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Il Presidente: Discorsi

Cerimonia celebrativa del centenario di costituzione dell'Ordine Provinciale dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri di Napoli

Intervento del Presidente Schifani al Teatro San Carlo di Napoli

Eminenza, Autorità Signore e Signori,
sono lieto di celebrare con voi il Centenario dell'ordine Provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri della bellissima città di Napoli.
Saluto il Cardinale Sepe, Arcivescovo di Napoli, il Presidente dell'Ordine Provinciale Bruno Zuccarelli, le Autorità intervenute, tutti i partecipanti.

Il volume che avete dedicato a questo importante anniversario sarà per tutti noi il modo migliore per ricordare o approfondire aspetti noti e meno noti della grande scuola medica napoletana. Una Scuola che vanta infatti una tradizione di eccellenza, che si è distinta nei secoli, e che ha radici in epoche lontane, tanto da essere considerata un esempio per tutte le scuole di medicina in Europa.

L'impegno professionale ma anche e soprattutto umano per alleviare le sofferenze dei soggetti infermi, è stato da sempre un obiettivo fondamentale per l'evoluzione dell'uomo, che ha reso grandi le culture e le civiltà. Basti pensare ai medici dell'Antica Grecia, dai quali abbiamo ereditato il giuramento di Ippocrate che abbiamo adesso ascoltato. Inoltre, i due serpenti che avvolgono le spire attorno al Caducèo, rappresentano la conoscenza e la saggezza. La massima latina Mens sana in corpore sano, è la sintesi mirabile dell'equilibrio indispensabile fra corpo e mente, fra carne e anima. Troppo spesso oggi si tende a parcellizzare, perdendo la visione di questo nesso inscindibile. Un rapporto chiaro anche ai medici dei secoli scorsi, di cui voi siete illustri eredi e rappresentanti.

Nella vostra città si sono raggiunte punte di eccellenza, con risultati straordinari in campo medico. Il binomio problema della protezione dell'infermo e livello del terapeuta è stato da sempre avvertito con particolare sensibilità. D'altra parte, l'esigenza dei medici di tutelare l'ammalato, di proteggerlo da ogni trascuratezza, abuso, errore, di alleviarne le sofferenze e di riuscire a guarirlo è nata assieme alla medicina.

E tutela dei diritti del malato significa, naturalmente, anche tutela dei medici che esercitano la professione con serietà, dedizione, passione, consapevolezza. Per queste ragioni, la necessità di regolare in modo trasparente l'esercizio della professione, a garanzia di maggiore professionalità, sicurezza, equità per i medici e i pazienti, ha trovato la sua naturale sintesi nella costituzione degli organismi del settore.

Nell'antica Roma esistevano i Collegia Opificium, nel Medioevo le celebri, potenti e a volte contestate Corporazioni, poi abolite fra il 1770 e il 1862. Dopo un cammino complesso e travagliato, collegato a quello dell'Italia unitaria e post unitaria, fra il XIX e il XX secolo sono stati costituiti gli Ordini. Quello dei medici è sorto nel 1910. Nel 1912 è nato l'Ente ordinistico della Provincia Napoletana, grazie anche all'operato del suo primo Presidente, Antonio Cardarelli; un Ente che ha reso ancor più competitiva la vostra scuola Medica, che si è sempre contraddistinta per il livello professionale, ma anche per la caratura umana di quanti ne hanno fatto parte, e che testimonia una tradizione di grande valore culturale e scientifico. E del grande professore Cardarelli desidero ricordare una sua frase che racchiude il suo profondo amore per la professione di medico: "Non ho la presunzione di essere uno scienziato; so che sono stato insegnante attivo ed entusiasta e ho consacrato la mia vita all'insegnamento".

Molte sono le figure a cui deve il prestigio la vostra Scuola. Ne cito alcune: Giuseppe Tesauro, Luigi Califano, Nino Salvatore, Mario Condorelli, Flaviano Magrassi, Gastone Lambertini, Rocco Decimo. Negli ultimi decenni la medicina e le scienze della vita hanno compiuto progressi straordinari, rendendo possibili cose un tempo impensabili. Ma il quesito sul corpo umano inteso come merce o valore, come oggetto o soggetto di rispetto, è sempre al centro del dibattito.

