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Il Presidente: Discorsi

80 anni del settimanale «la Vita Cattolica»

Discorso pronunciato nella Sala Paolino da Aquileia di Udine in occasione degli 80 anni del settimanale "La Vita Cattolica"

Desidero, preliminarmente, rivolgere un saluto ai promotori di questa iniziativa, a tutti coloro che lavorano per "La Vita Cattolica", il vostro settimanale che festeggia 80 anni di vita e di successi.

Rivolgo anche un saluto cordiale:

  • a tutte le Autorità, civili e religiose, presenti,
  • a tutte le cittadine e i cittadini di Udine e del Friuli che sono qui intervenuti o che ci seguono attraverso i collegamenti in diretta.

Signore e Signori,
anzitutto un grazie sincero per questa importante e sentita occasione.
Non capita frequentemente di trovare una comunità locale, così unita e raccolta intorno ad un giornale che è "qualcosa" di più - o forse dovrei dire "molto" di più - di uno dei tanti giornali locali.

Ho ascoltato con attenzione e interesse i numerosi interventi e le testimonianze del Direttore del vostro giornale, dell'Arcivescovo, degli Amministratori locali, dei rappresentanti del mondo giornalistico, degli esperti che avete qui riunito.

Ogni oratore ha portato il suo punto di vista, testimoniando un notevole pluralismo di posizioni culturali e istituzionali.

Eppure tutti sono stati straordinariamente concordi nel sottolineare l'importanza e la qualità del vostro settimanale.

Quando la Vita Cattolica è nata, nel 1926, l'Italia era molto diversa da oggi.

Il regime fascista aveva da poco preso piede, ma già aveva cancellato la vita democratica parlamentare, le elezioni locali, i partiti politici di massa che erano nati da pochi anni.

Anche la libera stampa era stata largamente "imbavagliata", per favorire solo le voci di consenso al regime.

Il mondo cattolico, in quella situazione difficile, non potendo più avere una libera e autonoma espressione politica - perché il partito popolare e lo stesso Sturzo erano stati costretti ad abbandonare il campo - decise però di non escludersi dalla vita civile.

L'insegnamento lungimirante della Dottrina sociale della Chiesa - che invitava a comprendere e conciliare le cose nuove che avvenivano - rimaneva vivo e forte nella coscienza delle organizzazioni cattoliche, delle associazioni, delle comunità locali.

Nacquero così, proprio in quegli anni, numerosi giornali diocesani, tra i quali il vostro, per animare la vita di base delle comunità.

E' ben chiaro a tutti che l'obiettivo della "Vita Cattolica" non era - e non poteva essere - solo quello di dare delle informazioni.

L'impegno lucido era piuttosto quello, più sottile e incisivo, di rafforzare e diffondere una visione unitaria - pastorale e culturale - dei cattolici in una società in forte trasformazione.

Gli anni successivi alla prima guerra mondiale furono anni assai difficili.

L'Italia aveva vinto la "grande guerra" contro l'Austria, ma lo Stato liberale, che aveva fatto la prima unificazione, era ormai in crisi, e non riusciva più a dare risposte efficaci alle enormi aspettative sociali, di lavoro e di progresso.

Si trattava, dunque, di dare punti di riferimento certi, di dare una bussola di orientamento ad una comunità locale profondamente legata al suo territorio, in un Paese sollecitato da fenomeni e spinte eccezionali.

Questo legame tra comunità locale e territorio è un carattere forte della nostra identità nazionale.

Ma non si tratta di un carattere unico, omogeneo, omologato.

Si tratta, piuttosto, di un carattere che ha tante declinazioni, tante sfaccettature, tante storie e culture diverse.

La comunità friulana ha attraversato il Novecento affrontando problemi profondi e gravi.

L'emigrazione anzitutto, verso le Americhe, e con diverse ondate: all'inizio del secolo, durante il Fascismo, nel secondo dopoguerra.

La mancanza di lavoro - e soprattutto la debolezza delle prospettive di sviluppo - spingeva persone sole e intere famiglie a lasciare dolorosamente la propria terra, portandone solo il ricordo nel cuore.

Quasi tutti questi italiani che partivano spesso conoscevano solo le loro lingue locali, e solo attraverso di queste comunicavano tra di loro.

