295ª Seduta pubblica
Mercoledì 30 luglio 2014 alle ore 09:34
L'Assemblea ha ripreso l'esame del ddl costituzionale n. 1429, e connessi, recante disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, il contenimento dei costi delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della Costituzione.
In apertura di seduta si è svolto un dibattito sull'applicazione della tecnica del canguro nella seduta di ieri.
Il sen. Mucchetti (PD), rammaricandosi per la bagarre nella seduta di ieri, ha fatto appello al Presidente Grasso a che si possa proseguire l'esame del ddl costituzionale in un clima più disteso. Ha espresso solidarietà al Presidente del Senato per gli attacchi subiti ingiustamente, ma ha chiesto chiarimenti in ordine all'applicazione della tecnica del "canguro" nella votazione degli emendamenti. Tale strumento, non previsto dal Regolamento del Senato, è stata applicato per analogia con l'articolo 85 del Regolamento della Camera, il quale, tuttavia, lo esclude per i disegni di legge di riforma costituzionale.
Il sen. Corsini (PD) ha rilevato che manca nell'Aula del Senato lo spirito necessario per ogni riforma costituzionale. Da un lato, una parte dell'opposizione si è incaponita nel portare avanti un ostruzionismo sterile, dall'altro, alcuni esponenti della maggioranza hanno utilizzato il Regolamento come chiave di volta per risolvere problemi che sono, invece, di natura politica. Ha ribadito di non condividere l'applicazione, in analogia con il Regolamento della Camera, della tecnica del canguro per ovviare all'ostruzionismo nell'ambito di esame di un ddl di riforma costituzionale. Ha fatto appello, infine, al Governo a che possa proporre una soluzione di compromesso costituzionale, sul quale potranno convergere la maggioranza e le opposizioni.
Il sen. Minzolini (FI), dopo aver ricordato che solo qualche giorno fa aveva attestato la propria stima nei confronti del Presidente del Senato il quale, non cedendo alle pressioni della maggioranza di Governo, aveva concesso il voto segreto su una serie di emendamenti, ha espresso il proprio disappunto per quanto è accaduto nella seduta di ieri. Ammettendo la tecnica del canguro, la Presidenza ha creato un precedente pericoloso: ogni Governo potrà cambiare la Carta costituzionale in poco tempo senza alcun diritto di garanzia per le minoranze.
Il sen. Crosio (Lega Nord), condividendo in gran parte le perplessità già espresse dai senatori Mucchetti e Corsini, ha tuttavia replicato che le dichiarazioni infamanti nei confronti dei senatori che il Presidente del Consiglio ha reso negli ultimi giorni non lasciano spazio al compromesso. Ha quindi affermato che la Presidenza del Senato non ha gestito adeguatamente l'Assemblea.
Il sen. Giovanardi (NCD) ha manifestato solidarietà al Presidente Grasso, rammaricandosi del fatto che il Presidente del Consiglio stia trasformando la battaglia di alcuni senatori in difesa dell'autonomia parlamentare e della democrazia in una lotta per la difesa della poltrona. Secondo il sen. Mauro (Per l'Italia) non ci dovrebbe essere contrapposizione tra Parlamento e Governo nell'ambito della riforma costituzionale che è un lavoro di costruzione. La tecnica del canguro deve essere utilizzata al fine di semplificare e abbreviare i tempi di esame, non già come strumento di ricatto da parte della maggioranza.
Il Presidente Grasso ha convocato la Giunta per il Regolamento ed ha sospeso la seduta. Alla ripresa dei lavori, alle ore 15, il Presidente del Senato ha comunicato il parere approvato dalla Giunta del Regolamento che, in base ai precedenti, riconosce alla Presidenza la facoltà di avvalersi della regola del canguro anche nell'esame di ddl costituzionali.
Sul parere della Giunta del Regolamento si è svolto un dibattito.
Il sen. Casson (PD) ha sottolineato che nel parere della Giunta è sparito il riferimento al Regolamento della Camera. Privo di ancoraggio a precise norme regolamentari, il parere della Giunta reca un vulnus alla certezza del diritto.
Il Presidente ha richiamato la sua facoltà di armonizzazione rispetto alla decisione politica della Conferenza dei Capigruppo di contingentare i tempi; ha poi garantito che tale facoltà sarà esercitata con buon senso.
