Quando il credito è sensibile produce benessere
La nascita di una nuova rivista è una ulteriore lanterna che illumina il mondo della cultura, delle dottrine e dei saperi. Nell'esprimere i miei complimenti al direttore Domenico Calabrò, ritengo di potere contribuire allo sviluppo e alla diffusione di questo periodico con un indirizzo di saluto che comprende i temi del rapporto tra etica e finanza.
È un segnale sociale importante, quello dato dal nostro Paese con lo nascita di un Comitato per il Microcredito, ente di diritto pubblico istituito dalla presidenza del Consiglio dei ministri e presieduto dall'onorevole Mario Baccini. Ancora più pregnante nella fase di recessione e difficoltà che ha colpito molte famiglie e segnato questo ultimo periodo. La recente crisi economica ci impone una seria riflessione sulla natura e sulle finalità delle attività umane che, in senso lato, attengono alla produzione, allo scambio e alla distribuzione dei beni e dei servizi necessari ad una dignitosa qualità della vita. È cosa nota che l'origine della crisi che stiamo vivendo vada rinvenuta in ardite operazioni finanziarie che, inseritesi nelle maglie di normative troppo larghe e di controlli troppo deboli, nutrite da uno sfaldamento etico profondissimo, hanno innescato un processo a catena che ha finito per colpire tutti i settori dell'economia.
Proprio quanto accaduto deve farci riflettere senza cadere nella retorica, sulla contrapposizione manichea che viene rappresentata tra un'economia produttiva sana e foriera di benessere sociale ed una finanza spregiudicata e senza cuore che rappresenterebbe un corpo estraneo da estirpare dalla prima. Infatti, è impossibile separare nettamnte i due ambiti, che reciprocamente si influenzano. Vagheggiare di un'economia produttiva, reale, nettamente disgiunta dalla gestione dei profili monetari, finanziari, creditizi, significa non cogliere la natura del problema e rifugiarsi in una sterile utopia. Una finanza ordinata e correlata alla produzione, un credito erogato con prudenza ma sensibile al valore intrinseco delle iniziative economiche che ne chiedono il sostegno, strumenti finanziari che non siano frutto di elaborazioni finalizzate esclusivamente al maggior profitto possibile, rappresentano infatti presidi indispensabili per una crescita economica sono e sostenibile. Non è auspicabile e nemmeno ipotizzabile un mondo senza finanza; esso è come l'indispensabile propellente del motore, ma deve essere concepito in modo da far progredire lo sviluppo del sistema e sostenere quelle iniziative che si ispirano a criteri di equità.
Occorre, quindi, delineare una finanza al servizio dell'economia anche e soprattutto per ridurre quelle aree di povertà che sono presenti sia nei paesi in via di sviluppo, sia nel nostro mondo industrializzato. Tutto cià rappresenta un imperativo morale da rispettare, ma anche un obiettivo strategico finalizzato a ridurre l'indigenza che diviene facilmente terreno fertile per tante ideologie violente. Ispirati ad una visione etica dello finanza, mirati o sconfiggere la piaga dello povertà, teorizzati da economisti fra i più illustri, molteplici sono gli strumenti finanziari che sono già disponibili e che si stanno diffondendo nel mondo, soprattutto nei paesi più poveri, ma non solo. Sacche di arretratezza spesso endemica, sono del resto presenti anche nel mondo industrializzato ed è l'Occidente ad avere quei capitali che, ben indirizzati ed investiti, sono il volano indispensabile per far uscire dal sottosviluppo interi paesi. In questo contesto va sottolineato il ruolo del microcredito, che si sta diffondendo, conseguendo importanti risultati, soprattutto dove sussistono le basi culturali per uno sviluppo "dal basso" dell'economia, dove non sono le competenze e l'iniziativa a mancare. E' appena il caso di rammentare che nel 2005 all'indiano Muhammad Yunus fu per questo motivo conferito il premio Nobel. Il microcredito non è erogato, come si suole dire: "a pioggia" o senza criterio. Risponde, invece, ai parametri di una valutazione attenta e ponderata dei rischi insiti nel prestito e consente - fornendo la disponibilità di piccole somme a tassi sostenibili per il debitore e senza necessità di garanzie reali - la nascita e la crescita di una miriade di iniziative imprenditoriali locali. In mancanza di credito queste iniziative sarebbero destinate ad essere soffocate proprio per l'indisponibilità di quel minimo di risorse necessarie all'avviamento determinate dall'assenza di garanzie reali che uomini e donne poveri, ma potenziali imprenditori di se stessi, non possiedono.
