Ottava Conferenza Nazionale di Statistica
Rivolgo, anzitutto, un saluto a tutte le Autorità presenti, a tutti i tecnici e agli esperti che sono intervenuti a questa Ottava Conferenza nazionale di Statistica. Un ringraziamento particolare voglio rivolgerlo al Presidente Biggeri che mi ha voluto invitare ad aprire i vostri lavori.
Quello odierno è un avvenimento importante, non solo per voi - addetti ai lavori - ma per tutto il Paese, perché la statistica ha assunto una funzione cruciale per lo sviluppo della società e della stessa vita democratica. Nelle moderne democrazie di massa è, infatti, davvero vitale che i cittadini, e tutti coloro che hanno delle responsabilità, possano disporre di strumenti conoscitivi, di dati affidabili, di analisi sui fenomeni e sui diversi settori della vita economica e sociale. Faccio questa affermazione senza alcuna retorica. Ne sono veramente convinto, anche sulla base della mia personale esperienza.
Oggi sono Presidente del Senato. Ma - come molti di voi sanno - nella mia vita sono stato a lungo sindacalista, e ho avuto anche in questo campo importanti responsabilità, alla guida di un sindacato il cui approccio è sempre stato pragmatico e contrattualista. Non avrei potuto svolgere il mio compito se non avessi sempre avuto dati e informazioni statistiche aggiornate sui lavoratori dei diversi comparti, sulle loro retribuzioni, sui costi per i datori di lavoro e sui costi degli oneri sociali, sui diversi bisogni particolari.
Nella mia vita di lavoro mi sono sempre misurato su dati concreti, inconfutabili, per impegnare i miei interlocutori in confronti razionali e concreti, per raggiungere risultati utili ed efficaci. Questa mia impostazione me la sono portata anche in politica e provo un certo fastidio quando sento dibattiti e posizioni che, ostinatamente, vogliono prescindere dai dati reali e concreti e vogliono invece affrontare la realtà con schemi precostituiti, con occhiali ideologici.
La statistica ufficiale ha, dunque, una funzione fondamentale per il governo e per tutta la società. Non se può fare a meno. Ecco perché è importante questa vostra Conferenza nazionale di statistica, che porta qui a convergere, a discutere, centinaia di operatori specializzati della vita professionale e amministrativa.
Voglio fermarmi ancora su 2 punti particolari, che so presenti nel vostro dibattito, ma sui quali desidero fare alcune sottolineature. Il primo punto è quello della disponibilità di "buone statistiche", ovvero di dati certi, prelevati con continuità, con metodiche scientifiche riscontrabili. Il nostro Paese, così complesso e originale in molti suoi aspetti, ha bisogno di una solida base conoscitiva e comparativa, al suo interno - tra un'area e l'altra - ma anche all'esterno, con gli altri Paesi europei e del mondo.
Negli anni recenti si è diffusa un po' troppo una certa attenzione ai sondaggi di opinione, spesso poi anche realizzati con metodi affrettati e non rappresentativi della realtà. E si è diffusa la sensazione che un sondaggio giornalistico possa tranquillamente surrogare la serietà di una serie storica di dati raccolti e comparati con procedimenti seri. Molti dibattiti e molte prese di posizione sono affidati solo a dati superficiali e, spesso, davvero limitati. Non ho bisogno di fare esempi, perché credo che tutti voi abbiate ben osservato e compreso quello che è avvenuto negli anni recenti, con il tentativo di sostituire le buone statistiche con le tecniche - a volte un po' troppo strumentali - delle indagini di mercato.
Credo che un certo clima di confusione che si registra nel Paese, fra i cittadini, sulla nostra reale situazione sociale ed economica dipenda, anche, da una forte precarietà delle informazioni che vengono diffuse. Informazioni superficiali ed effimere che, a volte, sono anche strumentalmente, utilizzate per sostenere opposte - presunte - verità. Un Paese serio, che vuole consolidarsi in ciò che ha raggiunto, e vuole competere nel mondo sulla base delle sue straordinarie qualità, deve affidare le sue discussioni e le sue valutazioni a dati oggettivi e precisi, e deve riconoscersi su questi dati e sui loro possibili significati.
