487ª Seduta pubblica
Martedì 21 luglio 2015 alle ore 16:30
In apertura di seduta il sen. Centinaio (LN) ha chiesto un'informativa del Ministro dell'interno Alfano sulle politiche di accoglienza degli extracomunitari e sulla manifestazioni di Treviso. Il Presidente Grasso ha convocato la Conferenza dei Capigruppo domani alle ore 13.
L'Assemblea ha ripreso l'esame del ddl n. 1880 e connessi, nel testo proposto dalla Commissione,recante Riforma della RAI e del servizio pubblico radiotelevisivo.
Nella seduta del 16 luglio il relatore, sen. Ranucci (PD), ha illustrato il ddl, nel testo proposto dalla Commissione, ed è iniziata la discussione generale.
Il ddl riguarda l'assetto di governance della RAI. L'articolo 1 interviene sulla disciplina dei contratti per lo svolgimento del servizio pubblico: ne prolunga la durata da tre a cinque anni e potenzia il ruolo del Consiglio dei ministri, che delibera indirizzi prima di ciascun rinnovo del contratto nazionale. La Commissione ha introdotto il richiamo alla concessione che riconosce alla RAI il ruolo di gestore del servizio pubblico. L'articolo 2 prevede la riduzione dei membri del Consiglio di amministrazione da nove a sette: due vengono eletti dalla Camera dei deputati e due dal Senato; due sono designati dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, e uno è designato dall'assemblea dei dipendenti della RAI. La Commissione ha introdotto requisiti di professionalità e trasparenza per la nomina dei membri del Consiglio di amministrazione, prevedendo tra l'altro che siano assicurati rappresentanza di genere, equilibrio delle professionalità, assenza di conflitti di interesse. Il Consiglio elegge tra i suoi membri il presidente, la cui nomina, nel testo proposto dalla Commissione, torna ad essere subordinata al parere favorevole della Commissione parlamentare di vigilanza. Il parere favorevole della Commissione è necessario anche nel caso di revoca dei componenti del Consiglio di amministrazione. Il Consiglio di amministrazione approva il piano industriale e il piano editoriale, il preventivo di spesa annuale, gli investimenti di importo superiore a dieci milioni di euro. Su proposta dell'assemblea, nomina poi l'amministratore delegato, figura che sostituisce il direttore generale e risponde della gestione aziendale. L'amministratore delegato, per la cui nomina la Commissione ha introdotto requisiti di professionalità e onorabilità, dura in carica tre anni e ha tra i suoi compiti: assicurare coerenza nella programmazione con la linea editoriale; firmare atti e contratti; provvedere alla gestione del personale; proporre all'approvazione del Consiglio di amministrazione gli atti e i contratti aventi carattere strategico; attuare il piano industriale, i piani del personale e di ristrutturazione, specifici progetti approvati dal Consiglio di amministrazione. L'articolo 3 specifica che l'amministratore delegato e i componenti degli organi di amministrazione e controllo della RAI sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali. Prevede inoltre la deroga, rispetto all'applicazione del Codice dei contratti pubblici, per i contratti aventi per oggetto l'acquisto, lo sviluppo, la produzione o la coproduzione di programmi radiotelevisivi, le relative acquisizioni di tempo di trasmissione, i contratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria. Gli articoli 4 e 5 delegano il Governo ad adottare, entro dodici mesi, uno o più decreti legislativi finalizzati alla revisione della disciplina in materia di finanziamento del servizio pubblico e al riassetto normativo del settore. La Commissione ha introdotto, tra i criteri della delega, il finanziamento pubblico dell'emittenza locale e la garanzia di indipendenza economica e finanziaria della RAI.
La discussione è proseguita, oggi pomeriggio, con gli interventi dei sen. Fornaro, Mineo, Filippi, Mucchetti (PD); Paglioncelli (CR); Arrigoni, Candiani, Divina (LN); Malan, Paola Pelino, Minzolini (FI-PdL); Pepe (GAL); Margiotta (Misto); Airola (M5S).
Secondo la Lega Nord, che ha presentato 800 emendamenti, si è persa l'occasione per ripensare il ruolo e l'organizzazione del servizio pubblico. Ancora una volta il Governo non mantiene le promesse: anziché garantire pluralismo, propone una riformetta miope, che revisiona, peggiorandola, la legge Gasparri, e conferma l'utilizzo della RAI come strumento di manipolazione del consenso. Il ddl lascia irrisolto il problema del cattivo funzionamento del digitale terrestre in alcune aree del Paese; elude il problema del finanziamento della RAI, che dovrebbe essere affrontato con risparmi di spesa, anziché con la lotta all'evasione di un canone ingiusto. Il Gruppo propone di privatizzare la RAI, mantenendo allo Stato il ruolo di azionista di maggioranza, e di integrare il consiglio di amministrazione con rappresentanti degli enti locali e della società civile. Secondo CR il servizio pubblico deve essere gratuito e finanziato con la fiscalità generale: il canone, equivalente a una tassa di possesso, dovrebbe essere abolito. Secondo FI-PdL in Aula dovrebbe proseguire il buon lavoro avviato in Commissione per apportare correttivi a garanzia del pluralismo dell'informazione. Una migliore gestione della RAI, infatti, non può essere garantita da un amministratore delegato di nomina governativa. Secondo il sen. Minzolini (FI-PdL) il ddl consegna il servizio pubblico al Governo e al partito di maggioranza: il filo logico che lega riforma costituzionale, Italicum e riforma della RAI è la demolizione dei contrappesi essenziali per la democrazia. I correttivi sono meri palliativi, sarebbe preferibile privatizzare il servizio televisivo. Secondo M5S, prima di riorganizzare l'azienda e intervenire sul canone, occorrerebbe definire la missione del servizio pubblico. Il ddl non supera clientelismo e lottizzazione, ma esaspera situazioni di predominio governativo. Per assicurare indipendenza e qualità alla RAI, i membri del consiglio di amministrazione non dovrebbero provenire da cariche politiche e dovrebbero garantire competenze; il servizio pubblico andrebbe snellito; Agicom dovrebbe essere riformata. Il Gruppo ha presentato emendamenti anche per precisare il contenuto delle deleghe e per eliminare le deroghe al codice degli appalti. Critiche al provvedimento sono venute anche dal partito di maggioranza relativa: secondo il sen. Mineo (PD) le deleghe sulle risorse della RAI e sul riordino del testo unico sulle televisioni sono prive di criteri direttivi. Il ddl non espelle i partiti dalla RAI, ma rafforza la presa sui media del Presidente del Consiglio, che ha rifiutato una riforma tesa ad adottare il modello della BBC. Anche il sen. Mucchetti (PD) si è dichiarato contrario alle deleghe e ha espresso disagio nei confronti di un provvedimento che muove dal tetto anziché dalle fondamenta: bisognerebbe interrogarsi anzitutto sul significato attuale di servizio pubblico e sulla differenza tra la RAI e le televisioni private. Secondo il sen. Fornaro (PD), un'autentica riforma della governance della RAI richiederebbe l'adozione di un modello duale, simile a quello tedesco, che garantisca una netta distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo e i compiti di gestione. Il confronto avviato in Commissione, dove M5S ha dato contributi importanti su incompatibilità, trasparenza delle nomine, partecipazione dei dipendenti, dovrebbe proseguire in Aula.
La discussione proseguirà domani mattina.