518ª Seduta pubblica
Martedì 6 ottobre 2015 alle ore 09:38
L'Assemblea ha ripreso l'esame del ddl n. 1429-B, recante disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della Costituzione, già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati.
Nella seduta di ieri è stato approvato l'articolo 6, che richiama lo statuto delle opposizioni disciplinato dal Regolamento della Camera.
Il Presidente Grasso, rispondendo ad una questione sollevata dal sen. Malan (FI-PdL), ha annunciato che gli emendamenti agli articoli 10, sul procedimento legislativo, e 21, sull'elezione del Presidente della Repubblica, non sono subemendabili.
Nella prima parte della seduta le opposizioni hanno invocato, più volte, il confronto sui punti controversi della riforma. Il sen. Calderoli (LN) si è dichiarato disponibile a ritirare 35.000 emendamenti all'articolo 7, invitando il Governo a prendere in considerazione l'emendamento 10.201 del sen. Russo (PD), che interviene sul procedimento legislativo per dare sostanza alle funzioni del Senato, e un emendamento del sen. Martini (PD) all'articolo 31, che stabilisce un riparto più equilibrato di competenze tra Stato e Regioni. Ha poi segnalato che l'emendamento 21.200 del sen. Cociancich (PD) rischia di chiudere la questione dell'elezione del Presidente della Repubblica, mentre non è stata ancora definita la norma transitoria sull'elezione del Senato all'articolo 39. Il sen. Romani (FI-PdL) ha rinnovato l'appello ad una discussione di merito sui nodi irrisolti. Il sen. Zanda (PD) ha chiesto che l'appello del sen. Romani sia condiviso da tutte le opposizioni, affinché non vi siano intenti ostruzionistici e siano rispettati i tempi. I sen. Mario Mauro (GAL) e D'Ambrosio Lettieri (CR) hanno condiviso l'appello del sen. Romani, che è stato apprezzato anche dal sen. Schifani (AP). La sen. De Petris (SEL) ha invitato la maggioranza a fare chiarezza sulla volontà di affrontare alcuni nodi irrisolti. Dopo che il sen. Malan (FI-PdL) ha ritirato tutti gli emendamenti all'articolo 7, il sen. Romani (FI-PdL) ha rilevato che il problema dei tempi non si pone, essendo fissata dal calendario la data di approvazione del ddl: ha invitato quindi la maggioranza a dare una risposta chiara sulla volontà di un reale confronto.
E' stato approvato l'articolo 7, che prevede che il Senato della Repubblica prende atto della cessazione dalla carica elettiva regionale o locale e della conseguente decadenza da senatore. Gli articoli 8 e 9 non sono stati modificati dalla Camera. Nel passaggio all'articolo 10, riguardante il procedimento legislativo, la Ministro Boschi si è rimessa all'Aula sugli emendamenti 10.903, 10.907 e 10.381399c, sui quali è ammesso il voto segreto, e ha espresso parere contrario sui restanti emendamenti. I sen. Calderoli (LN) e Romani (FI-PdL) hanno preso atto, con stupore e rammarico, dell'indisponibilità del Governo a dialogare per licenziare una riforma costituzionale chiara e leggibile. Denunciando l'assenza di spirito costituente, il sen. Candiani (LN) ha rivolto un appello ai Capigruppo di maggioranza. La sen. De Petris (SEL) ha rilevato che il muro di gomma della maggioranza vanifica il ruolo delle opposizioni e offende il lavoro parlamentare. Secondo il sen. Crimi (M5S) è assurdo che la nuova Costituzione sia il frutto di un accordo tra il Presidente del Consiglio e il PD. Secondo il sen. Mario Mauro (GAL) il metodo autoritario con cui si esamina il ddl rispecchia i contenuti della nuova Costituzione. Il sen. Di Maggio (CoR), richiamando un intervento del Presidente della Repubblica, ha ricordato la distanza siderale con il '47 quando, nonostante i fortissimi contrasti tra maggioranza e opposizione, i costituenti seppero varare una Carta condivisa. Il sen. Quagliarello (AP) ha espresso perplessità sul sesto comma dell'articolo 10 che non prevede una norma di chiusura rispetto a eventuali conflitti di competenza tra le Camere.
