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Il Presidente: Articoli

«Tolleranza zero contro i boss. Con le nuove leggi colpiremo i loro beni»

Intervista pubblicata dal "Giornale di Sicilia"

di Renato Giglio Cacioppo

Mercoledì scorso, nel giorno della prima vera battaglia parlamentare della legislatura, durante le votazioni al Senato sul decreto sicurezza, l'Aula di Palazzo Madama ha ritrovato per un momento coralità e concordia, quando ha approvato all'unanimità gli emendamenti che aumentano le pene per tutti i reati di mafia e che rendono molto più efficaci le misure per sequestrare i patrimoni dei boss. Un voto accompagnato dalle parole del Presidente del Senato, Renato Schifani, che ha ricordato all'Aula come il via libera a quelle norme costituisse «davvero un bel regalo per la memoria di Paolo Borsellino di cui il 19 luglio ricorre l'anniversario della morte». Di converso Schifani - che, per altro, nella scorsa legislatura era stato uno degli artefici della stabilizzazione del 41 bis - ha sottolineato come «il miglior regalo che la politica possa fare alla mafia sarebbe quello di dividersi sul fronte della lotta alla criminalità organizzata».

Presidente Schifani, il Senato ha appena approvato una serie di misure volte a colpire con efficacia i patrimoni mafiosi e ad impedirne l'occultamento. Sono misure che lei aveva fortemente auspicato, nel corso della sua prima uscita pubblica da Presidente del Senato e anzi secondo quanto riportato l'altro ieri da alcuni quotidiani lei ne sarebbe stato l'ispiratore.
«Questa legislatura ha dimostrato di essere partita bene per ciò che riguarda la lotta alla mafia e l'aggressione ai patrimoni dei mafiosi. Inoltre, facendo in modo che tali misure fossero trasferite dall'inizialmente previsto disegno di legge, in un decreto legge, si è garantita loro un'efficacia immediata. In più il Senato le ha rinforzate, raccogliendo l'appello che avevo fatto pubblicamente. In particolar modo sono state inasprite le norme che riguardano la possibilità di sequestrare i patrimoni dei mafiosi, coprendo anche quelle zone d'ombra ancora esistenti nella legislazione che ci erano state segnalate da diversi magistrati impegnati su questo fronte».

Ciò che colpisce, in effetti, è che si tratta di norme molto «pratiche». Che cioè, sono dirette ad impedire tutti quegli artifici, con cui, sino ad oggi, ancora i mafiosi si avvalevano per nascondere i propri patrimoni, a partire dalla possibilità di sequestrare i beni di cui non si riesca a giustificare la provenienza, o che sono intestati a prestanome.
«Sì, si è voluto dare un segnale forte alla mafia, colpendola al cuore e aggredendone i patrimoni illeciti, perché sappiamo che sono queste le misure che più di tutte la mettono al tappeto. Si tratta di una legislazione ancora più raffinata rispetto alla precedente proprio perché abbiamo fatto tesoro delle indicazioni che ci sono pervenute da autorevoli esponenti delle procure che si occupano di indagini sulla criminalità organizzata. E tra queste spiccano norme che offrono la possibilità di sequestrare anche i beni di persone nel frattempo morte, rivalendosi sugli eredi, e soprattutto quelle che permettono di sequestrare beni equivalenti in caso di trasferimento o sottrazione di quelli indicati inizialmente dall'autorità giudiziaria. Quest'ultima ipotesi è davvero decisiva, perché colpisce i tentativi di spogliarsi di quei beni a rischio di sequestro per sottrarli alla giustizia. Per altro questa modalità giuridica di "sequestro per equivalente" trova applicazione nel nostro ordinamento già per altre ipotesi di reato e quindi è già un istituto interno al nostro sistema giuridico».

