Democrazia e persona
Introduzione
1. Questo e il primo degli incontri di Norcia fra credenti e laici liberali, ma e l'ultimo in ordine di tempo di una serie di altri incontri e iniziative della Fondazione Magna Carta da sola o assieme alla Fondazione per la Sussidiarieta. A mo' di introduzione ai nostri lavori, sollevo tre questioni a cui fornisco le mie risposte.
2. La prima questione: che cosa stiamo facendo? Stiamo scoprendo e coprendo un campo, uno spazio. Mentre i laicisti (pressoche tutti di sinistra) rialzano steccati, noi li vogliamo abbattere e vogliamo lavorare assieme. Gli steccati pseudo-illuministici dei laicisti, da tardi epigoni della Dea Ragione, li abbiamo visti all'opera in questi anni e mesi, e riguardano vari temi della vita politica, nazionale e internazionale, e della vita civile. Ricordiamo i principali, relativi a:
- l'Europa,
- la bioetica,
- i limiti della scienza
- la famiglia,
- il diritto delle scuole cattoliche private,
- il diritto del magistero della Chiesa ad esprimersi,
- il diritto della Cei a intervenire pubblicamente su temi eticamente delicati,
- il modo di intendere lo Stato laico.
Su tutti questi temi, non solo quelli di noi che sono credenti, ma anche quelli che non lo sono - o non lo sono secondo criteri esteriori - siamo in disaccordo con i laicisti e siamo convinti di essere dalla parte giusta. Si vedra meglio dalla relazione e dal dibattito.
3. Seconda questione: perche facciamo questo incontro e questo lavoro? Perche siamo convinti che quegli steccati siano superati dalla nuova coscienza civile che si sta diffondendo in Italia (si e visto chiaramente al referendum sulla fecondazione assistita). E perche riteniamo che siano un ostacolo al confronto sui temi principali della nostra vita civile e politica.
4. Terza questione: quale obiettivo ha il nostro dialogo? Duplice: intellettuale e politico. Intellettuale, perche intendiamo condurre una ricerca culturale. Politico, perche vogliamo mostrare che si puo essere laici, liberali e credenti senza cadere sotto la vecchia egemonia culturale della sinistra, che, anche in questa circostanza, intende dare le carte e le pagelle, le benedizioni e le scomuniche. E politico anche perche vogliamo che la nostra cultura penetri nella societa e da li nei partiti.
Non soffriamo complessi di inferiorita. Al contrario, riteniamo di essere sintonizzati con quanto di meglio e di nuovo sta nascendo nell'opinione pubblica italiana. Le reazioni che riceviamo sono sempre piu confortanti. Ci siamo assunti il ruolo delle "minoranze creative" di cui, sulla scia di Toynbee, parlava l'allora cardinale Ratzinger e lo stiamo svolgendo bene. Il cardinale Ruini ci ha dato atto del nostro lavoro. Benedetto XVI, con quel messaggio autografo senza precedenti che ci ha inviato, ce lo conferma dalla massima cattedra. E noi Lo ringraziamo, Gli riconosciamo autorita, coraggio e apertura intellettuale, Gli siamo debitori per gli stimoli che ci da.
5. Abbiamo anche un orgoglio. Il fenomeno che contribuiamo ad alimentare, non da soli ma assieme ad altri (penso in particolare all'attivita del Foglio di Giuliano Ferrara), e un fenomeno tipicamente italiano. In nessuna altra parte dell'Europa si trova qualcosa di simile e per trovarne di analoghi dobbiamo attraversare l'Oceano.
6. Ho detto che vogliamo discutere. E per noi discutere e una cosa importante. Vuol dire prendere sul serio le nostre rispettive posizioni, confrontarle, cercare un incontro. Chi ci critica o dileggia o chi insinua altri fini, non ha capito, o fa finta di non capire, e comunque ha gia perso, a suo danno, il confronto.
