Is European identity the real issue in Italy?
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L'Italia e piu elegantemente prona a svalutarsi e tollerare una politica al limite dell'assurdo, ma al cuore delle elezioni del prossimo mese si ritrovano le stesse difficolta che la Germania ha appena affrontato lo scorso anno e che la Francia con tutta probabilita si ritrovera addosso nel 2007.
Mentre i piu presuntuosi cugini d'oltralpe mostrano solo deboli segni di voler affrontare i propri nodi di politica interna, l'Italia si appresta ad andare al voto del 9 aprile senza alcuna aspettativa che la scelta operata alle urne possa tirarla fuori dalla stagnazione economica e permetterle di superare il blocco al cambiamento rappresentato da un sindacato in trincea e da un settore pubblico asfissiante, ne - esigenza forse piu esistenziale - che possa ricreare un senso del "chi siamo" per permetterle di districarsi da quella crisi dell'identita europea che passa per la mancata integrazione degli immigrati musulmani e la pressione dell'integralismo islamico sulla sua societa.
Sebbene l'Italia faccia beatamente a meno del sussiego franco-tedesco, il novero dei problemi e delle mancate soluzioni e lo stesso che affligge Francia e Germania.
Nonostante il brillante risultato elettorale ed un efficace riorientamento della politica estera tedesca, Angela Merkel non ha fin qui fatto alcunche di tangibile per riaprire un'economica paralizzata da un decennio. In Francia, dopo un mese di disordini nei quartieri abitati dagli immigrati, e ora un omicidio dal sapore anti-semita, nulla lascia pensare che le elezioni presidenziali della prossima primavera siano possano permettere di distaccarsi da usi e miti. Un cambio di rotta serio e sostanziale imporrebbe l'adozione di azioni positive per inserire gli immigrati nella polizia, nell'esercito, nella funzione pubblica e nell'imprenditoria, nonche la rinuncia a quel disincentivo all'occupazione che e rappresentato dalle donchisciottesche 35 ore di lavoro a settimana.
Quindi, come aspettarsi che un futuro enormemente migliore e piu promettente possa scaturire ora, dopo cinque anni di mandato, da Silvio Berlusconi, che ha al suo attivo (buffonate a parte, che da queste parti non sono necessariamente uno svantaggio) una crescita economica pari a zero nel 2005? oppure dal leader dell'alleanza elettorale dell'opposizione di centro-sinistra, l'ex Primo Ministro Romano Prodi?
Stavolta Prodi, in vantaggio nei primi sondaggi, ha stretto un'incoerente alleanza con comunisti e verdi, mentre Berlusconi coltiva viscidi rapporti con la peggiore destra.
Sebbene detesti Berlusconi, il quotidiano di sinistra La Repubblica ha ben riassunto in una frase le prospettive elettorali del Paese: "poveri noi!". Se da un lato Berlusconi si e paragonato a (piu o meno) Gesu e Napoleone, il giornale afferma che, dall'altro, la sinistra non offre nulla di chiaro e convincente, ma piuttosto un'alleanza di una decina di partiti, personaggi stravaganti e testardaggini irragionevoli.
Di fatto, ciascuna delle due parti si porta appresso il proprio bagaglio di "impresentabili", un termine ricorrente qui, che indica quegli alleati elettorali che, con tutta la generosita degli italiani in questo campo, non si puo far accomodare nel salotto buono della rispettabilita politica.
La foschia su chi vuole veramente fare cosa e quasi impenetrabile. Rispetto alla perdita di produttivita del Paese e del suo enorme debito pubblico, nessuno dei due contendenti - ne Prodi in 281 pagine di programma elettorale, ne Berlusconi in 10 punti - ha dimostrato su quali leve agire per modificare radicalmente la situazione.
Probabilmente l'avvio piu sorprendente della campagna lo si trova al suo margine. E quello di Marcello Pera, presidente del Senato italiano, che sta cercando di iniettare tra le preoccupazioni degli elettori il problema di un'identita italiana ed europea in via di sparizione.
Pera ha colto l'inizio della campagna per lanciare un manifesto che promuove l'idea - usero ora parole mie - che non c'e nulla di razzista, fascista o vergognoso nell'esprimere allarme per la minaccia che l'integralismo islamico rappresenta per la democrazia in Europa. Egli sostiene il diritto dell'Europa a chiedere una specie di "reciprocita" politica e culturale alla popolazione musulmana che cresce al suo interno.
Quale membro del partito di Berlusconi, Pera non e scevro da posizioni partitiche. Tuttavia, egli occupa la seconda carica nella gerarchia dello Stato dopo il Presidente della Repubblica e gode del lustro di una legittimita intellettuale che gli deriva dall'esser stato professore universitario di filosofia della scienza. Il mese scorso e uscito negli Stati Uniti un suo libro sul declino dell'Europa, intitolato Senza radici, che raccoglie carteggio e colloqui intercorsi due anni fa tra lui e Papa Benedetto XVI (allora Cardinale Josef Ratzinger).
Pera non risparmia nulla e nessuno. Egli afferma che l'Europa sta "svanendo", "nascondendosi dalla realta", e incapace di difendere i propri valori.
Cio avviene, sostiene Pera, perche la sua elite politica ed intellettuale, ossessionata da un dialogo che non esiste e da un multiculturalismo che razionalizza ogni azione contro l'Occidente in una colpa dell'Europa, non ha il coraggio di stabilire reciproci parametri di pluralismo. Il risultato di tutto cio, egli ritiene, e che l'Europa seppellisce la propria identita giudaico-cristiana e non esige il rispetto dei suoi valori.
Definisce fallimentare il tentativo britannico di integrazione multiculturale e spiega l'atteggiamento francese verso la propria comunita musulmana come "nazionalista" e "laicista". Il concetto e che i francesi si ritrovano uno Stato sempre piu incapace, con un ruolo elevato al rango di vacua religione.
Parlando nel suo ufficio, Pera descrive Prodi come un uomo che fa passare l'Europa per "un'isola felice", un contraltare all'America, che non ha bisogno di preoccuparsi della propria sicurezza o identita rispetto agli integralisti - mentre Pera sostiene che e vero l'esatto contrario.
Per quel che riguarda Berlusconi, che sembrerebbe disponibile a sostenerne il manifesto, Pera parla di lui in maniera cauta dicendo che "talvolta e un po' timido". Credo che cio voglia dire che Berlusconi non ha fatto completamente sua l'idea di Pera che, nella confusione della stasi economico-sociale dell'Europa, la questione dell'identita potrebbe essere la linea vincente di demarcazione politica fra centro-destra e centro-sinistra.
Pera si definisce non credente, ma conclude parlando della necessita di una "religione civile non confessionale", fondata sulla tradizione cristiana dell'Europa, come cura per l'Europa e come strada per ritornare a se stessa.
Queste sono parole terribilmente astratte, anche considerando il politico serio da cui provengono. Di questi tempi, per vincere un'elezione in Europa serve un linguaggio meno pesante. Infatti, al momento non sembra che il ragionamento di Pera stia decollando, ne stia entrando nel dibattito.
Ma, riprendendo un'idea del politologo francese Andre Glucksman, rendo merito a Pera per aver posto l'accento, forse per la prima volta in una campagna elettorale nazionale, sul fatto che la difesa dell'identita dell'Europa e una questione esistenziale che non puo essere lasciata al dileggio dei nichilisti o nelle mani dei fascisti.
In un'elezione i cui risultati sono molto poco promettenti per l'Italia e l'Europa, soprattutto in termini di improvvisa ripresa economica, questo non e un mero elemento di dettaglio ne una nota a pie di pagina.