Dopo che il Presidente ha comunicato il ritiro dell'emendamento 10.201 del sen. Russo (PD) il sen. Calderoli (LN) lo ha fatto proprio e lo ha trasformato in un ordine del giorno. L'emendamento 10.201 attribuiva al Senato competenza legislativa rispetto alle funzioni elencate al nuovo articolo 1.
I Capigruppo delle opposizioni, sen. Romani (FI-PdL), Loredana De Petris (SEL) e Castaldi (M5S) hanno chiesto un'ora per potersi riunire. Il Presidente ha accolto la richiesta. Alla ripresa dei lavori, il sen. Tocci (PD) ha chiesto al suo Gruppo di non rassegnarsi alla mancanza di dialogo e di prendere l'iniziativa per non dare l'impressione che l'unità raggiunta nel PD chiuda il dibattito.
I Capigruppo delle opposizioni, sen. Loredana De Petris (SEL), Paolo Romani (FI-PdL), Centinaio (LN), Mario Mauro (GAL) e Castaldi (M5S) hanno annunciato un atteggiamento di resistenza passiva: rimarranno in Aula, senza intervenire, per evidenziare che le minoranze sono state private di agibilità politica e l'Assemblea è ostaggio di Renzi e Verdini. Secondo il sen. Zanda (PD) la maggioranza si è assunta la responsabilità del suo ruolo e l'ordine della discussione porterà buoni risultati di contenuto. Il sen. Schifani (AP), convinto della necessità del contributo delle opposizioni, ha espresso apprezzamento per l'apertura, ipotizzata dal sen. Zanda, sugli articoli successivi al 10.
Il sen. Calderoli (LN) ha ritirato l'ordine del giorno risultante dalla trasformazione dell'emendamento 10.201, nonché l'emendamento 10.903. Nella votazione a scrutinio segreto sono stati respinti gli emendamenti 10.907, volto a escludere la competenza legislativa collettiva per le leggi di attuazione concernenti le minoranze linguistiche, e 10.381399c (testo 2), volto a estendere la competenza legislativa del Senato alle leggi di tutela delle minoranze linguistiche. Respinti tutti gli emendamenti, senza interventi né di opposizione né di maggioranza, è stato approvato l'articolo 10. Esso prevede che la funzione legislativa è esercitata collettivamente per le leggi di revisione costituzionale, i referendum popolari, le leggi di ordinamento di Comuni e Città metropolitane, la legge che stabilisce norme generali, forme e termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, i casi di ineleggibilità e incompatibilità con l'ufficio di senatore. Sulle altre materie la competenza legislativa è della camera dei deputati. Il Senato, su richiesta di un terzo dei componenti, può chiedere di esaminare un disegno di legge e, entro termini stabiliti, deliberare proposte di modifica sulle quali la Camera si pronuncia definitivamente.
Hanno svolto dichiarazione di voto contraria all'articolo i sen. Endrizzi (M5S), D'Alì (FI-PdL), Bruni (CR), Candiani (LN), Loredana De Petris (SEL), Mario Mauro (GAL). Le opposizioni hanno posto l'accento sulla mancanza di una norma di chiusura del procedimento legislativo e sullo svuotamento della competenza legislativa del Senato. M5S avrebbe attribuito al Senato funzioni di controllo della spesa pubblica e delle partecipate e avrebbe mantenuto una doppia deliberazione delle Camere per lo stato di guerra. FI-PdL ha sottolineato il voto di protesta rispetto alla blindatura del testo da parte del Governo. CR avrebbe esteso la competenza del Senato alla ratifica dei trattati internazionali e avrebbe introdotto la possibilità di referendum popolari. La LN ha sollecitato una risposta politica da parte della maggioranza. SEL ha rilevato che il Senato è chiamato a un mero ruolo di ratifica delle scelte della Camera. GAL ha denunciato la cultura autoritaria del Governo in carica, che ha una concezione proprietaria delle istituzioni.