7. Proprio oggi, un laicista, proclamatosi erede dell'Illuminismo, di Cavour e di Togliatti, ha bacchettato alcuni capi della sinistra rei di essersi dichiarati turbati del sentimento religioso e consapevoli della dimensione pubblica della fede delle genti. Se i laicisti scomunicano la sinistra, allora le minoranze creative hanno gia fatto breccia nel muro dei pigri.
1. Programma
Questo primo incontro di Norcia prosegue altri incontri della Fondazione Magna Carta, da sola o assieme alla Fondazione Sussidiarieta, che hanno lo scopo di trovare ed esplorare un terreno comune fra liberali e credenti intenzionati a contribuire alla soluzione della crisi della nostra societa, in particolare europea. Non c'e niente di politico in senso stretto in questa impresa, ma e chiaro a tutti, ed e onesto riconoscerlo, che se il lavoro prosegue e ha successo, come finora ha avuto, esso si misurera sempre piu con la nostra cultura politica, la quale, asfittica, ripetitiva, e inerziale come da tanto tempo e, ha bisogno di contributi nuovi.
Il primo compito che ci siamo dati e quello di scuotere le pigrizie intellettuali. Queste pigrizie sono come le abitudini personali consolidate: basta cercare di cambiarle e si fa scandalo. Noi non abbiamo voluto fare scandalo, ma questo e accaduto ugualmente. E accaduto fra i laici, non pochi dei quali, abituati a coltivare il proprio laicismo con gelosia e a recitare il proprio liberalismo come una giaculatoria, si sono chiesti perche noi volessimo ridiscutere vecchie certezze, e talvolta ci hanno addirittura accusati di fini nascosti. Ed e accaduto anche fra i credenti, fra i quali non tutti hanno accolto la manifestazione di attenzione al fenomeno rappresentato da noi, anche se non solo da noi, espressa dal cardinale Camillo Ruini in occasione della celebrazione del quarantesimo anniversario del Concilio Vaticano II.
E pero non e solo la nostra ostinazione che ci fa andare avanti. E la nuova realta, in particolare un risveglio spirituale che scuote tante coscienze soprattutto giovanili e un nuovo bisogno di identita che percorre tutta l'Europa, che ci impone di riflettere, di non cullarsi sui vecchi dogmi, di non adagiarsi sulle antiche categorie, fossero anche le nostre preferenze piu radicate, quelle che abbiamo succhiato col latte materno.
Abbiamo cercato di dimostrare che essere laici non significa essere non credenti in valori che chi e credente considera fondamentali; che essere credenti non significa essere confessionali; che praticare la religione cristiana non significa aderire semplicemente ad una morale o ad una politica, men che mai alla morale e alla politica corrente nell'intellighenzia di sinistra; che confrontarci non significa convertirci, se non in quel senso dignitoso e nobile di mettersi in gioco e scoprire cose nuove che e proprio degli ingegni che hanno curiosita intellettuale. Forse e per questo che abbiamo fatto scandalo e, fra tanto, tantissimo, interesse e consenso, abbiamo anche suscitato ora curiosita ora perplessita ora avversione.
Ma, dicevo, noi intendiamo continuare, convinti come siamo della utilita intrinseca del nostro tentativo. E continuiamo in due modi: nella ricerca intellettuale delle ragioni e dei fondamenti del dialogo, e nel tentativo di consegnare a chi regge la cosa pubblica, in particolare a coloro che sono politicamente piu vicini a noi, un patrimonio di idee, analisi, progetti, che dovrebbero costituire un programma di rinnovamento della politica. In questo senso, la nostra ambizione e anche piu grande di quella, banale e meschina, che i nostri avversari ci addebitano. Abbiamo la convinzione, spesso provata, che sempre piu gente pensi come noi e che si aspetti solo che noi che lo diciamo. Percio non siamo avanguardie, in quel senso marxista a cui i nostri intellettuali sono ancora legati anche dopo la morte del marxismo; piuttosto intendiamo essere sentinelle che allertano, giardinieri che coltivano, artigiani che costruiscono.
