«Anche proposte dell'opposizione. Se non ci saranno avremo perso tutti»
di Roberto Zuccolini
Una grande preoccupazione. Ma anche una convinzione: che dal tunnel della crisi si possa uscire solo con un impegno bipartisan. Renato Schifani non entra nel merito del decreto presentato dal governo e delle proposte in discussione in questi giorni in Parlamento. Non può farlo come presidente del Senato. Però su alcuni punti, come l'abolizione delle Province, lancia l'idea di affidare tutto in tempi brevissimi e certi a un provvedimento legislativo che affronti il tema in modo complessivo e organico, mentre sulle pensioni mette in guardia dal rischio di creare conflitti sociali. Ma, soprattutto, approfitta del momento, giudicato «grave», per lanciare un nuovo appello sulla necessità di un dialogo «forte» tra maggioranza e opposizione. Non è la prima volta che lo fa nelle ultime settimane, mettendo un po' da parte le vesti di arbitro imparziale e assumendo un ruolo più politico, di «garante» del confronto fra tutte le forze politiche «per il bene del Paese».
Ieri in mattinata si è incontrato con il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, poi è salito sul Colle, dove si è intrattenuto per circa un'ora con Giorgio Napolitano per discutere della manovra economica, per ribadire che i saldi dovranno restare invariati («ce lo chiede l'Europa») e per illustrare i tempi di attuazione del decreto nel suo ramo del Parlamento. Un colloquio lungo e cordiale con il capo dello Stato dopo il discorso forte pronunciato a Rimini che richiamava sia la maggioranza che l'opposizione alle proprie responsabilità. E Schifani intende far proprio questo richiamo.
Nel pomeriggio, tornato nel suo ufficio a Palazzo Madama, il presidente del Senato conferma che i tempi di attuazione della manovra saranno rispettatie il 5 settembre si andrà in Aula: «Sarà un percorso sobrio, non lungo, ma che consenta tutte le audizioni necessarie e un opportuno dibattito in commissione». Perché l'auspicio è che «si arrivi in Aula senza la richiesta di fiducia». E qui lancia il suo appello bipartisan: «Sento forte l'esigenza di un accordo tra maggioranza e opposizione se non totale almeno parziale, evitando l'incomunicabilità tra schieramenti, con chiusure sistematiche da una parte e dall'altra». Di fronte alla crisi «occorrono non solo misure forti, ma atteggiamenti forti». E anche la maggioranza deve stare attenta alle sue mosse: «Le proposte dell'opposizione devono essere prese in giusta considerazione perché si deve lavorare insieme per la tenuta del Paese». In altre parole ci deve essere dialogo, far passare almeno una parte delle idee che provengono da Pd, Idv e terzo polo, «quelle forze che responsabilmente hanno permesso recentemente l'approvazione in pochi giorni della manovra di luglio». Con una consapevolezza che Schifani non esita a ripetere a chi lo incontra in questi giorni a Palazzo Madama, tornato in fretta da una breve vacanza: «Se per ipotesi dovessero essere bocciate tutte le proposte dell'opposizione, a perdere sarebbe tutta la politica italiana».
Di fronte alla crisi, ammonisce, «è necessario abbandonare ogni steccato politico, guardare ai contenuti con obiettività e dire no al pregiudizio». Non sembra facile guardando al panorama politico italiano, ma secondo il presidente del Senato è venuto il momento per i partiti «di fare scelte coraggiose anche se possono creare scontento al loro elettorato».
Schifani è comunque soddisfatto perché da martedì, quando sono cominciati i lavori delle commissioni, «il luogo delle proposte non sono più solo i media, ma il Parlamento». Nel senso che le esternazioni ora devono lasciare il posto «alla vera sede della discussione politica, cioè il Senato e la Camera: si sono voluti accendere troppi riflettori altrove in questo periodo estivo».
Ma come deve essere la manovra sulla quale si stanno lacerando in questi giorni le forze politiche? Il presidente del Senato non può entrare nei dettagli, ma enuncia un principio che non risulta neutro: «La manovra deve essere eticamente sostenibile. E' dovere del Parlamento lavorare per evitare lo scontro sociale. Se a un cittadino vengono chiesti sacrifici non deve sentirsi penalizzato rispetto ad altri a cui viene chiesto troppo poco. Il faro di questa manovra deve essere l'equità».
C'è però una delle proposte in discussione, l'abolizione delle Province con meno di 300 mila abitanti, sulla quale Schifani sente di dover dire qualcosa di preciso e avanzare una proposta. Ricorda quando, dal '96 al 2001, faceva parte della commissione Affari costituzionali del Senato, presieduta allora dal pds Massimo Villone, e come, insieme a lui e agli altri senatori, affrontava l'argomento ogni volta che si presentava l'occasione: «C'era la consapevolezza di toccare una materia delicata che andava riformata con grande attenzione. Si può e si deve semplificare il mondo delle autonomie eccessivamente appesantito. Ma ciò va fatto con una sua riorganizzazione complessiva. Se ci si limitasse solo a tagliare le Province sotto i 300 mila abitanti non ci sarebbe più omogeneità di governo locale e molti cittadini resterebbero disorientati». Ed ecco la proposta concreta: «Sarebbe opportuno fare una riflessione su questo argomento inserendo però nella manovra un passaggio che impegni il governo a presentare al più presto una normativa di rivisitazione complessiva e organica dell'architettura degli enti locali».
E il resto delle misure in cantiere? Sarà tutta responsabilità dei gruppi parlamentari, a partire dalle riforme strutturali: «La reazione dell'Europa è stata positiva con l'acquisto di titoli italiani per un miliardo di euro. Ora bisogna andare avanti». Con prudenza però: «Il tema delle pensioni tocca la sensibilità dei lavoratori e la tenuta sociale. Negli ultimi tre anni abbiamo fatto passi in avanti sulla riforma di questo comparto. Occorrerebbe fare di più, ma non si può arrivare a uno strappo con le forze sociali».
Il ministro Tremonti non sembra però in secondo piano in questi giorni rispetto all'attivismo di Angelino Alfano? «Il suo silenzio è apprezzabile: fa bene ad ascoltare le proposte di maggioranza e opposizione e a trarne le opportune valutazioni. Con Alfano invece il Pdl sta cambiando struttura. Berlusconi non è più costretto ad avere due ruoli: presidente del Consiglio e leader del partito. Ormai il Pdl ha un segretario politico e si vede nei fatti: non è casuale che abbia voluto incontrare subito i direttivi dei gruppi parlamentari e che tratti in prima persona con le parti sociali. Alfano è una possibilità in più per il Pdl».
Infine i costi della politica: «Ho già detto che dal 5 settembre adegueremo i prezzi del ristorante del Senato. Ma ovviamente occorre fare di più: sono pienamente d'accordo con la riduzione dei parlamentari. Lo vedo necessario per la funzionalità dello stesso Parlamento». Ma molte cose sono da affrontare e rivedere per Renato Schifani nella complessa fase politica che si è aperta: «Questa è una stagione in cui nulla è acquisito o definitivo. Per questo il Parlamento, il governo e le forze politiche non hanno sostanzialmente interrotto la propria attività anche in estate. Al di là dei tanti discorsi qualunquistici questo è un segno di vitalità delle istituzioni e di chi opera in esse».