Restando al Sud, lei a Mazara del Vallo ha parlato della necessità che, in previsione dell'arrivo del federalismo fiscale, tutte le Regioni si impegnino al massimo nel controllare la qualità della spesa pubblica.
«Il Sud, in passato, ha ricevuto molto ma spesso ha speso male. È arrivato il momento di razionalizzare la qualità della spesa perché ci accingiamo a vivere una straordinaria riforma con l'arrivo del federalismo fiscale, con il quale, però, le regioni più deboli dovranno chiedere una perequazione, così da non essere svantaggiate. Ma per ottenere davvero un federalismo solidale, sarà necessario che esse dimostrino d'avere le carte in regola e d'aver avviato al proprio interno un percorso di razionalizzazione, modernizzazione e trasparenza della spesa pubblica».

Sempre in tema di spesa pubblica, qualche giorno fa, lei aveva espresso la preoccupazione che i risultati dell'Ismet, l'istituto palermitano di trapianti, non siano in linea con i costi dello stesso istituto. Che conseguenze hanno avuto le sue parole, al di là, dell'autodifesa dell'Ismet?
«Sulle mie dichiarazioni temo ci sia stato un fraintendimento. Stavo ribadendo come sia giusto che anche in Sicilia si avviino processi di miglioramento della spesa pubblica, ma non intendevo discutere né la qualità né la professionalità dell'Ismet né di chi vi lavora. Ho detto piuttosto che anche l'Ismet deve rendere anch'esso un servizio alla sanità siciliana, costretta a restringere i propri budget, e quindi dare un contributo in termini di formazione professionale dei medici siciliani e aprirsi di più alle emergenze della sanità pubblica, per ciò che riguarda i malati e le terapie. Insomma bisogna che anche le strutture d'eccellenza siano più collegate alle necessità del territorio in un momento di restrizioni della spesa pubblica».

A proposito di tagli alla spesa: il governo però sembra disposto ad intervenire per sanare le difficoltà finanziarie del Comune di Roma, cui sembra occorrano 500 milioni di euro. Possiamo essere certi che la medesima attenzione ci sarà anche per le regioni del Sud?
«Non potrebbe che essere così. Se vi saranno emergenze per alcune aree del Sud, e speriamo di no, è chiaro che il governo non potrà attuare una politica di due pesi e due misure. Naturalmente, e anche se certamente non sarà necessario, noi non ci sottrarremo dallo stimolare il governo in tal senso».

Intanto, le amministrative siciliane di domenica hanno visto il Pdl ancora in crescita e il Pd in ulteriore flessione.
«Queste elezioni hanno confermato il consenso alla coalizione di centrodestra già espresso dai cittadini meno di due mesi or sono. Non sta a me fare altro tipo di analisi sui partiti diversi da quello di mia provenienza. Per quanto riguarda Forza Italia rilevo con piacere e convinzione che si è confermato il consolidamento di una nuova classe dirigente fortemente motivata, che riesce a ripetere sul territorio quei successi che avevamo apprezzato in passato, quando erano stati ottenuti dai fondatori del partito».

Presidente, è un mese e mezzo ormai che lei è al vertice del Senato. E questa settimana ha dovuto gestire un'Aula incandescente sul decreto sicurezza. Che gliene sembra di questi suoi primi 45 giorni da seconda carica dello Stato?
«È un'esperienza credo irrepetibile, di grandissima responsabilità e delicatezza. È dall'inizio che cerco di svolgerla al meglio, consapevole che un ruolo come questo debba costituire un esempio e un impulso alla politica perché sviluppi sempre più una dinamica di confronto costruttivo e rispettoso, così da realizzare un clima più sereno nel Paese. Questo sarà il mio obiettivo quotidiano pronto ad accettare critiche, e rispettoso di esse, augurandomi però che vengano sempre in buona fede. Vorrei, però, ribadire quanto dissi giorni fa alla Camera, incontrando dei giovani studenti assieme al presidente Fini: "Criticate pure i politici - ho detto a quei ragazzi - ma non le Istituzioni perché esse sono un patrimonio del Paese"».



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