Non possiamo dimenticare che queste terre friulane - oggi così prospere e dinamiche - ancora negli anni cinquanta e sessanta erano classificate come aree depresse, per le quali si chiedevano interventi di sostegno e di assistenza.

Gli anni dopo il secondo conflitto hanno poi visto la comunità friulana sopportare la difficile condizione di comunità di frontiera.

Il Friuli si è trovato ad essere, di fatto, argine tra i "due blocchi" - quello orientale e quello occidentale - che si sono a lungo confrontati durante la "guerra fredda".

Il grave terremoto del 1976, che provocò migliaia di vittime e danni materiali enormi, segnò una svolta profonda.

Le scosse del 6 maggio di 30 anni fa' fecero vibrare nel profondo la terra, e ancor di più le coscienze e le volontà della comunità friulana.

Il vostro settimanale, che uscì pochi giorni dopo la catastrofe naturale, già titolava "dopo la tragedia la speranza".

In quelle parole vi erano racchiusi i sentimenti profondi della gente friulana.

Quei sentimenti che "La Vita cattolica" ha sempre saputo interpretare e raccontare.

La lezione morale e civile che la comunità locale friulana seppe dare in breve tempo rimane, ancora oggi, scolpita nell'attenzione e nella coscienza di tutti gli italiani.

La vostra determinazione, la vostra concretezza, la vostra tenacia nella ricostruzione, sono ancora oggi un esempio davvero felice di efficacia e di dignità di un popolo.

In pochi anni case, scuole, edifici pubblici, chiese furono riparati o ricostruiti con grande tempestività, con grande equilibrio, con straordinaria armonia con l'ambiente e il territorio.

La vostra tradizionale laboriosità artigianale - con i suoi saperi e le sue conoscenze peculiari - si trasformò in centinaia e centinaia di piccole imprese specializzate con la nascita di alcuni dei più noti distretti industriali del Paese capaci di competere in Italia e nel mondo.

Queste vostre aree, insieme a quelle venete, sono divenute oggi sistemi produttivi di eccellenza e sono anche le "più dinamiche locomotive" produttive del Paese.

Ho ricordato queste cose, non solo per un giusto riconoscimento alla vostra straordinaria storia locale, ma perché "la Vita Cattolica" ha accompagnato con intelligenza non solo professionale questa crescita, con i suoi dolori e le sue gioie, con le sue speranze e i suoi successi.

Il rapporto del giornale con la comunità è stato di condivisione completa con tutte le pagine della vostra vita, della vostra storia.

Per questa ragione - oggi, come allora - il vostro periodico mantiene il record del settimanale più letto in tutto il Friuli.

Il vostro giornale - animato da cattolici, ma offerto e letto da tutta la comunità - è stato un vero strumento di crescita civile e democratica.

Una testimonianza concreta e forte di come una profonda ispirazione religiosa e morale possa innervare e alimentare di nuova linfa la vita sociale, la stessa crescita della democrazia civile e politica.

La legislatura che si è aperta, dopo una lunga campagna elettorale, ha delineato una maggioranza e una opposizione.

Il Paese, tuttavia, è uscito diviso, sostanzialmente a metà.

Qualche difficoltà specifica, derivante dalla stessa legge elettorale, vi è poi al Senato della Repubblica, per l'esiguo margine della maggioranza.

Per questa obiettiva situazione sono convinto, fin dal giorno della mia elezione come Presidente del Senato, che - nell'interesse del Paese - tutte le Forze politiche dovrebbero interpretare con una più forte maturità il nostro giovane bipolarismo.

Abbiamo adesso il delicato passaggio parlamentare di esame e approvazione della Legge finanziaria.

Non da oggi vado dicendo che su provvedimenti fondamentali per il Paese - almeno su qualche punto essenziale - andrebbe sviluppato un confronto serio e costruito un consenso ampio.

Sui temi della riforma dell'ordinamento giudiziario, che da anni erano materia di aspri conflitti, il Senato è stato capace di conseguire - alla luce del sole, con assoluta trasparenza - posizioni comuni su aspetti fondamentali.

I profili ispiratori del progetto di Legge finanziaria riguardano gli obiettivi del risanamento del bilancio pubblico, della maggiore equità sociale, del sostegno allo sviluppo economico.

Il percorso di risanamento del bilancio dello Stato fu concordato dal precedente Governo con la Commissione europea.

Si tratta, dunque, di un obiettivo istituzionale, nell'interesse del Paese e dei suoi impegni contratti con l'Unione.