Il sen. Divina (LN) ha sottolineato che la richiesta di convocare la Giunta per il Regolamento, avanzata ieri da senatori dell'opposizione, è stata ignorata; la stessa richiesta è stata presa in considerazione oggi, quando è venuta dal PD. Ha ribadito che il Presidente non può rimettere alla maggioranza decisioni che investono i diritti della minoranza. Secondo il sen. Petrocelli (M5S) l'unico riferimento normativo certo è il Regolamento della Camera, che esclude la tecnica del canguro per i ddl costituzionali. Ha chiesto quindi l'annullamento delle votazioni avvenute ieri, in mancanza del fondamento giuridico che legittimava il Presidente a saltare gli emendamenti. La sen. Petraglia (SEL) ha rilevato che la tecnica del canguro fu applicata in modo molto limitato nelle precedenti occasioni di revisione costituzionale. Le forzature regolamentari ledono i diritti di tutti e sviliscono il Senato. E' grave che si vogliano riscrivere a colpi di maggioranza le norme fondamentali della Repubblica.
Il sen. Buemi (Aut-PSI) ha rilevato che in uno Stato di diritto le norme non sono interpretabili in funzione di convenienze e obiettivi contingenti. Non si possono forzare le regole per risolvere i nodi politici. Anche secondo il sen. Scavone (GAL) il problema da affrontare è politico, e non può essere aggirato sul piano procedurale. Il Governo avrebbe dovuto indicare gli obiettivi (efficienza, governabilità, risparmio, rappresentatività) e le grandi linee della riforma costituzionale, senza imporre steccati e senza entrare nel dettaglio. L'Esecutivo, invece, rinfocola lo scontro non perdendo occasione per contrapporre maggioranza e opposizione e per denigrare i senatori. Il Gruppo può accettare il Senato non elettivo, ma la decisione non può essere imposta dal Governo: deve essere assunta dal Parlamento.
Secondo il sen. Ichino (SC) le norme non possono essere utilizzate per impedire il funzionamento delle istituzioni. Il dibattito sulle regole sta producendo una crisi di inconcludenza e la paralisi è la peggiore delle soluzioni possibili. Il sen. Campanella (Misto) ha replicato che le osservazioni di merito non sono state finora ascoltate da maggioranza e Governo. La disciplina di partito non dovrebbe prevalere sul rispetto della Costituzione.
Secondo il sen. Romani (PI) il parere della Giunta conforta la conduzione dei lavori della Presidenza.
Ripresa la votazione degli emendamenti riferiti all'articolo 1, riguardanti le funzioni del Senato, sono stati respinti l'emendamento 1.1555, sull'abolizione del Senato, e l'emendamento 1.1556, sulle due Camere elette direttamente dal popolo.
Il sen. Azzollini (NCD), non condividendo l'impianto di una riforma che mal ridisegna le competenze del Senato, ha presentato provocatoriamente l'emendamento 1.1555, che prevede il passaggio ad un Parlamento monocamerale. Per evitare strumentalizzazioni ha ritirato l'emendamento che è stato sottoscritto dai sen. Uras (SEL) e Bisinella (LN). Le opposizioni non difendono le poltrone: pensano invece che sia meglio abolire il Senato piuttosto che avere un Senaticchio di nominati. Se il Governo fosse coerente con l'idea che ha dei senatori, accoglierebbe l'emendamento. Secondo il sen. Scilipoti (FI-PdL) sulle riforme costituzionali non ci devono essere maggioranza e opposizione ed è inconcepibile varare un ddl costituzionale con pochi voti di scarto, creando spaccature insanabili. Anche il sen. Crimi (M5S) ha sottoscritto l'emendamento che svela le menzogne del Governo: il premier aveva annunciato l'abolizione del Senato, lo ha invece declassato a un dopolavoro dei consiglieri regionali, che potrà comunque bloccare per 60 giorni l'approvazione delle leggi.
Sull'emendamento 1.1556, che prevedevadue Camere elette a suffragio universale diretto,si è svoltoun articolato dibattito. Il sen. Minzolini (FI-PdL), firmatario dell'emendamento, ha sfidato il Governo a fare un'operazione di verità: abolire il Senato, anziché trasformarlo in un organo costoso e nocivo. A favore dell'emendamento hanno svolto dichiarazione di voto i sen. Michela Montevecchi (M5S), la quale ha ricordato i nodi della riforma rimasti irrisolti in Commissione, e De Cristofaro (Misto-SEL), secondo il quale una pericolosa operazione propagandistica e demagogica scarica sulle istituzioni le debolezze della politica e usa la riforma del Senato come arma di distrazione di massa rispetto alle difficoltà economico sociali del Paese. A favore dell'emendamento è intervenuto anche il sen D'Anna (GAL), denunciando il conformismo dei mezzi di informazione che, rispetto alla revisione costituzionale, avallano il falso stereotipo della contrapposizione tra conservatori e riformatori. Ha poi criticato la sudditanza della destra liberale a una legge liberticida che consegnerà alla maggioranza di governo renziana una concentrazione di potere senza precedenti.
