"Pacchetto giustizia": rallentare le lancette, voto dopo l'estate
colloquio con Francesco Verderami
ROMA - Non fermerà l'orologio di Palazzo Madama, però intende «rallentarne le lancette », «assicurare il tempo necessario per gli approfondimenti», «garantire un confronto il più pacato e costruttivo possibile tra gli schieramenti». Di fatto Renato Schifani raccoglie le sollecitazioni di Giorgio Napolitano e mira a spostare «dopo l'estate» il voto sull'«intero pacchetto giustizia» che è all'esame del Senato.
Chiederà a governo e maggioranza di «non porre diktat sulle scadenze», e contemporaneamente inviterà l'opposizione a «collaborare senza alcun pregiudizio» nella valutazione dei testi. Il «pacchetto» a cui fa riferimento il presidente del Senato contiene la riforma del processo penale ma soprattutto il disegno di legge sulle intercettazioni, vero nodo politico che potrebbe innescare uno scontro istituzionale, se non venissero apportate le modifiche al testo chieste dal Quirinale.
Ed è proprio per non esasperare la situazione che la seconda carica dello Stato vuol cambiare il «timing». La motivazione è anche una difesa delle «prerogative» del ramo del Parlamento che presiede: se è vero che la Camera si è presa un anno per esaminare il ddl sulle intercettazioni prima di votarlo, non capisce perché il Senato dovrebbe licenziarlo in appena tre settimane. «Non si tratta di decreti - è la tesi di Schifani - non ci sono scadenze imposte, perciò l'Assemblea di Palazzo Madama ha il diritto-dovere di discutere in modo approfondito su temi così delicati e strategici».
Non smette di tenere insieme l'«intero pacchetto giustizia», ma è chiaro quale sia oggi la mina da disinnescare: «Certe leggi hanno bisogno di una lunga gestazione. E allora ci si prenda il tempo necessario. Sono convinto che tornerà utile per il futuro». Di necessità virtù, Schifani confida che questo passaggio possa far «abbassare i toni tra maggioranza e opposizione, presupposto politico indispensabile per migliorare i rapporti tra gli schieramenti, e primo passo verso un confronto sulle riforme». Ecco, «il tempo serve a creare questi presupposti». Sulle riforme si vedrà. Comunque «la fase di decantazione», «la diversa tempistica», «non significa mettere in freezer» i provvedimenti, quanto «trovare una soluzione», una «formula di mediazione».
E la «formula di mediazione» è indispensabile per cancellare le obiezioni del Quirinale sulle intercettazioni. Obiezioni che Napolitano avrebbe anticipato al presidente del Senato prima di ricevere il Guardasigilli. Per tre quarti d'ora il capo dello Stato si sarebbe intrattenuto con Schifani evidenziando giusto le «gravi carenze» del testo. L'inquilino di Palazzo Madama - interpellato - non conferma né smentisce, né intende «entrare nel merito della modificabilità» del provvedimento. Resta forse il suo rimpianto per la proposta avanzata tempo addietro e non accolta, quando aveva invitato a dividere la parte del ddl legata al «diritto di cronaca» da quella più strettamente connessa alle indagini giudiziarie. Ora è «troppo tardi», dato che «la fase avanzata di discussione preclude l'ipotesi dello spacchettamento». Oggi l'unica soluzione è «rallentare le lancette » per cercare «la mediazione».
Quello di Schifani non è solo un modo per scongiurare uno scontro istituzionale, ma per sottolineare le «ottime relazioni» con il Colle e riconoscere a Napolitano «il senso dello Stato» che lo guida nelle decisioni: «Perché Napolitano è ben diverso da certi suoi predecessori. Si è dimostrato uomo delle istituzioni, a più riprese, e non può essere messo certo in discussione».
Dopo un anno di relazioni legate alla carica che ricopre, il presidente del Senato si è formato un'opinione sull'inquilino del Colle: «Tiene al rispetto dei ruoli, si muove con grande attenzione, e ovviamente oppone dei distinguo quando lo ritiene opportuno e necessario. Ma non c'è nelle sue scelte un'ostilità preconcetta verso il centrodestra, né coltiva il pregiudizio verso il presidente del Consiglio». Non è insomma «animato » dall'antiberlusconismo, «e questo suo ruolo di garante a volte lo ha esposto ad attacchi immotivati e grevi, frutto di una cultura dell'odio che in politica non dovrebbe esserci».
Schifani ovviamente non fa nomi, né fa riferimento a precise situazioni, ma il modo in cui esprime vicinanza solidale al presidente della Repubblica richiama alla memoria gli attacchi che il capo dello Stato subisce ormai con cadenza regolare dall'area giustizialista incarnata politicamente da Antonio Di Pietro. Come non pensarci quando - evocando il recente appello del Colle per una «tregua» durante il G8 - dice che «spesso Napolitano si è assunto le proprie responsabilità nell'interesse nazionale»?
Resta da capire quali reazioni abbia suscitato la mossa sulle intercettazioni del Quirinale a Palazzo Chigi. Schifani conosce bene Silvio Berlusconi, sa che ha posto particolare attenzione a questo provvedimento, «e ogni premier vorrebbe che le sue leggi fossero approvate rapidamente. Ma sono certo che il presidente del Consiglio non vuole strappi con il presidente della Repubblica».
S'intuisce come, in questo difficile tornante politico, il Cavaliere non intenda sostenere uno scontro istituzionale con il Colle. Già sono molti i fronti da controllare, compreso quello aperto dalle polemiche per la sua cena con due giudici della Consulta, che dopo l'estate dovranno esaminare il «lodo Alfano ». Schifani ridimensiona il caso, a suo parere «la Corte Costituzionale ha sempre mostrato piena e totale autonomia, dunque non credo che un incontro conviviale possa far modificare la valutazione di chi dovrà esprimersi sul provvedimento».
In ogni caso per il premier - dopo la pausa estiva - si prepara una ripresa delicatissima, per via di un incrocio ad alto rischio, se davvero il Senato posticiperà all'autunno l'esame del ddl sulle intercettazioni. E allora non si capisce perché, nell'eterno duello sulla giustizia, Berlusconi annunci sfide che alla fine non porta a compimento. L'inquilino di Palazzo Madama non scende nella vicenda politica, si limita a ricordare che «dopo appena un anno il governo ha approvato numerose riforme, dal federalismo fiscale al pacchetto sulla sicurezza. Senza dimenticare l'importantissima modifica del processo civile, da cui l'esecutivo è voluto partire. Le riforme si faranno, proprio per questo occorre il massimo sforzo per dialogare con l'opposizione ». Ma Schifani, lontano dal suo scranno istituzionale, resta sempre un esponente del centrodestra e nei suoi colloqui non manca di rilevare che «rispetto al passato si nota il cambio di passo»: «L'alleanza tra Pdl e Lega si dimostra solida, e - pur nel confronto- capace di tener fede agli impegni presi con l'elettorato. È tutta un'altra storia rispetto alla legislatura 2001-2006, quando pezzi di maggioranza svolsero un ruolo di freno nell'azione di governo». Si riferisce all'Udc?