Il tema dell'equità sociale è un caposaldo della nostra Costituzione che, anche per la materia fiscale, prevede che l'imposizione debba essere proporzionale e progressiva.

Nessuno ha mai contestato questi principi e credo che, essendo necessaria una manovra rigorosa e di risparmio, gli impegni non possano che essere distribuiti con una maggiore attenzione di tutela verso chi ha redditi più bassi e carichi familiari maggiori.

Il tema dello sviluppo poi, non può non essere condiviso, sia con misure per la competitività delle imprese che con provvedimenti di semplificazione burocratica.

Mi pare chiaro dunque che, se si mettono da parte le contrapposizioni un po' forzate e strumentali - più tipiche di una campagna elettorale che non di una fase di Governo del Paese - le Forze politiche potranno, naturalmente nel dibattito parlamentare, cercare qualche punto essenziale di incontro per aiutare la ripresa del Paese.

All'inizio degli anni Novanta abbiamo dato vita - attraverso la riforma elettorale - ad un sistema di alternanza fra coalizioni, ad una democrazia bipolare, anche se non bipartitica.

Questo bipolarismo è una conquista importante, che può dare più efficienza alla vita democratica e alle istituzioni e può rendere il cittadino elettore veramente arbitro delle scelte politiche.

Ma il bipolarismo non è contrapposizione e conflitto permanente.

Un bipolarismo che guarda al Paese e alle esigenze dei cittadini deve basarsi sul diritto-dovere della maggioranza (anche limitata nei numeri) di portare avanti le proprie proposte per il Governo del Paese, e sul diritto-dovere dell'opposizione di presentare proposte diverse.

Su aspetti importanti, che toccano gli interessi generali, maggioranza e opposizione devono poi avere la libertà di potersi confrontare e di convergere senza paure di perdere le proprie identità particolari.

Oggi, dunque, il Paese vive l'urgenza di una forte azione di Governo e di un impegno altrettanto forte e responsabile del Parlamento.

Questa azione di Governo potrà anche aiutare il consolidamento delle coalizioni politiche e la loro stessa evoluzione, anche come risultato di una incisiva azione riformatrice condotta con spirito maturo e con un concorso di responsabilità.

Non mi sottraggo, infatti, ancora una volta, dal dire che sono necessari anche alcuni aggiustamenti costituzionali e una revisione della legge elettorale.

Penso, soprattutto, ai temi del completamento e del bilanciamento del federalismo istituzionale e fiscale.

Questo sacrosanto principio autonomistico deve naturalmente contemperarsi con l'obbligo costituzionale di assicurare a tutti gli italiani condizioni e livelli di servizi omogenei.

Per fare questo bisogna anche ridurre sacche di inefficienza che ci sono negli apparati pubblici, non solo per fare risparmi di spesa, ma per dare al tessuto produttivo un sistema pubblico di servizi efficienti e competitivi.

L'esempio di civiltà e di dignità che viene dalla vostra terra è un paradigma straordinario di coesione sociale e di armonia culturale.

Una coesione e una armonia che si è sviluppata all'interno della vostra stessa Regione, tra comunità e minoranze etniche diverse, tra lingue e tradizioni peculiari.

Quando, nel 1964, si svolsero le prime vostre elezioni regionali "la Vita Cattolica" nel commentare la grande famiglia che nasceva non si nascose "le difficoltà di amalgama.....ma - scriveva il vostro giornale - è forse da questa fusione che potrà nascere la più caratteristica e qualificata Regione d'Italia".

Questa sfida di amalgama sociale e culturale rappresenta ancora un obiettivo da raggiungere per il nostro Paese.

Un obiettivo di maggiore armonia e integrazione fra gruppi sociali, fra territori, fra comunità locali, fra interessi diversi.

Il grande e intenso sviluppo che il Paese ha conosciuto nei primi tre decenni del dopoguerra è stato anche il frutto di un forte coesione sociale, di una identificazione in uno sforzo comune di progresso e di crescita.

Dobbiamo oggi ritrovare questo spirito, che è la condizione essenziale anche per affrontare competizioni nuove e impegnative nella scena mondiale.

Il mio auspicio forte è che giornali liberi e impegnati come "La Vita Cattolica" accompagnino questo sforzo con un profondo, costante, spirito di servizio al bene comune.

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