Personalmente, con questa relazione continuo la mia ricerca. E mi propongo due scopi. Primo. Cerchero di mostrare che il nostro, almeno il mio, liberalismo richiede di essere seriamente e profondamente riparato e che la nostra vecchia idea di societa libera o di societa aperta non basta piu a risolvere i problemi della crisi, culturale e spirituale, europea. Questo aggiustamento mi porta in contatto con il messaggio cristiano e comunque a misurarmi con la rinascita o il bisogno della tradizione cristiana. Secondo. Dopo essermi aperto un terreno di confronto fra credenti e non credenti, indichero le sfide nuove, e anche i rischi, che gli uni e gli altri devono affrontare. Ho preso sul serio quel ruolo delle "minoranze creative" di cui ci parlo un giorno il cardinale Ratzinger ora Papa Benedetto XVI, non perche ci sentiamo particolarmente creativi o perche amiamo essere minoranza, ma perche crediamo che qualcuno debba avere il coraggio di cominciare. Dopotutto, che coraggio e mai quello di fare il nostro mestiere di studiosi che continuano a cercare o di politici che continuano a interrogarsi su come meglio soddisfare i bisogni dei popoli?
2. Ibridi
Comincio da cose note. Sia nella versione politica che in quella economica, il liberalismo e notoriamente una dottrina delle limitazioni dei poteri dello Stato e dei controlli pubblici. Per Hayek, i due liberalismi si equivalgono o sono legati da una relazione di implicazione. . Per Einaudi l'equivalenza non e di principio ma di fatto. .
Il di cui parla Hayek (e che e sotteso alle parole di Einaudi) piu che una premessa e una conseguenza. Il ragionamento sottostante e questo. La liberta degli individui e l'assenza di costrizioni, cioe, nella nota terminologia di I. Berlin, la liberta da; poiche la liberta da di un individuo deve essere compatibile con le liberta da di altri individui, la liberta individuale e liberta contemperata e regolata, e percio e liberta nella legge; ne consegue che, avendo una funzione di equilibrio, la legge non puo essere una decisione arbitraria di un autocrate o di un'assemblea che dispensi favori a singoli o gruppi, e percio le uniche leggi consentite sono le norme generali di condotta. Se si parte da questa conseguenza e la si assume a principio, almeno alcune delle singole liberta individuali (liberta di) seguono da esso come corollari.
Tutto questo, dicevo e noto. Ma e anche noto che questo liberalismo non ha resistito - ed e diventato un "ibrido" - quando il principio fondamentale liberale ha assorbito, o si e giustapposto, al principio fondamentale democratico, e le liberta da si sono unite alle liberta di. Il liberalismo e avverso alla democrazia, perche per la democrazia le norme non sono di mera condotta o procedura, ma sostantive, di giustizia o di favore. Simmetricamente, la democrazia e avversa al liberalismo, perche il liberalismo trascura gli svantaggiati e tratta i diseguali come uguali. Si puo anche dire che liberalismo e democrazia sono avversi perche l'uno guarda alla liberta individuale, di cui la non coercizione e il primo requisito, l'altro alla giustizia sociale, di cui e requisito la cittadinanza politica. Eppure questa fusione o giustapposizione di principi che spingono in direzioni contrapposte e stata possibile e ha prodotto i nostri attuali regimi liberaldemocratici, che sono anch'essi degli "ibridi" (o degli "ircocervi") come la dottrina che li sorregge.
Con questi "ibridi" noi oggi conviviamo e non dovremmo lamentarcene. Quando, dopo la fine della Seconda guerra o, piu avanti, dopo la chiusura del "secolo breve", i regimi liberali sono rinati, essi sono venuti alla luce sotto la nuova forma democratica. I vantaggi li abbiamo di fronte e dei benefici godiamo ogni giorno. Non solo non dobbiamo dimenticarli, questi benefici, dobbiamo anche apprezzarli e difenderli, perche sappiamo che potremmo perderli.