Il sen. Maran (SC) ha annunciato voto contrario a un emendamento ispirato alla nostalgia per il passato. La legge elettorale andrà fatta bene, e su questo c'è un'apertura del premier, ma l'elezione diretta della seconda Camera non è una regola generale delle democrazie occidentali. La contrapposizione in gioco non è tra democrazia e autoritarismo, ma tra una concezione assembleare e una concezione governante della democrazia. Contro l'emendamento ha svolto dichiarazione di voto la sen. Bianconi (NCD). Il sen. Palermo (Aut-PSI) nell'annunciare voto contrario all'emendamento ha auspicato un Senato che sia più Camera regionale e meno Camera politica. Contraria anche la sen. Lo Moro (PD), la quale ha accusato l'opposizione di votare emendamenti contraddittori e di spostare l'attenzione dai contenuti della riforma costituzionale alla legge elettorale; ha ricordato infine che il Senato dei consiglieri regionali è nel programma del Partito Democratico.
In dissenso dal Gruppo, il sen. Mineo (PD) ha ricordato che non appartiene alla tradizione democratica italiana l'imposizione di una procedura di revisione costituzionale incoerente, che non prevede adeguati contrappesi e i cui contenuti sono stati decisi da due segretari di partito in una sede extraparlamentare. La stampa annuncia oggi che l'Italicum sarà modificato al Senato: magari, a seguito di altri patti, il ddl costituzionale sarà modificato alla Camera. In dissenso dal Gruppo, il sen. Tocci (PD) ha invitato il sen. Maran a non crearsi avversari di comodo: il conflitto non è tra conservatori e innovatori, ma tra proposte diverse per rispondere alla crisi di legittimità della politica. Il combinato disposto del Senato non elettivo e di una legge elettorale ipermaggioritaria riduce gli spazi della rappresentanza e consegna alle segreterie dei partiti la composizione del Parlamento. Sarebbe utile discutere in Senato di riforma costituzionale e di legge elettorale: si potrebbero accantonare i primi due articoli del ddl, su funzioni ed elezione del Senato, e votarli dopo un serrato dibattito parlamentare sull'Italicum.
In dissenso dal Gruppo, il sen. Mauro (PI) ha sottolineato che l'elettività del Senato è coerente con le funzioni ad esso attribuite in materia legislativa e di revisione costituzionale. In dissenso dal Gruppo, anche la sen. Bonfrisco (FI-PdL) ha annunciato voto favorevole all'emendamento. In dissenso dal Gruppo, il sen. Azzollini (NCD) ha annunciato voto favorevole all'emendamento, sollevando il dubbio che un Parlamento eletto con una legge elettorale dichiarata illegittima dalla Corte, in quanto restrittiva della rappresentanza, possa votare una riforma che abolisce l'elezione diretta del Senato. Il Governo non ha spiegato perché rifiuta un Senato elettivo con funzioni differenziate rispetto alla Camera.
Il sen. Bocchino (Misto) ha richiamato l'attenzione della Presidenza sulla proposta del sen. Tocci (PD), che prefigura la possibilità di accettare un Senato non elettivo a fronte di contrappesi in materia elettorale. La relatrice, sen. Finocchiaro (PD), e il Ministro per le riforme Boschi hanno espresso parere contrario sulla proposta di accantonare i primi due articoli.
