«Caro Fini, ok alle riforme ma niente bicamerale»
di Mario Sechi
Un mastino che diventa maestro d'armonia. La metamorfosi di Renato Schifani è di quelle che lasciano di stucco solo chi non conosce le felpate virtù della Sicilia. Ieri capogruppo di Forza Italia, arcigno nemico del governo Prodi, oggi guida di Palazzo Madama con la bussola puntata sulla rotta dell'equilibrio. Il presidente del Senato ha appena chiuso una conferenza dei capigruppo e sorride: "E' finita all'unanimità". Scopriamo l'altro volto di Schifani e attacchiamo subito con l'agenda politica.
Il presidente della Camera ha auspicato l'istituzione di una commissione bicamerale per la riforma dello Stato, federalismo compreso. Condivide la proposta Fini-D'Alema?
Non vi è dubbio che il Parlamento su un tema così delicato dovrà esprimersi al meglio. Una bicamerale come quella evocata da Fini e D'Alema, sebbene con poteri più limitati rispetto a quella degli anni Novanta, desta qualche perplessità dovuta alla inopportunità di istituire nuovi organismi. Ritengo che la commissione bicamerale Affari regionali possa svolgere benissimo quel compito. E' citata nella Costituzione e sarebbe sufficiente una sua integrazione con alcuni esponenti parlamentari dotati di specifica preparazione sui temi finanziari per evitare costituzioni di nuovi organismi che costano e impiegano tempo ad avviarsi.
Si è polemizzato sui decreti legge, ma non c'è dubbio che la politica oggi abbia bisogno di velocità. La riforma dei regolamenti può far approvare le leggi più in fretta?
Ci credo. Ho già convocato la giunta per il regolamento per esaminare le varie proposte. Vorrei ricordare che nello scorcio finale della precedente legislatura sia Walter Veltroni che Silvio Berlusconi si trovarono d'accordo sulla riforma. Non solo per semplificare le procedure legislative, ma per impedire la nascita di gruppi diversi da quelli che si erano confrontati nelle elezioni. E' un tema che va immediatamente ripreso. Certo, si è discusso sul numero significativo dei decreti legge, ma il tema non è di questa legislatura, la copiosa presenza di decreti legge ha caratterizzato gli ultimi decenni perché il Parlamento è frenato dalle procedure sulla legislazione ordinaria. Serve una riforma che dia al governo tempi certi di approvazione, spazi ampi e garanzie all'opposizione. Questo eviterebbe il ricorso ai decreti.
Lei è siciliano, chi la intervista è sardo. Sappiamo entrambi che l'autonomia delle regioni è tradita dalla retorica e dalla storia. Pensa che il federalismo possa davvero realizzarla?
La Sicilia è dotata di uno statuto che in passato è stato invidiato anche dalla Lega. Purtroppo è stato anche poco utilizzato, perché la vecchia classe politica siciliana, emanazione di quella nazionale, non rivendicava l'autonomia finanziaria. L'elezione diretta del presidente della regione ha migliorato le cose. Non voglio dire che sia tardi, ma vi è molto tempo da recuperare. La Sicilia e il Mezzogiorno da tempo danno segnali di ripresa, di efficienza, c'è la volontà di tagliare spese ed enti inutili. L'era dei piagnoni è finita.
Lei rischia di essere l'ultimo presidente del Senato con il bicameralismo perfetto. Ma davvero i senatori voteranno la riduzione dei seggi? Il presidente Gianfranco Fini dice che è come invitare un tacchino al pranzo di Natale...
Penso che quella di Fini non sia una polemica con il Senato perché è una semplice battuta ironica. In passato i senatori si sono già assunti questa grande responsabilità votando la riduzione dei parlamentari e la trasformazione del bicameralismo dando al Senato nuove funzioni. Sarà un passaggio delicato ma il precedente mi dà certezza del risultato.
A proposito di investimenti e infrastrutture: c'è stata una polemica sull'utilizzo improprio dei fondi speciali per il Mezzogiorno. Strana protesta che va da Nord a Sud. Che succede?
L'utilizzo dei fondi Fas per altri fini non può essere interpretato come un'inversione di rotta sul Mezzogiorno. In questo momento difficile per le famiglie e le imprese quei soldi sono stati usati per tutta la collettività nazionale. Confido sul fatto che in Finanziaria si sta discutendo di una norma che regolamenta meglio l'utilizzo di queste risorse. I fondi poi vengono rimodulati di anno in anno e non sono affatto preoccupato, il problema del Mezzogiorno resta quello dell'assenza di progetti da Finanziare. Ripartiranno, primi tra tutti, il ponte sullo Stretto e il completamento della Salerno-Reggio Calabria, su questi argomenti non si può indugiare e mi sono assicurato del fatto che il governo abbia l'intenzione di provvedere a breve.
L'economia di Stati Uniti ed Europa va in recessione. Molti italiani tirano la cinghia e si aspettano che il Palazzo faccia altrettanto. Lei cosa ha fatto?
Non abbiamo perso tempo, anche se per uno come me, che è in Senato dal 1996, scoprire i meccanismi dì spesa non è stato facile. Abbiamo iniziato, non certo concluso un percorso, con il blocco selettivo del turnover dei personale, la riduzione delle indennità di missione per i dipendenti e delle missioni all'estero e dei loro partecipanti, il risparmio di 2,8 milioni di euro a causa della presenza di meno gruppi parlamentari. Prepareremo il concerto di Natale gratuitamente, abbiamo ridotto gli oneri di rappresentanza per le festività, non stamperemo il calendario istituzionale risparmiando 45 mila euro, ridurremo anche le agendine del Senato recuperando altri 20 mila euro, abbiamo introdotto l'obbligo di pagamento del barbiere e abolito l'indennità per i parrucchieri riservata alle senatrici e la gratuità dei corsi di lingue estere. Dove si può tagliare interveniamo, perché è dovere del Senato dare esempi di sobrietà e trasparenza.