Oggi pero avvertiamo che, mentre prosperiamo, siamo anche nel mezzo di una crisi. A mio avviso, di una triplice crisi: politico-sociale, perche i regimi liberaldemocratici oggi avvertono il peso dei costi di quelle liberta di che essi hanno cercato di assicurare in maniera crescente; intellettuale, perche nessuno, fra i molti e i grandi che ci si sono provati (ultimo J. Rawls) e mai riuscito a dare forza di paradigma teorico accettato e condiviso all'ibrido della dottrina liberaldemocratica; e spirituale, perche le societa liberaldemocratiche, in ispecie quelle europee, producono visibili fenomeni di indebolimento della fiducia in se stesse.
Tralascio deliberatamente il primo aspetto della crisi. Che l'Europa oggi sopporti un peso eccessivo del suo welfare e dei suoi sistemi di sicurezza e giustizia sociale, e che pertanto essa si trovi in difficolta nella competizione con altre aree economiche del pianeta, sia quelle classiche come l'America, sia quelle emergenti o emerse di recente come il Giappone, l'India, la Cina, e noto a tutti. Ed e noto da tempo all'Europa medesima, la quale aveva cercato di correre ai ripari con l'Agenda di Lisbona 2000, mai in realta veramente decollata a causa di quelle "riforme" mancate, dove piu dove meno, da tutti i governi, sia di sinistra che di destra, dell'Europa continentale.
Mi concentrero piuttosto sugli altri aspetti della crisi, sempre con riferimento all'Europa. Qui i fenomeni che osservo sono almeno tre: l'eccesso di secolarizzazione, la scarsa coesione o solidarieta sociale, l'indebolimento dell'identita della nostra tradizione.
3. Crisi
Ciascuno di questi fenomeni meriterebbe uno studio a se, ma poiche i lavori sull'argomento sono gia molti e sono sufficientemente noti, possiamo limitarci alla ricapitolazione dell'essenziale.
L'eccesso di secolarizzazione di cui si parla e l'epigono della secolarizzazione liberatrice che coincise con l'eta moderna, la nascita della scienza, del capitalismo, della tecnica, della stagione dei diritti, e cosi via. La secolarizzazione odierna non e piu la classica separazione di competenze o di sfere o di spazi che comincio con Machiavelli e Galileo, e prosegui con Locke, Kant e tanti altri. Le celebri distinzioni e separazioni che furono allora instaurate - fra verita di ragione e verita di fede, fra morale e diritto, fra politica e scienza, fra ambito pubblico e spazio privato, eccetera - sono state tutte conquiste della nostra cultura e della nostra civilta, che ci hanno liberato da teocrazie, ingerenze, dogmatismi, intolleranze, eccetera. Nessuno oggi le mette seriamente in discussione. O, piu precisamente, nessuno mette piu in seria discussione gli abiti, gli istituti, le procedure e le norme che ne sono derivate, ad esempio lo Stato costituzionale, la separazione Stato-Chiesa, la liberta religiosa, e cosi via. Ma si ha l'impressione - e talvolta anche piu: l'evidenza - che la parabola della secolarizzazione sia nella fase discendente.
Non solo si assiste a fenomeni di segno contrario, come una diffusa rinascita di spiritualita che straripa e rivendica i suoi diritti ben oltre la sfera privata; non solo si osserva una richiesta sempre piu forte di ripensamento delle vecchie e ormai comode distinzioni e separazioni, come quando Papa Giovanni Paolo II reclamava ad alta voce di non dimenticarsi delle radici cristiane nel preambolo della Costituzione europea o Papa Benedetto XVI reclama di non escludere Dio dalla sfera pubblica e di non relegarlo soltanto nel ; non solo ci troviamo di fronte a dilemmi morali, come quelli provocati dalle questioni bioetiche, in cui l'antica distinzione fra una scienza libera di ricercare e sperimentare nella sua sfera e di una morale anch'essa libera di usarla nella propria sfera non risolve i dilemmi e lascia insoddisfatta tanta gente: si assiste, in piu, a fenomeni in cui la secolarizzazione comincia ad essere rigettata apertamente o comunque ad essere giudicata controversa dall'opinione pubblica. Il molto discusso e discutibile divieto del velo islamico alle ragazze musulmane e un caso; le decisioni anch'esse molto dibattute sulla esibizione pubblica del crocefisso o sul cambio di simbolo della Croce rossa e un altro; la bocciatura del candidato italiano Rocco Buttiglione alla carica di commissario europeo perche invocava proprio la distinzione fra morale e diritto un altro ancora. Insomma, e come se la secolarizzazione, che di tutti questi casi e presupposto, non andasse piu bene o non andasse piu bene nei modi vissuti fino a ieri. Ed e come se il "disincanto" fosse esaurito e si fosse alla ricerca di una nuova spiritualita nella vita privata e in quella pubblica.