La storia breve di questo istituto è quella di un successo che ha sollevato dalla miseria migliaia e migliaia di famiglie, senza pesare sulle finanze di Stati non più ricchi dei loro popoli, anzi instillando in sempre più ampie fasce di popolazione il seme fecondo della libera iniziativa privata. Anche in Italia il Microcredito inizia ad avere uno spazio importante, e molte sono le iniziative ispirate alla necessità di fornire un credito, piccolo ma decisivo, ad imprenditori che non riescono ad accedere al finanziamento bancario ordinario. Sono imprenditori deboli, che a loro volto operano nel sociale, o che hanno creato un'attività per uscire da un periodo di disoccupazione, o che non hanno sufficienti garanzie da fornire. In tale contesto, vengono poi privilegiati i progetti nell'ambito del turismo e dell'agricoltura, del risparmio energetico, del commercio equo-solidale, delle fonti rinnovabili, dell'artigianato tradizionale. È meritoria in questo campo l'attività del Comitato Nazionale Permanente per il Microcredito, che, appunto, si propone di scommettere sulle persone, dando fiducia ed aiuto concreto alle iniziative economicamente sostenibili, necessarie per farle nascere. Non si tratta però di meri sussidi, non è una forma di assistenzialismo; piuttosto è un modo per assicurare quel minimo di uguaglianza nelle condizioni di partenza che è necessario per costruire uno società più giusta.
Rilevante è l'attenzione prestata alla formazione, con percorsi di assistenza, aggiornamento e monitoraggio per i nuovi imprenditori, con prestiti di favore degli studenti che per motivi economici non riescono o proseguire gli studi, con corsi di riqualificazione per i lavoratori espulsi dal ciclo produttivo. Iniziative ispirate od una finanza etica, meglio, od uno finanza che nell'etica trovo il suo fondamento, si stanno diffondendo anche a livello delle maggiori istituzioni private e pubbliche. Stanno scendendo in campo, infatti, le tradizionali banche commerciali, con appositi settori dedicati, anche se resta prevalente il ruolo svolto dalla Banca Popolare etica, dalle banche di credito cooperativo, da Onlus, da enti religiosi e dalle tante mutue autogestite, in generale cooperative. In maniera analoga si stanno adoperando anche istituti bancari di rilievo nazionale e enti pubblici territoriali. Ma accanto ad istituti nuovi ispirati ad una finanza etica, non va dimenticata lo possibilità di adeguare alle necessità emergenti strumenti esistenti da decenni e perfettamente collaudati, a confermo che raramente il mezzo è amorale o immorale in sé, lo è l'uso al quale l'uomo lo volge.
Vanno ricordati in proposito i cosiddetti fondi etici d'investimento, diffusi ormai da anni, operanti con meccanismi certamente diversi da quelli del microcredito e non differenti da quelli utilizzati dalla finanza tradizionale, ma al servizio di un'economia sana e sostenibile. Essi agiscono a livello globale con le medesima finalità di crescita dei capitoli investiti che caratterizza i fondi tradizionali, ma convogliano le risorse che raccolgono sul mercato verso società che operano in alcuni specifici contesti. Evitano, per esempio, di investire in società che producono o finanziano armi e sistemi bellici, che hanno un elevato impatto sull'ecosistema, che utilizzano gli animali come cavie di prodotti cosmetici. Le società devono rispettare standard ambientali definiti a livello internazionale, garantire la tutela delle condizioni di lavoro, dei minori e delle donne previste dalle organizzazioni mondiali, agire secondo rapporti di scambio equo verso tutti i portatori di interesse. È evidente quindi che si tratta di strumenti - i cui rendimenti, fra l'altro, non si sono rivelati inferiori a quelli dei fondi ordinari destinati ad agire sul medesimo piano della finanza tradizionale, ma che privilegiano, anche quella parte della grande impresa capitalistica che maggiormente si interroga con scrupolo e coscienza sulla Finalità vera dell'attività economica.
Questo obiettivo non è, e non può essere il mero profitto, se non come mezzo per il fine unico e superiore, che resta l'uomo, ancor più se povero e per tale ragione privato della sua dignità. L'economia inquadrata in questo contesto può contribuire ad attenuare le forti disuguaglianze che esistono anche nel nostro Paese e che rappresentano patologie sociali capaci di produrre malesseri e ingiustizie e di indebolire la salute morale e civile di un popolo.