L'uomo infermo e fragile è una persona e va dunque sempre rispettato e accudito; non è e non potrà mai essere un numero o una cavia da esperimento; né dovrà essere mai reputato come una macchina alla quale aggiustare e sostituire le sue componenti. Se la medicina contemporanea è fatta di ritmi incessanti, di tecnologie avanzate, di azioni veloci e intense che sono vincenti, perché spesso riescono a strappare alla morte tante persone, mai tutto questo deve avvenire senza umanità. La salute come tecnologia e basta, non è accettabile, così come il profitto non va mai anteposto alle reali esigenze di umanità che anzi devono prevalere. Una medicina equa, solidale, sussidiaria, è direttamente correlata allo stato sociale e al bene comune: una costruzione sulla quale si incardina il diritto all'eguaglianza sociale, all'omogeneità territoriale, al paritario accesso ai servizi.

Occorre ricondurre il malato da numero a individuo; riposizionare la persona al centro della relazione di cura, con un recupero delle radici umanistiche della medicina fondate sull'ascolto, sul rispetto, sulla speranza, sulla solidarietà. Per realizzare la centralità dell'essere umano nella sanità occorrono un'adeguata informazione e capacità di comunicazione. La prima, l'informazione, per coinvolgere attivamente il paziente: deve essere valida, precisa, adatta e personalizzata; permette al paziente di contribuire alla scelta delle terapie, aumenta l'adesione e il rispetto delle prescrizioni terapeutiche, facilita il dialogo perché contribuisce a infondere fiducia al malato. La comunicazione invita il paziente a partecipare con le sue emozioni, aspettative, motivazioni, cioè con tutto se stesso. L'Organizzazione Mondiale della Sanità da tempo auspica un approccio con il malato centrato su una visione globale che, oltre agli aspetti medico-clinici, prenda in considerazione le esigenze psicologiche, relazionali e spirituali della persona inferma.

Il medico coltiva la vita, la malattia è un momento difficile per la persona e la speranza può divenire una cura, perché dà vita ad una reazione positiva. E' questa la centralità dell'essere umano nella sanità. Il nostro sistema sanitario nazionale è considerato secondo al mondo per universalità e solidarietà; questo ci fa onore ma ci spinge a fare sempre meglio.

Nell'attuale panorama sanitario, la riduzione della spesa pubblica ha certamente raggiunto alti livelli; tutto questo deve spronarci a utilizzare al meglio le risorse di cui disponiamo, abolendo le aree di inefficienza e di malaffare. Mi riferisco alla criminalità organizzata che ha individuato nella sanità un terreno fertile sul quale indirizzare le proprie risorse. Non possiamo e non dobbiamo consentire infiltrazioni di questo genere, perché dobbiamo avere la capacità di utilizzare il denaro pubblico esclusivamente per gli scopi ai quali è destinato, cioè la salute dei nostri italiani. Mai abbassare la guardia; il nostro compito è quello di sapere mettere il pubblico nella condizione di potere maggiormente garantire omogeneità e uniformità sanitaria per tutti i cittadini.

La medicina ha fatto oggi passi da gigante, ma la sfida eterna, quella dell'uomo contro la malattia e la morte non ha mai fine, e credo sia importante ribadirlo sempre, soprattutto in un momento in cui i grandi temi etici e morali sono all'ordine del giorno.

Vi invito a continuare nel solco della grande scuola napoletana che stasera celebriamo, sempre attenta al risultato, certo, ma anche alla qualità della vita del malato e al rispetto di ogni creatura sofferente. Mai come ora, infatti, proprio in virtù degli spettacolari progressi della scienza e della tecnologia, è importante guardare al lato umano della medicina, senza mai dimenticare che dietro un malato c'è un uomo, una donna, magari un bambino e non solo un caso da risolvere.



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