Anche la scarsa coesione sociale e un epigono di un principio un tempo convenuto pacificamente e anch'essa si situa verso il lato discendente di una parabola. Il principio in questione e il sacro principio liberale della tolleranza tradizionalmente applicato agli individui e successivamente esteso alle comunita. Questo principio ha prodotto due fenomeni.
Uno e quello della tolleranza come acquiescenza di fronte a qualunque stile di vita o concezione del bene. Di questa tolleranza senza verita Benedetto XVI, inaugurando il Sinodo dei vescovi, ha detto lo scorso 2 ottobre: . Ed e un fatto che la tolleranza cosi intesa e sempre piu rifiutata da sempre piu gente.
L'altro fenomeno e quello del multiculturalismo che ormai molti concordano nel ritenere un modello fallito di integrazione di gruppi o comunita dentro le societa nazionali. Sia l'acquiescenza sia il multiculturalismo hanno messo a rischio la coesione sociale, perche, l'una ha prodotto tensioni sociali fra comunita e societa nel suo insieme e l'altro non ha impedito la nascita di ghetti o di comunita separate al cui interno i diritti dei singoli individui non sono garantiti (la parita uomo-donna, in primo luogo), ne e garantita l'integrazione (il caso della scuola di via Quaranta a Milano ne e un esempio).
Infine, per quanto riguarda l'indebolimento di identita, la discussione, e l'esito, circa il richiamo alle radici cristiane nel preambolo della Costituzione europea e il caso piu emblematico. L'Europa si dimentica di se stessa, della propria storia comune, della propria tradizione. Si direbbe che qui il liberalismo sia andato cosi oltre che ha infine realizzato l'ideale di una societa cosmopolita composta da individui privi di passati storici. J.S.Mill non avrebbe potuto chiedere di meglio per realizzare quella societa senza tradizione da lui esposta in On Liberty.
4. Persona
Se questa e la crisi, o un aspetto di essa - e lo e -, allora dobbiamo cercare di superarla prima che diventi una deriva. Ma per trovare la rotta che ci porti in una direzione sufficientemente sicura dobbiamo prima portare in un porto adeguatamente attrezzato l'ibrido liberaldemocratico, per ripararlo o, ove fosse il caso, per sostituirlo.
Essendo un ibrido, quello liberaldemocratico ha ora caratteri piu marcatamente democratici ora caratteri piu marcatamente liberali. Ma neppure l'ibrido con la faccia piu democratica rinuncia ai caratteri liberali.
Dice l'art.3 della Costituzione italiana: .
Qui l'ibrido e evidente. Tralasciamo lo slittamento linguistico da a , che e una visibile concessione al socialismo del tempo. Per il resto si puo osservare che nell'art.3 la liberta di (l', la ) parte dalle liberta da (), e che le due liberta si riconoscono in un valore che le comprende entrambe ().
Una fusione - o giustapposizione - analoga di principi si trova nella Costituzione europea. L'art. II.66 dice che , la quale e chiaramente una liberta da che, negli articoli precedenti e successivi, e combinata con una lunga serie di liberta di.
Che cosa significa tutto questo? Che anche gli ibridi dai tratti piu democratici conservano traccia profonda del principio liberale del primato dell'individuo e della sua autonomia (di pensiero, di espressione, di coscienza, di religione, di riunione e associazione, di professione, di impresa, eccetera).