Le "buone statistiche" richiedono risorse, tecnici qualificati e con un alto senso civile del loro lavoro, ma richiedono anche una maggiore attenzione da parte delle Istituzioni rappresentative e di Governo, per essere considerate come uno strumento indispensabile nel processo di formazione delle decisioni. Il mio impegno qui con voi - per quelle che sono le mie responsabilità - è quello di sostenere questa impostazione, per le ragioni che vi ho esposto.
L' Istituto nazionale di statistica - nella sua autonomia - deve essere consapevole di avere la giusta attenzione da parte del Parlamento, ai fini del pieno assolvimento dei suoi delicati compiti strategici.
Bisogna poi lavorare di più per diffondere la cultura statistica presso i cittadini di ogni livello sociale. Tutti i cittadini dovrebbero imparare ad esaminare e discutere i propri problemi a partire da basi conoscitive razionali, sulla base di dati oggettivi ufficiali. Per fare questo c'è bisogno di un più forte impegno della scuola e di tutte le strutture formative e di tutte le organizzazioni della società civile che animano la partecipazione dei cittadini. Ma c'è bisogno anche di un più incisivo lavoro di voi statistici, che dovete elaborare approcci semplificati che non tradiscano la verità del dato ma che consentano, invece, una facile comprensione anche ai normali cittadini e a tutti coloro che sono chiamati a fare informazione e divulgazione dei fenomeni economici e sociali.
Osservando il vostro lavoro credo di poter riconoscere che l'ISTAT - a partire dagli anni Novanta - ha mosso passi significativi in queste direzioni, assumendosi anche nuove responsabilità di commento e interpretazione dei dati, oltre alla loro descrizione tecnica. Questo ha significato non solo una costante affidabilità nei dati raccolti e diffusi, ma anche un maggior impegno degli stessi statistici che hanno acquisto più vasti compiti, divenendo essi stessi commentatori e comunicatori dei risultati del loro lavoro.
Penso che questa responsabilità sia una cosa positiva, che arricchisce e il dibattito e ne aiuta lo sviluppo concreto. L'ISTAT - che compie 80 anni di vita istituzionale - ha bisogno di professionalità qualificate e impegnate, consapevoli dei loro delicati compiti.
Prima di concludere consentitemi di fare almeno un cenno ai problemi più vasti del nostro Paese. Sapete che, fin dal giorno della mia elezione alla carica di Presidente del Senato - dopo una lunga campagna elettorale dalla quale il Paese è uscito sostanzialmente diviso in 2 parti uguali - ho detto che era necessario fare uno sforzo per affrontare almeno alcuni grandi problemi fondamentali con uno spirito unitario.
Non spetta a me decidere i temi, ma io penso che su aspetti centrali come quelli dell'adeguamento degli apparati pubblici - tema fondamentale per la nostra competitività economica - o su aspetti istituzionali come quelli del completamento e del riequilibrio dell'assetto federalista - con attenzione anche agli aspetti fiscali - o sul tema della legge elettorale, sia necessario un impegno di convergenza forte per offrire al Paese soluzioni adeguate con un consenso politico ampio e diffuso. L'impegno della statistica non è estraneo a questo sforzo, perché per affrontare seriamente le questioni bisogna muovere da basi conoscitive affidabili e condivise.
In una moderna democrazia bipolare le statistiche non possono essere di destra o di sinistra, ma devono rappresentare un patrimonio comune indispensabile, attraverso le quali chi deve decidere possa avere dati certi e chiari dai quali muovere. Alla vostra Conferenza, ma soprattutto al vostro costante impegno e alla vostra responsabilità, sta il compito di offrire risposte e disponibilità costante.
Auguri di buon lavoro e, soprattutto, auguri, per un impegno comune per la crescita moderna ed equilibrata del nostro Paese.