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Il Presidente: Discorsi

Avvocatura e riforma della giustizia nella Costituzione e nell'ordinamento

Autorità, cari Colleghi, Signore e Signori,
intervengo alla VI Conferenza Nazionale dell'Avvocatura con sentita e forte partecipazione che nasce dalla mia appartenenza alla vostra professione e dal mio vissuto civile, professione che ho naturalmente accantonato per ricoprire l'attuale incarico istituzionale.
E vi ringrazio con sincera gratitudine per questo graditissimo invito.
Non poteva essere scelto un tema più attuale: quello delle riforme dell'Ordinamento e della Costituzione, quello della riforma della giustizia.
Viviamo un'epoca in cui da più parti con forza si chiede una giustizia giusta, che vada incontro alle esigenze ed alle aspettative di quanti si trovano ad interloquire con il mondo giudiziario.
Troppo spesso si sono levate critiche sulla lentezza dei processi, sulla farraginosità delle procedure, sull'impossibilità di ottenere, con la giusta celerità, risposte in campo civile, certezza della pena in campo penale.
Il nostro sistema giustizia non è ancora riuscito a raggiungere gli stessi livelli degli altri paesi europei.
Sovente la Corte di giustizia europea ha pronunciato nei confronti dell'Italia sentenze di condanna motivate dalla eccessiva durata dei nostri procedimenti.

E' tempo, quindi, di voltare pagina.
Ma perché questo accada occorre fare chiarezza non soltanto degli obiettivi da raggiungere ma anche sull'articolato contenuto che intendiamo dare alle riforme.
Le riforme potrebbero essere di due tipi, l'una non esclude l'altra e sono entrambe urgenti e non più rinviabili.
Non possiamo più fare attendere i cittadini.
Il primo tipo di riforme, indicato anche dall'ANM, appare certamente condivisibile, anche perché improntato da spirito di collaborazione e di volontà a fare subito e presto.
Penso ad esempio all'introduzione della posta elettronica certificata per poter eseguire le migliaia di notifiche e di avvisi da inviare agli avvocati; penso all'introduzione di un sistema rapido di smaltimento dell'arretrato di processi civili.
Sono pienamente consapevole che alcune modifiche potranno ottenersi a costo zero, altre comporteranno oneri economici.
Di fronte ad un'emergenza come questa, auspico che il Governo sappia trovare le necessarie coperture finanziarie.
Nel frattempo non ritengo si debba aprioristicamente dissentire da interventi di più facile ed immediata attuazione che, richiedendo tempi di approvazione più rapidi, ben potrebbero dare ossigeno al sistema giustizia.

La riforma organica della giustizia, invece, passa dalla necessaria modifica costituzionale e presenta obiettive caratteristiche di complessità che incideranno inevitabilmente sui tempi di definitiva attuazione del progetto.
Sono certo che il Parlamento saprà offrire il suo contributo con disponibilità e con vero intento di veloce realizzazione, con spirito di coesione, pur nella necessaria dialettica costruttiva.
In tema di grandi riforme occorre necessariamente parlare del processo civile; cinque milioni di procedimenti pendenti impediscono quella che oserei definire "certezza della fine dell'iter procedimentale".
Non è questa la sede per elencare i correttivi necessari, dovrei dilungarmi ma, da avvocato civilista, conosco quali e quanti ostacoli si frappongono alla definizione in tempi ragionevoli di un processo civile.
Se saremo in grado di riformare bene, potremo concorrere con maggiore serenità alla competizione economica con gli altri Paesi, riusciremo a porci agli stessi loro livelli, incentivando le imprese straniere ad interloquire con maggiori garanzie con il nostro mondo imprenditoriale.
E al contempo potremo sentirci finalmente orgogliosi di fornire agli utenti della giustizia quelle risposte che chiedono da troppo tempo.
La riforma dovrà riguardare l'intero sistema penale, dovrà significare piena attuazione dei principi del giusto processo, della ragionevole durata del processo e della certezza della pena, dovrà tendere all'abolizione di quelle scorciatoie dannose che impediscono la vera ed effettiva espiazione della pena in presenza di gravi reati che attentano all'incolumità ed alla sicurezza dei nostri cittadini.

