Generare Classe dirigente - Presentazione del Rapporto LUISS 2008
Signore e Signori,
a nome del Senato della Repubblica sono lieto di ospitare la presentazione del II° Rapporto della LUISS intitolato "Generare classe dirigente. Una sintonia positiva da ritrovare con il Paese".
Ringrazio i curatori di questa interessante ricerca.
E voglio rivolgere un saluto ai giovani qui presenti, in particolare a quelli che frequentano il Master su "Parlamento e politiche pubbliche", organizzato dalla Luiss e sostenuto anche dal Senato, perché è una delle occasioni per la formazione di alti quadri della vita pubblica e istituzionale. Si tratta di una opportunità che è coerente anche con la nostra riflessione odierna.
Il tema oggetto dello studio è di straordinaria attualità, specie in questo periodo in cui l'Italia sta vivendo una fase decisamente delicata - sia per i propri problemi interni, che per le criticità dell'economia e della finanza internazionale.
Credo tutti avvertiamo la necessità che la classe dirigente del Paese abbia un vero e proprio scatto d'orgoglio e assuma in modo sicuro, responsabile e competente la guida del Paese.
Il livello e le capacità della classe dirigente sono temi cruciali per la democrazia e, per questo, sono stati, da sempre, al centro dell'attenzione e delle preoccupazioni dei Padri della nostra storia democratica.
Agli albori del regime fascista, Luigi Sturzo affermava che la classe dirigente deve avere la capacità "di elaborazione del pensiero" e la coerenza "di una vera e profonda attività di vita".
Sturzo diceva inoltre che "non c'è peggior nemico dello scoraggiamento, del pessimismo, della incultura delle classi dirigenti, le quali non possono sfuggire alle responsabilità storiche, morali e politiche della loro posizione".
Parole che ancora oggi risuonano come un monito a chi ha responsabilità nei diversi settori della vita sociale: dalla politica all'amministrazione, dall'economia alle Associazioni di rappresentanza, dall'Università ai mass media.
Un monito ad essere maggiormente consapevoli del proprio ruolo nella società, a riscoprire il valore del proprio impegno al servizio del Paese e ad elevarne costantemente la qualità, a saper interpretare il significato profondo dei fatti storici e a prefigurare orientamenti e linee di azione che davvero ambiscano alla realizzazione degli interessi e del benessere del Paese.
Piero Calamandrei, parlando ai giovani nel 1950, sottolineava che il problema centrale della democrazia è "la formazione della classe dirigente".
"Non solo di quella politica - diceva Calamandrei - ma anche della classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti".
"Non deve essere una casta ereditaria, chiusa, una oligarchia, una chiesa, un ordine".
In quegli anni, il Paese ebbe la possibilità di esprimere gruppi dirigenti importanti e temprati nella lotta per la democrazia, nella nascita e nella fondazione Costituzionale della Repubblica, nel rilancio delle energie materiali e morali di tutta la popolazione stremata dal tragico conflitto bellico.
Dopo quella lunga e straordinaria stagione, la selezione della classe dirigente torna ad essere ancora oggi, senza dubbio, una tra le principali questioni che dobbiamo affrontare.
Purtroppo il Paese è tornato in campagna elettorale con quella pessima legge che produce instabilità delle maggioranze e che toglie ai cittadini la possibilità di contribuire a scegliere i propri rappresentanti.
Voglio ricordare - e lo faccio non per orgoglio ma con un forte rammarico personale - che fin dal primo giorno dopo le elezioni del 2006 mi impegnai a richiamare l'attenzione di tutti sul problema di cambiare subito questa pessima legge.
Credo di aver fatto ogni possibile tentativo, in piena sintonia con il Capo dello Stato che non ha certo mancato di esprimere anche la sua preoccupazione su questo grave problema.
Prima di concludere voglio ancora rivolgermi ai più giovani, per ricordare loro che la formazione di una classe dirigente è un processo di lungo periodo, che deve mettere in moto processi virtuosi fondati su un ampio coinvolgimento di tutta la società, su criteri di competizione selettiva a partire, innanzitutto, da quelli previsti nella nostra Costituzione.
Ci vuole tenacia e continuità nella propria azione. E dovete sempre ricordare che, tanto spesso, si apprende più dalle sconfitte e dalle delusioni che non dai risultati positivi.
Occorre dunque, davvero richiamarci a quel nuovo patriottismo invocato recentemente dal Presidente Napolitano, che io vorrei riaffermare come "patriottismo delle responsabilità", che si deve concretizzare in "un concorso di volontà più forte di tutte le ragioni di divisione, pur nello svolgimento di una libera dialettica politica e sociale".
Dopo il 13 e il 14 di aprile il Paese avrà bisogno di un impegno dirigente incisivo e serio, di un Governo stabile e forte, capace di avviare quelle riforme istituzionali e sociali senza le quali la nostra crescita rimane drammaticamente frenata.