Ci troviamo allora di fronte a due questioni. Quale tipo di primato? Perche questo primato?
Alla prima domanda la risposta non e dubbia. Il primato di cui si parla e un primato morale, assiologico. Del resto, e l'unico di cui si possa sensatamente parlare, essendo privi di senso sia il primato cronologico che logico e ontologico dell'individuo sulla societa. L'individuo viene prima della societa, non perche l'uno viene prima dei molti nel tempo e nella serie numerica o perche i molti sono fatti di singoli uno, ma perche l'individuo ha un valore in se, e un bene in se, e un fine in se, rispetto ai quali gli altri sono valori derivati. Nel considerare l'individuo nelle comunita o collettivita o societa di cui fa parte - dalle piccole, la famiglia, alle intermedie, le associazioni, alle grandi, lo Stato o le comunita sovrastatali - l'individuo viene prima perche vale indipendentemente, in se, quale individuo, in quanto soggetto morale.
Ma, ed e la seconda questione, perche vale? Da che cosa scaturisce questo valore? Come lo si riconosce e chi lo attribuisce? Perche l'individuo e un fine in se? Come l'attribuzione del primato, anche l'ascrizione di fine in se e un giudizio morale. Considerare un individuo come fine significa considerarlo come persona, attribuirgli dignita. "Persona" infatti non e un predicato empirico che dipenda da empiriche, osservabili o sperimentabili condizioni di fatto: "persona" e un predicato assiologico. Se qualcuno e persona, allora egli ha dignita e merita rispetto: e portatore di valori (Werttrager>, un portatore di valori).
Se partiamo dal primato assiologico dell'individuo e intendiamo l'individuo come persona, ne consegue che l'individualismo del liberalismo e prima assiologico che metodologico. E cosi inteso e allargato (e allargato perche la nozione di persona sporge su quella di individuo) abbiamo anche dato un fondamento etico alla liberaldemocrazia e, di conseguenza, a una vasta gamma di diritti e istituti e norme ad essa associati. La democrazia, in particolare nella versione liberaldemocratica, non vive senza il concetto di persona. Anche la piu elementare procedura democratica - ad esempio, la semplice conta numerica dei voti - richiama alla uguale dignita delle persone. Cosi come richiamano alla dignita delle persone (lo si vede nell'art.3 della nostra Costituzione) tutti quei diritti (ad esempio di istruzione, assistenza, benessere, eccetera) che alla persona si devono per garantirle il alla partecipazione alla vita pubblica.
Siamo ad un punto cruciale. Dire che la democrazia ha fondamenti equivale a dire che non basta a se stessa; e dire che ha fondamenti morali equivale a dire che essa dipende da una scelta. Rispetto al liberalismo classico, il quale, alla scelta sostituisce piuttosto un corollario di un principio universale della ragion filosofica, abbiamo fatto un passo oltre. I nostri regimi, con la gamma piu o meno ampia di diritti che ci assicurano, sono scelte morali. Sul piano della storia, naturalmente, sono scelte politiche che hanno richiesto tempi piu o meno lunghi e battaglie piu o meno difficili e cruente (rivendicazioni, conflitti, rivoluzioni, eccetera).
Ora pero si apre un altro problema. Perche quella scelta? Da che cosa siamo indotti a farla? Per quale ragione oggi intendiamo mettere al centro della societa e delle politiche degli stati la persona concreta, con le sue concrete relazioni familiari e sociali, e non piu solo l'individuo, con la sua irriducibile e anonima singolarita?
La risposta a questa domanda ci fa scendere dal piano dei principi a quello della storia, e ci riporta sulla terra, qui in Europa, qui in Italia. Perche la risposta e: la scelta morale di costruire societa e dotarle di stati e istituzioni che pongano al centro la persona e scelta di popoli concreti in situazioni determinate. Piu precisamente: la scelta liberale e democratica e scelta di popoli ad essi dettata dalla loro tradizione. E dunque, in Europa e in Italia, dettata o ereditata o imposta dalla tradizione cristiana, o giudaico-cristiana, per la precisione, o giudaico-cristiana e greco-romana, per completezza.
