portata avanti con competenza e professionalità, hanno saputo squarciare questo velo e mostrare a tutti l'attualità di un passato che avremmo voluto vedere sepolto.
Non ritornerò su quanto è stato finora esposto, ma sono certo che le parole che abbiamo, avete ascoltato, sono entrate nei vostri cuori, nelle vostre coscienze.

Ma non basta; da qui nasce l'impegno di tutti a rifuggire da facili estremismi demagogici densi di ideologia, con la ferma volontà che deve essere di tutti un obbligo non solo morale: quello di volere risolvere uno dei nodi più importanti della nostra società.
Ciascuno di noi, politici, operatori, cittadini, deve fare la propria parte perché le strutture psichiatriche giudiziarie possano usufruire di una realtà di strutture e mezzi più adeguata alle necessità e prima di tutto al rispetto, alla tutela, alla dignità della persona.



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