Alcune attuali norme sulla concessione di benefici penitenziari, come, ad esempio la semilibertà, gli arresti domiciliari, le liberazioni anticipate che riducono sensibilmente la durata delle pene inflitte, possono ingenerare nei cittadini timori, paure, sensazione di essere in pericolo.
Sarebbe opportuna, allora, anche in questo settore, qualche modifica.
La piena e completa attuazione della meritocrazia dovrà caratterizzare la riforma della magistratura.
Lo chiede anche il Presidente dell'ANM e condivido le sue parole sulla necessità di un accertamento rigoroso dei requisiti di capacità e professionalità in presenza dei quali, e soltanto se esistenti, possono essere riconosciute promozioni e ricoperti incarichi.
La vera meritocrazia dovrà essere svincolata il più possibile dalle logiche di appartenenze correntizie; concordo pienamente, ancora una volta, con quanto dichiarato dal Presidente dell'ANM ed aggiungo che ritengo necessario che il passaggio dalle funzioni di giudice a quelle di Pubblico Ministero avvenga soltanto a seguito di concorso, quella che viene definita "separazione di fatto delle carriere".
Sono anche per la riforma del CSM: esistono tutti i presupposti per cominciare a discuterne ponendo quale punto di partenza il testo della Commissione Bicamerale del 1997 condiviso da maggioranza e opposizione, del quale voglio ricordare la suddivisione in due sezioni: una per i giudici e l'altra per i pubblici ministeri, la diversa composizione dell'Organismo di autogoverno con una maggiore rappresentanza di soggetti eletti dal Parlamento e con una speciale Commissione, la Corte di giustizia della magistratura, dedicata esclusivamente all'azione disciplinare.

Ed ancora penso alla diversa composizione della Corte Costituzionale, con una maggiore rappresentanza di componenti nominati da Comuni, Province e Regioni che integrino il Senato in sessione speciale.
La meritocrazia dovrà essere il faro anche per le scelte che verranno adottate nella riforma dell'ordinamento forense.
Concordo sulla necessità di introdurre sistemi di formazione continua e di aggiornamento per tutti gli avvocati.
Il loro ruolo diviene sempre più fondamentale nel sistema giustizia; la vera parità fra accusa e difesa nel processo penale appare un obiettivo da conseguire e da definire con particolare cura e scrupolo, per realizzare la sempre maggiore efficienza del delicatissimo settore penale e per tutelare e garantire quanti si trovino ad interloquire con il sistema giustizia.
Ho letto con interesse le domande formulate dal vostro organismo con la scheda allegata al programma dei lavori e il vostro "decalogo dei principi irrinunciabili".
Sono fermamente convinto dell'opportunità di riformare le regole che vi governano, anzi che ci governano.
Occorre riflettere se alcune modifiche, contenute nel disegno di legge in discussione al Senato, incidono in misura in qualche modo limitativa su quanti, in giovane età, si accingono ad intraprendere questa professione così delicata e di altissima valenza morale.
Occorre che i giovani meritevoli vengano adeguatamente tutelati con disposizioni che agevolino il loro percorso formativo, per consentire loro di crescere e di raggiungere gli stessi risultati ed obiettivi che avvocati, che svolgono da tempo la professione, hanno già conseguito.

Con questo spirito, sono certo che sul ddl già esitato dalla Commissione Giustizia in Senato, l'Aula di Palazzo Madama saprà esaminare con attenzione alcuni delicati passaggi che toccano alcuni aspetti relativi alla loro progressione in carriera.
Bisogna guardare con attenzione ai giovani.
La loro selezione dovrà coniugare la meritocrazia con la disponibilità della classe forense ad arricchirsi di nuove risorse umane che costituiscono sempre un patrimonio del mondo delle professioni e dello scibile.
Solo se tutte le riforme della giustizia saranno bene articolate, potranno essere davvero in grado di restituire piena funzionalità e piena efficienza dell'intero sistema.
Mai dovrà verificarsi lo scontro tra le parti: lo scontro non giova alle istituzioni, disorienta la cittadinanza, soprattutto quella fascia giovane che si apre alla vita e che ha bisogno di essere aiutata a credere nei valori che racchiude la nostra democrazia.
La riforma non sarà contro la magistratura, contro gli avvocati, contro gli utenti del diritto, sarà al contrario in favore di tutte queste categorie, mettendo comunque al centro l'interesse del cittadino.
Per questo occorre da parte di tutti cooperazione e dialogo.
Mi auguro che il clima sia sereno, che non si verifichino "tensioni tra istituzioni della Repubblica e tra quelle che incarnano i rapporti fra politica e giustizia". Sono queste le parole del Presidente della Repubblica che condivido con piena adesione.

L'appello è stato raccolto anche dall'organismo nazionale della magistratura che in un clima di completa distensione saprà fornire quei contributi di conoscenza e di professionalità utili per condurre in porto al meglio le modifiche che verranno attuate.
Sono certo della totale adesione e della piena collaborazione dell'Ordine Forense.
Riformare la giustizia è compito alto e difficile.
Non dobbiamo e non possiamo arroccarci su posizioni precostituite.
Non servono e non possono essere eretti muri che impediscono il libero confronto, che potrà anche essere aspro e fortemente dialettico, ma che dovrà essere connotato da volontà costruttive da parte di tutti.
Quello che serve è umiltà nell'approccio alle complesse problematiche che si presenteranno, intenzione ferma e decisa di trovare adeguate soluzioni, con vero intento di raggiungere l'obiettivo che ci accomuna tutti: il bene dei cittadini, il bene del nostro Stato.
In questa ottica, dinanzi al raggiungimento di quanto di più alto e nobile è racchiuso nel fine ultimo da perseguire, a ciascuno verrà chiesto di fare la propria parte.



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