Con cio credo di essermi aperto la strada per quel terreno comune di cui ho parlato all'inizio. Perche mi sembra difficile che credenti e non credenti possano dubitare seriamente e mettere in questione sinceramente questa tradizione. Cio su cui possono divergere e su come sostenerla, se con argomenti religiosi o con argomenti storici e laici. Si puo dire che la nostra tradizione discende da un atto originario di rivelazione (le Tavole, la Crocefissione), o si puo dire che essa e il frutto di un'evoluzione culturale. Ma in nessuno dei due casi si puo negare il dato. Che quella e la nostra tradizione e quelli sono i nostri valori e principi. E percio dentro quella tradizione credenti e non credenti trovano un terreno comune per incontrarsi, dialogare, confrontarsi. Il possesso di una tradizione comune non esclude infatti la possibilita di divergenze circa l'interpretazione e l'applicazione degli stessi valori e principi condivisi. Esclude che il dialogo sia impossibile. E, se e possibile, esclude anche che non possa dare frutti.
5. Problemi
I problemi sembrano finiti, ma in realta nascono appena adesso. Ne segnalo due, uno teorico, uno politico.
Il problema teorico riguarda il liberalismo o, meglio, la dottrina liberaldemocratica sottostante ai nostri regimi europei. Quando la liberta si congiunge alla democrazia, ne nasce, come ho gia detto, un ibrido. Ma quando alla liberta e alla democrazia si aggiunge anche il concetto di tradizione, l'ibrido aumenta. La tradizione non e concetto fondante del liberalismo e non sembra neppure essere parte integrante della democrazia. Il nuovo ibrido ci porta ai limiti della dottrina liberaldemocratica e forse fuori di essa.
L'insistenza della tradizione come fonte delle nostre politiche e come limite delle nostre innovazioni allude piuttosto ad una dottrina conservatrice o neo-conservatrice. Sono i conservatori che fanno della tradizione una guida. Sono i conservatori che si aggrappano alla tradizione per diffidare delle novita. E sono ancora i conservatori che chiedono che le tradizioni siano rispettate o cambiate molto gradualmente e molto parsimoniosamente. Che, in dottrina e in politica, i conservatori possano essere liberali, perche prudenti sulla tradizione dei valori e aperti alle novita delle riforme politiche, e vero: la signora Thatcher e il presidente Reagan ne sono stati due esempi. Che i conservatori possano essere aperti ai piu nobili ideali dei democratici e ugualmente vero: i neo-conservatori americani sembrano una categoria di tal genere. E pero e anche vero che il liberalismo (e anche la democrazia) concepisce la tradizione come un dato irrilevante o di scarso peso. Robert Nozick, ad esempio, pensa la societa come un insieme di comunita singole e distinte, da cui e in cui ognuno e libero di uscire e entrare. E la sua "Utopia", cioe, come egli la chiama, la "cornice" entro cui avviene il libero gioco delle varie comunita, non e, in punto di dottrina, legata ad alcuna specifica, storica, tradizione. Allo stesso modo ragionano i teorici liberali delle "rainbow societies". E neppure la concezione di John Rawls, basata com'e su fondamenti razionalistici e metastorici, da enfasi teorica particolare alla tradizione, se non alle singole tradizioni o ai singoli modi di vita particolari portatori di visioni "thin", e non "thick", del bene.
Segnalato il problema teorico filosofico, pero mi fermo, perche non e questa la sede per addentrarci in una discussione sulla dottrina del conservatorismo e del neo-conservatorismo. Osservo solo che, oltre che difficile, una tale discussione e da noi anche impopolare. Neppure il piu conservatore degli intellettuali italiani oggi amerebbe farsi trovare a trafficare con il concetto del conservatorismo o qualunque altro ad esso associato. "Liberale" e nobile, forse perche a buon mercato, "democratico" e persino ovvio tanto e sulla bocca di tutti, ma "conservatore" e da evitare, forse perche sfida le pigrizie.