Respinto anche l'emendamento 1.1606, sull'elezione diretta del Senato. A favore dell'emendamento si è pronunciato il sen. Corsini (PD), il quale ha ricordato che, nell'ambito di una differenziazione delle due Camere, l'elezione diretta del Senato discende dalle funzioni ad esso attribuite di revisione costituzionale e di ratifica dei trattati internazionali. Un Senato di seconda nomina conferisce un ruolo esorbitante alle segreterie dei partiti. Contro l'emendamento è intervenuto, a nome del Gruppo, il sen. Pagliari (PD) il quale, pur condividendo l'opportunità di rivedere la legge elettorale e di riconsiderare le soglie per l'elezione del Presidente della Repubblica, ha rivendicato la piena legittimità del modello parlamentare elaborato dalla Commissione e ha evidenziato la natura politica, non costituzionale, del legame tra il modo di elezione del Senato e la legge elettorale. Favorevole all'emendamento il sen. D'Anna (GAL) il quale ha ricordato che la revisione costituzionale e la legge elettorale sono nate fuori del Parlamento, con il patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi, e sono ispirate da una brama di potere insofferente a limiti, controlli e garanzie. Intervenendo a favore dell'emendamento, il sen. Endrizzi (M5S) ha ricordato che anche le opposizioni hanno un modello organico di superamento del bicameralismo perfetto, che prevede la differenziazione delle funzioni senza comprimere la rappresentanza. In replica alle osservazioni del sen. Pagliari, il sen. Buemi (Aut-PSI) ha posto l'accento sull'incoerenza del testo licenziato dalla Commissione: mentre organi di natura amministrativa sono eletti direttamente, un Senato con funzioni legislative si forma con elezione di secondo grado.
Il sen. Caliendo (FI-PdL) ha precisato di essersi astenuto su alcuni emendamenti perché, da un punto di vista logico sistematico, si dovrebbe discutere prima delle funzioni del Senato e poi della composizione, come è stato fatto in Commissione.
L'emendamento 1.1926, a prima firma del sen. Azzollini (NCD), che attribuisce al Senato la verifica di attuazione della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, sul pareggio strutturale del bilancio, è stato spostato all'articolo 10 del ddl, che modifica l'articolo 70 della Costituzione sulla funzione legislativa.
I relatori, in sede di espressione del parere, avevano chiesto il ritiro dell'emendamento. Secondo il sen. Azzollini (NCD) il mancato inserimento della norma è in contrasto con l'idea che le pubbliche amministrazioni concorrono alla sostenibilità del debito pubblico. Secondo il sen. Tremonti (GAL) il Governo è contraddittorio: invoca la flessibilità in sede europea ma è contrario a emendamenti che vanno in questa direzione. Il sen. Monti (SC), considerata la delicatezza della materia della disciplina del bilancio, ha proposto di accantonare l'emendamento. La relatrice Finocchiaro (PD) si è opposta all'accantonamento. Secondo il sen. Sacconi (NCD) la mancata partecipazione del Senato alla verifica del pareggio di bilancio è legata alla sua elezione di secondo grado. Il sen. Santini (PD) ha preannunciato voto contrario all'emendamento: la competenza in materia di bilancio sarebbe in contrasto con l'esclusione del Senato dal circuito fiduciario. Anche secondo il sen. Bruno (FI-PdL), se la materia di bilancio è di esclusiva competenza della Camera, l'emendamento va respinto. La sen. Lezzi (M5S) ha rilevato che un Senato composto di consiglieri regionali non avrà la possibilità di verificare il rispetto del pareggio di bilancio. Il sen. Azzollini (NCD) ha dichiarato la disponibilità a ritirare l'emendamento se interverrà una riformulazione dei relatori all'articolo 70. La relatrice, sen. Finocchiaro (PD), si è dichiarata disponibile - in sede di esame dell'articolo 10 del ddl - a prevedere un parere rafforzato del Senato anche sulla legge di stabilità e sulle leggi ordinamentali in materia di bilancio. Secondo il sen. Uras (Misto-SEL) l'emendamento dimostra che ci sono questioni rimaste irrisolte che meritano approfondimento.
E' stato respinto l'emendamento 1.1950, a prima firma della sen. De Petris (Misto-SEL), in base al quale il Senato rappresenta la Nazione oltre che le istituzioni territoriali.
La sen. Petraglia (Misto-SEL) ha illustrato la proposta di discutere domani in Aula della situazione di Gaza. Il sen. Tonini (PD) si è dichiarato contrario ad una modifica del calendario dell'Aula: la comunicazione del Ministro degli esteri Mogherini in Commissione, prevista domani sulla situazione mediorientale, comprende anche la situazione palestinese. La proposta è stata invece condivisa dai sen. Petrocelli (M5S) e Stucchi (LN): il rilievo della questione merita la discussione in Aula.
La proposta di modifica del calendario dell'Aula è stata respinta.
In chiusura di seduta il sen. Crimi (M5S) ha chiesto alla Presidenza di non computare gli interventi per richiamo al Regolamento nei tempi di discussione del ddl.