La legge le conferisce dei poteri di nomina sulla governante della Rai, la più grande industria culturale del Paese. A lei piace questo modello o sente il bisogno di una riforma?
Così com'è lottizzata politicamente, la Rai difficilmente riesce a dare un corretto servizio pubblico. I cittadini pagano un canone e quindi devono avere un'informazione pluralista, equilibrata, pacata. Dobbiamo pensare a un'ipotesi di privatizzazione e ritengo che la proprietà non vada concentrata nelle mani di pochi, ma frazionata. Una Rai privata, sì, ma che comunque assicura attraverso almeno un canale un'informazione pubblica corretta ed equilibrata. Questa è la Rai che vedo e non certo quella attuale dove a volte non mancano cattiverie e violenze verbali. C'è un grande bisogno di formare e informare meglio.
Lei ha avuto uno scontro con il capogruppo del Pd, Anna Finocchiaro, poi l'incidente si è chiuso. Come sono i suoi rapporti con l'opposizione?
Sin da quando mi sono insediato ho detto che avrei continuato sulla linea del presidente Franco Marini. Marini ha una grandissima capacità di mediazione ed equilibrio. Guido un Senato dove la maggioranza è chiara e potrebbe sempre imporre le proprie regole, ma ciò non avviene sia perché non si assiste a questo tentativo, sia perché cerco quotidianamente di mediare al fine di giungere sempre a soluzioni condivise sul calendario e nei lavori d'aula. Solo durante la discussione del decreto Gelmini c'è stata tensione e, nonostante un percorso condiviso all'unanimità, per la prima volta ho incontrato difficoltà con l'opposizione, che intendeva discostarsene. E stato un momento amaro, ma subito dopo ho accettato le scuse di Finocchiaro e ho ribadito che il mio atteggiamento nei confronti dell`opposizione non sarebbe mai cambiato.
Quanto sono stati strumentalizzati gli studenti?
Il diritto di manifestare è sacrosanto, ma penso si sia fatta una certa confusione. Il decreto Gelmini non parlava di tagli, ma di voto in condotta, grembiule, maestro prevalente... Tutti i ministri dell'Istruzione che hanno provato a fare una riforma sono stati contestati, anche Luigi Berlinguer. C'è stata forse un'insufficiente comunicazione da parte del governo e della maggioranza e mi dicono he alcuni rettori e docenti abbiano favorito la protesta. Detto questo, la necessità della riforma è chiarissima, molti atenei sono in una grave situazione finanziaria e gli sprechi non mancano, sotto il profilo della qualità e della quantità. E proprio di questi giorni il decreto con cui il governo ha previsto ulteriori 200 milioni e nuove norme per le università. Il mio auspicio resta comunque quello di una ricomposizione delle proteste.
Perché lei considera una tappa fondamentale della sua presidenza la visita al campo di concentramento di Auschwitz?
Ne sono rimasto sconvolto. Ho visto come l'essere umano possa attraversare momenti di follia duraturi, non un flash, ma un momento patologico di imbarbarimento. Per questo ho lanciato un appello: visitate Auschwitz, se ne esce consapevoli del valore della libertà, della democrazia, della tolleranza e della fratellanza. È stata una lezione, mi creda. Ho incontrato scolaresche e mantenuto dei contatti epistolari con questi giovani. Ho immortalato per caso un'immagine della quale sono fiero: degli studenti israeliani con la bandiera in mano che attraversano i luoghi dove si voleva cancellare il loro popolo. Quella bandiera significa «abbiamo vinto, esistiamo, siamo qui, onoriamo il vostro sacrificio».
I momenti difficili per Israele non sono finiti. Ci sono dittatori che predicano la sua cancellazione dalla carta geografica. C'è un nuovo presidente in America, cosa si attende da Barack Obama?
I rapporti tra Italia e Stati Uniti sono forti e consolidati. Da Obama mi attendo quello che sta già dimostrando: una coerente prosecuzione della lotta al terrorismo e sia la presa di posizione sull'Iran che le recenti minacce di Al Qaeda lo confermano. Le ferite dell'11 settembre sono ancora aperte. La posizione di estrema prudenza sull'installazione dei missili in Polonia inoltre è molto positiva, significa che Obama cerca il disgelo con la Russia. Ritengo che abbia tanta buona volontà e grande sostegno, non penso che sulla politica internazionale alla fine ci sarà una grande discontinuità.
Il presidente Giorgio Napolitano è stato votato solo da una parte del Parlamento, ma sta sorprendendo molti per il suo ruolo super partes.
Io non sono sorpreso. E il voto di una sola parte del Parlamento non fu provocato dal nome, ma dal metodo. Il centrodestra chiedeva una rosa di candidati e non un solo nome da votare. L'uomo e il politico Napolitano non sono in discussione, il presidente si sta dimostrando un uomo sopra le parti, di grande equilibrio e alta levatura istituzionale. Posso garantire che in certi momenti ha assunto iniziative coraggiose, fondamentali per svelenire il clima di scontro all'arma bianca tra maggioranza e opposizione.
Cosa succederà quando Obama chiederà agli alleati della Nato un contributo maggiore per la guerra in Afghanistan?
La decisione verrà presa in sede Nato e là l'Italia come sempre farà la sua parte. Il nostro Paese è tra i primi nelle missioni di peace-keeping, siamo orgogliosi dei nostri soldati e, per testimoniare tutta la nostra vicinanza alle truppe che lavorano per la pace, il 24 dicembre andrò
in Libano.