Passo invece, e con esso chiudo, all'altro problema, quello politico. Aperto un varco e trovato, nel nome della comune tradizione, un terreno di lavoro comune a laici e credenti, o a credenti e liberali, democratici, conservatori, il problema politico e quello dei contenuti con cui riempirlo.
Alcuni punti sembrano fermi. E certo che non dobbiamo rigettare le vecchie distinzioni e i vecchi concetti e istituti: stato laico, separazione stato-chiesa, religione-politica, morale-diritto, eccetera. I vantaggi che ci hanno assicurato sono ancora da tutelare. E certo pero che questi concetti e istituti dobbiamo ripensarli. Lo richiede il nuovo sentimento che si va diffondendo e che abbiamo visto all'opera, ad esempio in Italia, in occasione delle discussioni sulle questioni bioetiche.
Ma questi sono punti fermi negativi. In positivo, che cosa fare? Come agire? Quali nuove azioni politiche sono suggerite o richieste? Se, in nome della tradizione riscoperta, ci neghiamo al laicismo, come queste riflessioni e questo convegno stanno a mostrare, non corriamo il rischio di essere risospinti all'indietro verso vecchie posizioni che sono anch'esse superate quanto lo e il laicismo?
Segnalo due casi di particolare valore e attualita politica. Uno riguarda le istruzioni e raccomandazioni religiose come impartite dalla Chiesa, ad esempio nel Compendio del catechismo della Chiesa cattolica, riguardo a questioni cruciali come la guerra, la vita, il matrimonio, la famiglia. La domanda e: queste istruzioni e raccomandazioni sono di per se legge morale che si deve trasformare in legge politica? Se si risponde si, il rischio grave potrebbe essere quello noto del connubio fra trono e altare. Se si risponde no, il rischio e quello di essere risucchiati dal vecchio laicismo. Dov'e la via di mezzo?
L'altro caso non e di minore attualita politica. Qui la domanda e: le stesse istruzioni e raccomandazioni religiose date ai credenti che si ritengono valide anche per i laici non credenti, e piu in generale il risveglio della fede degli uni e della spiritualita degli altri, potranno spingersi al punto di far rinascere partiti politici cattolici o anche solo di cattolici? Se si risponde si, un rischio e la divisione della societa, con le tensioni che ne conseguono. Se si risponde no, il rischio e quello che tali istruzioni e raccomandazioni siano solo un flatus vocis, valido solo per il mitico "foro interiore" da cui Papa Ratzinger ha invece detto che sarebbe ipocrisia restare prigionieri. Anche qui, qual e la via di mezzo?
Questi problemi non riguardano solo i laici, i quali oggi devono fare i conti con i nuovi sentimenti della coscienza pubblica, riguardano anche la Chiesa cattolica, la quale, da un lato, e chiamata a farsi interprete di un risveglio spirituale e religioso, e, dall'altro lato, e richiesta di evitare le lusinghe e i rischi di un nuovo confessionalismo o clericalismo. In altra occasione, per risolvere la crisi europea evitando questi rischi, ho accolto il principio del velut si Deus daretur e raccomandato la nascita di una religione civile cristiana non confessionale. La formula e lunga, ma il concetto e semplice: non si tratta di recuperare vecchi schemi illuministici da Rivoluzione francese, si tratta piuttosto di trasformare i principi e i valori della nostra tradizione cristiana in abiti, costumi, comportamenti consapevoli e vissuti della societa e lasciare al libero corso della politica avvertita di tali principi e valori la determinazione della loro evoluzione nelle leggi e nelle istituzioni. Questo mi pare un compito delle "minoranze creative" di cui, sulla scia di Arnold Toynbee, ci aveva parlato il cardinale Ratzinger. Non posso predeterminarne ne i modi ne l'esito. Ma credo che sia un compito che dovremmo cercare di assolvere.